Nataly Plavan, diacona, valdese.
8 marzo: cosa rappresenta per lei? Lo festeggia? Se sì come? Se no perché?
Non mi è mai capitato di festeggiarlo in modo particolare però tengo molto al significato originale di questa data: si trattò, allora, di lottare per i propri diritti sapendo che poteva costare loro la vita, oggi si lotta ancora per i propri diritti ma anche perché il costo di tale acquisizione non sia più la vita stessa.
La donna che ammira di più.
Floreana Fabres è la protagonista di un romanzo di Marcela Serrano. Ha lottato contro le sue paure e insicurezze, ha riscoperto la gioia della relazione con le persone. Ha scoperto di non essere sola nella sua battaglia contro la tristezza. E alla fine ha accettato la sfida di sentirsi di nuovo viva. Ammiro lei e la donna che ha saputo immaginarla e raccontarla.
La suffragetta statunitense Elizabeth Cady Stanton, alla fine del secolo XIX, con altre attiviste scrisse The Woman’s Bible (La Bibbia della donna). Qual è il ruolo della donna, nella sua religione e comunità, dal suo punto di vista, non solo teologico quanto soprattutto per quella che è la sua esperienza personale?
È lo stesso ruolo che spetta agli uomini. Affiancati le une agli altri per lavorare al servizio di Dio che ci vede come eguali eppure distinti. La specificità del ruolo appartiene alla personalità, ai talenti, ai contesti, per dirne alcuni. Ogni volta che ho lavorato alla pari ho dato il meglio di me. Ogni volta che sono stata sminuita mi è stato impedito di dare il meglio di me.
Si è mai sentita discriminata o sminuita in quanto donna?
Si. In particolare sminuita. È una sensazione che mi ha fatta sentire imprigionata. Non è facile uscire da quella prigione perché alcune delle sbarre le ho tirate su io stessa. Bisogna cominciare con il segare quelle sbarre per prime per poter liberarsi.
“Donne che stanno “un passo indietro”, aborto come frutto di “stili di vita incivili”: sono solo due degli ultimi episodi di sessismo che, al di là delle responsabilità di chi lo esplicita, esiste e permane nel racconto collettivo della società, sui media, nella narrazione dell’attualità. Che cosa ne pensa?
Il grande vuoto sta nella riflessione sul maschile. Finché gli uomini non si approprieranno di un nuovo pensiero sul cambiamento del loro ruolo avranno sempre difficoltà a comprendere le motivazioni che hanno portato le donne a stare un passo avanti. E quindi cercheranno sempre di farle arretrare. Ma i tempi sono fortunatamente cambiati e le donne hanno più coraggio nell’affermarsi. Ora bisogna cercare di darsi la mano per camminare allo stesso passo.
Un provvedimento, politico, legislativo, o culturale, che assumerebbe per migliorare la condizione femminile in Italia o nel mondo, o a livello locale.
Leggi chiare e paritarie. Sostegno sociale, sanitario e culturale. Per uomini e donne. Il linguaggio inclusivo deve diventare abituale e non una rivendicazione.
Nel 2018 il movimento del #MeToo è stato nominato “persona dell’anno” dal Time. Nello stesso anno, si stima che 379 milioni di donne abbiano subito violenze fisiche e/o sessuali. Che ne pensa?
Che il nome del movimento ha ragione d’essere. C’è ancora molta strada da fare e tanta è ancora disseminata di pericoli e sofferenze. Ma camminare insieme serve: MeToo significa questo anche io, insieme a te.
Un messaggio per gli uomini. E uno per le donne.
Agli uomini chiedo di ascoltare le donne ma anche se stessi. A cercare le motivazioni profonde che danno il senso alla vita, a dotarsi degli strumenti e degli aiuti necessari per farlo. Cambiare non è semplice ma si può fare.
Alle donne chiedo di resistere. Lo so, è un po’ triste, ma non bisogna arrendersi. Insieme, tra donne e con gli uomini, si può costruire una società migliore, una umanità migliore.