“Le comunità di fede sono l’antidoto contro il fondamentalismo”

La conferenza online organizzata dalla rivista Confronti ha messo al centro il rapporto tra le religioni e fondamentalismo

Copertina del magazine The New Yorker

Roma (NEV), 21 maggio 2020 – “Che cosa è il fondamentalismo? Esiste un fondamentalismo cattolico? E quanto pesa l’uso improprio delle parole nella lettura di questo fenomeno? Qual è la relazione tra il fondamentalismo e i sovranismi? E come si fa per disinnescare queste manifestazioni? Come si declina il ruolo della politica nei contesti segnati dal fondamentalismo? E cosa sta succedendo in Europa?”.

Queste le domande poste ieri durante la conferenza online “Religioni e fondamentalismi”, organizzata dalla rivista Confronti agli ospiti Emanuela Del Re, vice ministra Affari Esteri e Cooperazione, Gad Lerner giornalista, Alberto Melloni, Fondazione Per Le Scienze Religiose Giovanni XXIII, Paolo Naso, Centro Studi Confronti, accompagnati dal direttore di Confronti Claudio Paravati e da Francesca Cededdudi FSCIRE.

La vice ministra Del Re ha sottolineato la complessità del fenomeno dal punto di vista politico e ha descritto i due atteggiamenti estremi che spesso finiscono per relazionarsi con questo fenomeno soprattutto nei contesti legati alla cooperazione internazionale: da una parte il rifiuto di lavorare in situazioni segnate da questo fenomeno e dall’altra una sorta di relativismo culturale che accetta di rinunciare ai propri principi. “Non si può fare cooperazione rinunciando ai propri modelli – detto Del Re -, questo è stato spesso l’errore dell’Europa. La soluzione è bilanciare queste due posizioni mantenendosi in un’ottica di dialogo con tutte le componenti. In questo meccanismo è centrale il ruolo della società civile che spesso rimane esclusa dalle politiche istituzionali. È invece importante dare maggiore riconoscimento a queste iniziativee far convergere azioni concrete e politiche sui territori per riuscire a superare le differenze e a lenire gli antagonismi”, ha detto.

Facendo un bilancio dell’incremento della discriminazione religiosa in Italia e in Europa, e segnatamente dell’islamofobia e dell’antisemitismo, Gad Lerner sottolineato come ci sia stato un passaggio culturale che ha voluto inculcare l’idea che quello fondamentalista sia l’Islam autentico: “è interessante è verificare come oggi l’islamofobia si sposi con la sindrome di allarme da invasione mentre l’antisemitismo che si sta riproponendo in Europa ha come matrice il tema della grande sostituzione etnica e dell’attribuzione a figure cosmopolite, penso a Soros, del ruolo di burattinai anche dei flussi migratori” ha detto. “Non bisogna ghettizzare i fondamentalismi, – ha aggiunto Lerner -. La separazione è un guaio. E dobbiamo stare attenti a non assumerne il linguaggio perché questo è qualcosa che rimane anche quando i fondamentalismi arretrano, lasciando la cicatrice di un linguaggio pseudo sacro”.

Alberto Melloni ha descritto il fondamentalismo come una patologia severa della fede, che attecchisce in molti modi e luoghi e non risparmia neanche l’ateismo quando si trasforma in una assolutizzazione idolatra che diventa unica ermeneutica della realtà: “qualcuno ha detto che il fondamentalismo è come la pornografia: eccitazione per il dettaglio e non piacere per l’insieme. Il problema è che a volte si impone come interpretazione più autentica del testo. Ma se si lascia il terreno al fondamentalismo come autenticità si prepara il terreno a una crescita di questo fenomeno: penso a quanto accaduto in America latina dove la campagna contro la teologia delle liberazione ha prosciugato tante esperienze di fede e ha preparato il terreno all’integralismo attuale. Credo, infatti, che uno dei meccanismi di disinnesto di questo fenomeno sia una vita religiosa più intensa, una profondità nel vivere l’esperienza di fede, la cura della formazione della coscienza e delle anime”.

“Dobbiamo costruire una grammatica dei fondamentalismi e riconoscere che questo germe, che è stato individuato perlopiù in alcuni contesti culturali, ha attecchito anche in altre situazioni, penso a quello cristiano o buddista ad esempio – ha detto Paolo Naso –. Ed è importante conoscere anche la struttura interna di questi fenomeni che spesso sono più plurali di quanto potremmo immaginare. Il problema grave che stiamo vivendo è quello di un’escalation dalla dimensione individuale a quella politica. Nei contesti in cui ciò avviene si pongono problemi di tenuta democratica”. Naso ha insistito anche sul ruolo che tre attori – il mondo scientifico, il sistema politico e la comunicazione – possono svolgere nell’arginare queste derive: la politica ha un ruolo centrale nell’impedire che si attraversi la soglia dell’integralismo con un’azione economica, culturale e sociale. “Uno degli articolatori fondamentali in questo senso è proprio l’Unione europea ma è sotto gli occhi di tutti che il sogno europeista di popoli e stati, che convivono sulla base dei principi fondamentali, è defunto. Da queste ceneri nascono gli Orban – ha detto Naso, che ha aggiunto – il fondamentalismo esisterà sempre perché ogni religione ha una sua deviazione. Tuttavia se non si crea l’incrocio con la politica sarà una variabile minoritaria. Se la politica entra in crisi e si aggancia al fondamentalismo per trovare una guida è un disastro. Un antidoto a tutto ciò possono essere le stesse comunità di fede con le loro azioni comuni e concertate e con le buone pratiche di dialogo” ha concluso”.