Brasile. Un paese diviso tra il coronavirus e Bolsonaro

Intervista all’antropologo Flavio Conrado, segretario esecutivo dell’Aliança de Batistas do Brasil

Fonte Wikipedia

Roma (NEV), 26 marzo 2020 – Con oltre 200 milioni di abitanti, di cui 52 milioni di persone in povertà e 13,5 milioni in condizioni di estrema povertà, il Brasile rischia di essere una bomba ad orologeria.

Ma presidente brasiliano Jair Bolsonaro sembra non preoccuparsene. Ieri sera è apparso in tv, a reti unificate, e ha definito il coronavirus una banale influenza attaccando la stampa, accusata di diffondere il panico, e smentendo il suo stesso Ministero della salute.

Già da quando è apparsa l’epidemia il paese è praticamente diviso tra le spinte negazioniste del presidente e gli stati federali che ritengono che sia necessario implementare misure di contenimento.

L’Agenzia stampa NEV ha sentito l’antropologo Flavio Conrado, segretario esecutivo dell’Aliança de Batistas do Brasil.

“Siamo preoccupati per la posizione del presidente che non sembra in grado di governare il paese con autorevolezza. I casi di contagio crescono e ci si rende conto ogni giorno di più di quanto sia importante la misura del distanziamento sociale ma da una parte Bolsonaro tratta la pandemia come un’isteria, un’invenzione della sinistra, dei cinesi, dei comunisti, creata per favorire l’economia cinese, e lancia un messaggio sbagliato alla popolazione; dall’altra molti governatori degli stati federali stanno cercando di far sì che i cittadini stiano a casa. E in più c’è la realtà del Brasile: un paese enorme e con una grandissima diversità sociale, culturale, economica”.

Conrado ha espresso grande preoccupazione per la crescita esponenziale dei contagi nel paese e la realtà delle persone che vivono nelle periferie e nelle favelas: “un grande numero di persone nel nostro paese non ha accesso ai servizi di base; non hanno l’acqua corrente, non hanno accesso a prodotti di igiene personale e sanitari. Svolgono lavori informali, dipendono da programmi statali per l’alimentazione. In questi giorni in Parlamento è in corso un dibattito sulle misure da implementare per sostenere chi vive in questa realtà ma ciò che si sta proponendo non è sufficiente, sono somme molto basse che non riusciranno a soddisfare le tante necessità”.

Malgrado la situazione sanitaria il paese continua ad essere attraversato da manifestazioni e proteste: “la percezione che abbiamo tutti noi che lavoriamo nel campo sociale è che le autorità non abbiano compreso la gravità della situazione. Si stanno varando misure che pregiudicano i lavoratori e la gente più povera. C’è molta precarietà, i piccoli commercianti e artigiani che lavoravano autonomamente hanno perso completamente la loro fonte di ingresso. Siamo a un punto di rottura che si riflette anche nei sondaggi di gradimento sulla risposta del governo alla crisi sanitaria e nelle manifestazioni, anche dai balconi, che sono organizzate dalla classe media, mentre nelle favelas ci si autorganizza”.

Anche le chiese sono state fino ad ora divise sull’atteggiamento da attuare, cooptate in alcuni casi dalla retorica di Bolsonaro: “i cattolici e le chiese protestanti storiche hanno dato indicazione ai propri parroci e pastori di cancellare messe e culti e tutte le attività che prevedessero una concentrazione di persone – prosegue Conrado -. Le chiese protestanti si stanno organizzando con riflessioni, studi biblici e meditazioni online. Ma alcune chiese pentecostali stanno invece facendo resistenza, specialmente chiese grandi che possiedono anche televisioni e che celebrano culti e riunioni tutti i giorni. La loro resistenza nasce dal fatto che senza le grandi riunioni queste chiese raccolgono meno fondi e dal fatto che una parte dei fedeli sono seguaci molto radicali di Bolsonaro e seguono le sue indicazioni. Mi sembra che negli ultimi giorni, con l’incremento dei contagi, si stiano ricredendo”.

“Le chiese – continua Conrado – stanno mettendo in essere alcune iniziative di appoggio alla popolazione più fragile che però non vanno oltre le forniture di alimenti e prodotto di igiene. Credo che siamo ad un livello di mobilitazione ancora molto basso, in una fase in cui ci si sta ancora organizzando. Si organizzano momenti di preghiera collettiva ma siamo molti spaventati dall’impatto che questa epidemia potrebbe avere su un paese così fragile” ha concluso.