Lampedusa, 8 aprile 2020 – Situazione difficile a Lampedusa dove, nelle ultime ore, sono stati registrati tre sbarchi, per un totale di circa 150 persone.
Soltanto quelli del primo arrivo, 34 tra donne e uomini, sono stati accolti nell’hotspot e messi subito in quarantena. Le persone arrivate poco dopo sono rimaste bloccate sulla banchina del porto, obbligate a passare la notte fuori. Come già era accaduto a metà marzo, la presenza di un numero di migranti già in quarantena all’interno dell’hotspot, limita l’accesso a chi arriva successivamente.
Nel frattempo, nella giornata di oggi, un gruppo abbastanza consistente di cittadini ha avviato manifestazioni di protesta contro l’arrivo dei migranti, in contrasto con le direttive di distanziamento sociale in materia sanitaria, creando un forte clima di tensione.
La denuncia arriva da Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della FCEI, che è presente sull’isola, anche in queste settimane di pandemia.
“La nostra prima preoccupazione – dichiara l’operatrice di MH Claudia Vitali, che, insieme ad altri due operatori volontari, continua a garantire la presenza di Mediterranean Hope sull’isola in questo periodo di emergenza – è la tutela della salute di tutti e tutte: degli isolani e dei migranti. Per questo ribadiamo che oggi l’isola non è in grado di accogliere persone per un tempo prolungato e nel massimo rispetto dei protocolli sanitari previsti dall’emergenza Covid-19. Dunque coloro che arrivano devono essere immediatamente trasferiti in luoghi adibiti alla quarantena e al distanziamento sociale per la tutela della salute di tutti.
Giudichiamo irresponsabile e inaccettabile che individui e forze politiche continuino a strumentalizzare la situazione di crisi a scapito dei diritti degli stessi cittadini e delle persone migranti.”
E proprio contro ogni strumentalizzazione della crisi, rispetto alla sostanziale chiusura dei porti decisa oggi dalle istituzioni italiane, Mediterranean Hope – programma Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia aderisce all’appello lanciato proprio in queste ore dal Tavolo Asilo, di cui la FCEI fa parte, per il quale questa scelta: “appare inopportuna e non giustificabile in quanto con un atto amministrativo, di natura secondaria, viene sospeso il diritto internazionale, di grado superiore, sfuggendo così ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita”.