Coronavirus e raccolta delle offerte. Donare come “atto dissacratorio”

Un albero di senape, foto pxhere.com

Roma (NEV), 6 maggio 2020 – I templi sono ancora chiusi, ma il lavoro delle chiese continua. Culti social e via zoom, cura d’anime al telefono, attività sociali e umanitarie no stop. In effetti, lo dice la Bibbia in Matteo 10 al versetto 8: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

In molti modi le persone credenti stanno continuando a contribuire con collette e offerte alle chiese: tramite bonifico online, mettendo da parte qualche moneta o qualche banconota in un barattolo o in una busta, in attesa di recapitarlo alla prima occasione, ma anche segnando su un foglio la propria intenzione di dono per poi onorarla a fine lockdown.

Durante il culto su YouTube dello scorso 3 maggio, il pastore Massimo Aprile, della chiesa battista di Milano di via Pinamonte da Vimercate, ha spiegato come “Il Salmista offre la motivazione per la nostra raccolta delle offerte. Essere come alberi piantati vicino a ruscelli che danno frutti nella propria stagione e il cui fogliame non appassisce”.

E inoltre: “Nelle nostre chiese evangeliche, la raccolta delle offerte sta dentro la liturgia, cioè è parte costitutiva del nostro culto. Per me questo gesto ha un duplice movimento, un duplice valore.

Innanzi tutto è un atto dissacratorio, avete capito bene, dissacratorio.

Il denaro, infatti, nella nostra società tende a diventare qualcosa di sacro e sovente, nella vita di molti, da mezzo si trasforma in fine e diventa il vero, se non l’unico motore, generatore di valori e dei disvalori del nostro tempo.

Insomma il danaro tende sempre a trasformarsi in Mammona, in un idolo – dice il pastore –.  C’è una via maestra con la quale ci si può sottrare a questo culto idolatrico. Ed è il dono. Quando noi doniamo, con la colletta o in altre forme, Mammona cade giù dal suo piedistallo.

C’è un secondo movimento, che è quello di consacrazione al Signore. L’offerta è un gesto simbolico con il quale io desidero dire al Signore che non solo Egli è il signore del mio tempo, delle mie risorse spirituali e intellettuali, ma anche delle mie risorse materiali. E in questo c’è un pizzico di fierezza, la fierezza di una chiesa che dipende dalla liberalità dei fratelli e delle sorelle e non da altre forme di finanziamento – conclude Massimo Aprile –. Dunque in questo gesto c’è la gioia dell’appartenenza a una chiesa libera, che vorrebbe essere serva solo della Parola che annuncia”.

Nel suo intervento, il pastore battista riflette anche su un vantaggio della colletta ai tempi del coronavirus, e cioè sulla facilità di donare, anche online o mettendo da parte una piccola somma, proprio quella che si desidera, preparandosi prima, e magari offrendo anche un proprio pensiero, una lettera, una preghiera. “Presso le tue acque, Signore, desidero che l’albero della mia vita dimori per tutti i giorni” ha scritto Aprile.