Roma (NEV), 17 aprile 2020 – L’Associazione Mondiale per la Comunicazione cristiana (WACC) sta raccogliendo fondi per aiutare a sostenere i media delle comunità di base che stanno fornendo informazioni sul coronavirus alle stesse comunità che spesso non possono accedere ai media tradizionali.
“La pandemia ci ha ricordato quanto sia fondamentale l’accesso a informazioni accurate e a piattaforme di comunicazione affidabili”, ha detto Lorenzo Vargas, responsabile del programma per il Cambiamento Sociale della WACC. “Molte di queste comunità non sono raggiunte dalle informazioni fornite dai governi e dai principali media commerciali o pubblici”.
In Ecuador, ad esempio, la Confederazione delle nazionalità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana (CONFENIAE ) sta facendo arrivare informazioni cruciali su COVID-19 alle comunità indigene locali. Quando il governo ecuadoriano ha decretato lo stato di emergenza, il 15 marzo, e ha iniziato a diramare informazioni principalmente in spagnolo, la CONFENIAE ha iniziato a tradurre immediatamente tali informazioni nelle lingue di varie culture amazzoniche.
Il gruppo ha anche tradotto le informazioni ufficiali sul COVID-19 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
In Nepal invece, la Indigenous Community Radio Network of Nepal ha detto di essere stata sollecitata ad agire perché non sono state prodotte informazioni specificamente rivolte alle popolazioni indigene. La Indigenous Community Radio Network, in collaborazione con la Televisione Indigena, ha prodotto quindi annunci su COVID-19 in 15 diverse lingue indigene. Questi sono stati consegnati non solo a 21 stazioni radio indigene, ma anche a 350 stazioni radio comunitarie in tutto il Nepal.
Anche i rifugiati siriani sono estremamente vulnerabili a COVID-19, e una stazione radio comunitaria ad Amman, in Giordania, sta facendo in modo che la loro situazione non venga dimenticata. Radio Al Balad, gestita dalla Community Media Network, ha utilizzato le sue onde radio per richiamare l’attenzione sull’impatto di COVID-19 sui rifugiati.
“I rifugiati siriani sono in gran parte rinchiusi nei campi e in altre località”, ha detto il portavoce della Community Media Network Daoud Kuttab. “Finora non sono state fatte segnalazioni di alcun rifugiato siriano che abbia contratto il coronavirus. Tuttavia, non è chiaro se il motivo sia la mancanza di contatti o la mancanza di test”.
Si teme che se il contagio arrivasse nei campi profughi potrebbe facilmente diffondersi, dato che migliaia di persone vivono in promiscuità. Secondo l’UNHCR, i campi sono dotati solo di strutture sanitarie e igienico-sanitarie di base. Kuttab ha aggiunto: “Se il virus si diffonde, ci sarà molta pressione sulle comunità mediche giordane”.
L’attuale rete dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana comprende 39 partner, molti dei quali sono collegati a centinaia di stazioni radio indigene e comunitarie che lavorano nelle lingue locali. La rete comprende anche oltre 40 gruppi attivi della società civile e della fede che lavorano con popolazioni emarginate, tra cui migranti e rifugiati, che sono sempre più vulnerabili a causa delle restrizioni alla circolazione e all’assistenza, della discriminazione, della povertà e delle barriere linguistiche.
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