Roma (NEV), 28 febbraio 2020 – “Sono colleghi che hanno pagato con la vita il loro impegno contro le mafie. Sono cronisti che hanno anche pagato con la vita la loro idea di società aperta, e mi riferisco, qui, in particolare, ad Antonio Megalizzi, giornalista italiano ucciso da un attentato terroristico a Strasburgo, poco meno di due anni fa”, dice Raffaele Lorusso, segretario nazionale della Federazione Nazionale Della Stampa – Fnsi – aprendo i lavori della sessione pomeridiana di Parole non pietre. “Nei loro confronti, ma non soltanto, è stato riconosciuto dai giudici il diritto della Fnsi di rappresentare gli interessi di tutti coloro che fanno informazione indipendentemente se lo facciano con il tesserino in mano o meno”, ha continuato Lorusso.
“Ospitiamo oggi le famiglie di Giancarlo Siani, Giuseppe Fava, Stefano Cucchi, e tante altre che hanno saputo trasformare il loro dolore in solidarietà, in gesti concreti per gli altri”, gli ha fatto eco Giuseppe Giulietti, “anima” e fondatore dell’associazione Articolo 21 per la libertà di stampa. Il quale ha poi ribadito il senso della tre giorni di Parole non pietre, ovvero: “quello di intraprendere un viaggio, nuotando e andando controcorrente. Un cammino che riguarda i giornalisti, ma che riguarda tutti, dato che siamo sempre di più tutti comunicatori”. Ha insistito Giulietti: “Da questo momento nessuno può fare finta di niente di fronte alla violenza delle parole. È necessario usare le penne come ponti e non armi. In questo contesto politico-mediatico che è sempre più grave, abbiamo voluto portare con noi gli esempi di chi ha trasformato il dolore in cambiamento. Non semplicemente per commemorare le vittime”. Per parlare dell’impegno dei loro famigliari, evidentemente. Alcuni dei quali sono stati intervistati nel corso del pomeriggio dai giornalisti Paolo Borrometi e Tiziana Ferrario. Tra di loro Federica, sorella di Antonio Megalizzi, che ha riferito delle attività portate avanti dalla fondazione dedicata al giornalista, nata per “onorare il suo lavoro e la sua passione, che era quella di comunicare via radio, sui social network, di persona, con la continua consapevolezza che a domande difficili non si possono dare risposte semplici, sull’esempio di Antonio, dunque, cercando di trasformare la società”.
“Qui non si deve parlare solo delle ferite singole. Occorre difendere i diritti degli altri anche se sembrano non riguardarci. La stampa, una parte, certa stampa, si, ci ha fatto anche piangere”, ha detto Ilaria Cucchi, ospite insieme all’avvocato Fabio Anselmo, rispondendo a una domanda di Tiziana Ferrario. E che poi ha raccontato delle attività dell’associazione dedicata al fratello Stefano, morto il 22 ottobre di undici anni fa mentre si trovava in custodia di uomini dello Stato.
“Il nostro è un dolore genetico, che si tramanda attraverso le generazioni, forse incurabile, ma parzialmente sanabile attraverso l’impegno”, ha lasciato intendere Paolo Siani, medico, deputato e fratello di Giancarlo, ucciso dalla camorra nel 1984, ricordando le attività della fondazione attualmente presieduta dal figlio, “delle iniziative rivolte alle scuole, di radio Siani, degli interventi con i medici per le strade di Afragola, dei progetti con l’università di Napoli”, ha spiegato Siani, invitando a “raccontare, illuminare i posti e gli uomini che rendono migliore questo Paese”. Ma anche a riempire di luce le zone d’ombra, come quelle che ancora oggi avvolgono il destino di Graziella De Palo e Italo Toni, giornalisti italiani scomparsi a Beirut il 2 settembre del 1980 e i cui corpi non sono mai stati più ritrovati.