Roma (NEV), 28 febbraio 2020 – L’Amicizia ebraico-cristiana nasce a Firenze nel 1951 per volontà di Arrigo Levasti, Giorgio La Pira, Ines Zilli, Giorgio Spini, Giacomo Devoto, Angelo Orvieto e Aldo Neppi Modona. Nel 1988 a Camaldoli viene fondata la “Federazione delle amicizie ebraico-cristiane in Italia” (FEDERAEC), che fa anche parte dell’“International Council of Christians and Jews” (ICCJ). La FEDERAEC, che riunisce diversi gruppi di Amicizia, fra cui quelli dell’Alto Garda, di Napoli, Roma, Ravenna, Torino, Camaldoli e Livorno, ha come obiettivo quello di favorire e sviluppare la conoscenza, la comprensione, il rispetto e l’amicizia tra ebrei e cristiani in una prospettiva di apertura e di dialogo con le religioni, al fine di “creare una convivenza umana dalla quale sia esclusa per sempre ogni forma di incomprensione e di odio”, come si legge sul suo sito. Ha inoltre fra i suoi scopi quello di contrastare l’antisemitismo, il razzismo e l’intolleranza.
All’indomani della Settimana della libertà 2020 promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), l’Agenzia NEV ha intervistato Francesco Mosca, pastore avventista delle chiese di Torino e Torre Pellice, vice-presidente della FEDERAEC.
Come nasce la sua esperienza all’interno della Federazione delle amicizie ebraico-cristiane in Italia?
Questa esperienza nasce durante il mio ministero pastorale a Torino, a partire dal 2006. Anche prima, il mio predecessore, pastore Giampiero Vassallo, partecipava alle iniziative e mi ha passato il testimone. Ho fatto parte del gruppo dell’Amicizia di Torino, che era impegnato da più di trent’anni, diventandone presidente per cinque anni. Ora sono vicepresidente della Federazione, che riunisce diverse “Amicizie ebraico-cristiane” in divere città italiane. Ogni sede è autonoma. La Federazione è un organismo di collegamento fra le varie “Amicizie”, che ci piacerebbe poter ampliare anche in altre città.
L’Antisemitismo è stato il tema scelto dalla FCEI in occasione della Settimana della libertà 2020.
Ci siamo ricollegati volentieri al tema di questa Settimana. Come avventisti a Torino abbiamo promosso due momenti di riflessione. Un primo momento durante un sermone nella nostra comunità e, il sabato successivo, con il coinvolgimento della presidente dell’Amicizia ebraico cristiana di Torino, dottoressa Maria Ludovica Chiambretto, nell’ambito di una delle iniziative dedicate a Jules Isaac, pioniere dell’Amicizia, alle sue opere riguardanti lo studio dell’antiebraismo cristiano e del tema del sospetto, alla conoscenza delle radici storiche dell’antisemitismo e delle relazioni fra cristiani ed ebrei.
In occasione del “Sinodo dei giornalisti” che si aprirà domani a Roma, con tema “Parole non pietre”, è prevista l’inaugurazione a Largo Portico d’Ottavia di una Panchina della Memoria, dedicata a giornalisti e tipografi ebrei romani vittime della deportazione. Cosa pensa del rapporto fra giornalismo e storia?
La comunicazione è fondamentale. Bisogna tenere viva la memoria e portare a conoscenza dell’opinione pubblica e degli stessi giornalisti le iniziative e gli approfondimenti che riguardano questi temi. Noi cerchiamo di dare un contributo con conferenze, manifestazioni e con la divulgazione. Come pietre di inciampo, che fanno scalpore quando sono divelte, ma che dobbiamo conservare nei ricordi collettivi e personali. La stampa può aiutare molto e noi stessi siamo impegnati a prendere parola per coinvolgere la coscienza delle persone, per dare voce alla memoria.
Nel 2019 avete festeggiato i 40 anni dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli. Quali sono gli appuntamenti salienti in corso e per il futuro?
È determinante, per l’Amicizia ebraico-cristiana, continuare a lavorare in chiave interreligiosa. I colloqui di Camaldoli sono il punto di incontro del lavoro delle Amicizie, durante il quale c’è sempre un momento di assemblea in cui quasi tutti i gruppi convergono. A Firenze alcuni giorni fa ci siamo incontrati con don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della Conferenza episcopale italiana (CEI), insieme a molti altri fratelli cattolici, evangelici ed ebrei per organizzare il prossimo colloquio, previsto a dicembre. Nel frattempo continuano i corsi di ebraico e altre iniziative regolari, dalla Giornata della conoscenza dell’ebraismo alle presentazioni della Bibbia dell’amicizia, alle conferenze del ciclo storico e altri progetti locali. A Torino è molto coinvolto anche il Rabbino capo Ariel Di Porto. In questi percorsi di dialogo ricordiamo anche che le nostre radici e le Scritture si fondano sull’ebraismo.