Alle prime luci dell’alba di domenica 19 luglio 1620 quattro colpi di archibugio diedero il segnale. Le porte della cittadina di Tirano vennero sbarrate e le campane suonarono a martello. La popolazione si precipitò nelle strade, restando sorpresa da qualche centinaio di armati che massacrarono tutti i protestanti a colpi di archibugio, di spada o di bastone. Il cadavere del pastore riformato fu mutilato e schernito.
Completato il triste lavoro a Tirano, il piccolo esercito discese la valle, giungendo a Teglio quando la comunità riformata era riunita in chiesa per il culto. Presi a colpi di archibugio, i protestanti si chiusero nel tempio, finché il portone cedette. Alcuni, tra cui due bambini di sei anni, pensarono di mettersi in salvo sul campanile, al quale venne appiccato il fuoco.
A Sondrio, capoluogo della Valle, i protestanti riuscirono a organizzare una squadra di settanta armati che, nonostante la condizione di inferiorità, non venne attaccata dai ribelli, disposti evidentemente soltanto a massacrare, non a combattere. Gli evangelici inermi furono trucidati. Non bastando questi ultimi a placare il furore della soldataglia, il cimitero evangelico venne profanato e i cadaveri gettati nell’Adda.
A Berbenno, il cattolico Bartolomeo Porretto e altri presero posizione contro il massacro e furono uccisi assieme a tutti i protestanti del paese.
A Caspano, il sarto Andrea Paravicino riuscì a nascondersi e fu catturato alcuni giorni dopo. Invitato ad abiurare, rispose di essere “della fede Cattolica Romana antica, quale fu predicata dal Santo Paolo, che l’huomo è salvato per gratia mediante la fede, e non per le opere, acciò niuno si glori”. Gli venne chiesto se considerava il papa capo della chiesa, e rispose: “No, imperocché Christo solo è il Capo della Chiesa, secondo la promessa, io sarò con voi fin’ alla fine del mondo”. Salì sul rogo il 15 agosto.
Fomentata dall’odio di matrice controriformistica e finanziata dall’oro spagnolo, la strage di circa 700 protestanti della Valtellina costituì un’improvvisa spallata alla tollerante occupazione dei Grigioni. Le comunità evangeliche, che costituivano circa il 10% della popolazione (esclusa la zona di Bormio) e che avevano accolto personaggi di primo piano della Riforma italiana quali Ludovico Castelveltro, Pier Paolo Vergerio, Girolamo Zanchi e Scipione Lentolo, furono completamente sradicate. La successiva pace firmata a Milano nel 1639 imponeva il divieto di culto pubblico e privato di religione diversa dalla cattolica.
Di questa strage italiana, quasi del tutto dimenticata, restano la definizione dello storico cattolico Cesare Cantù “Il sacro macello della Valtellina” con cui è ricordata seppur da pochi, e i versetti biblici in italiano scolpiti sugli stipiti delle case anticamente appartenute ai protestanti, a mo’ di tenace e irriducibile testimonianza. Dice il Signore Gesù Cristo: “Vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno” (Luca 19,40).
(Emanuele Fiume, per l’agenzia stampa nev- notizie evangeliche, luglio 2020)