English version, open letter: Church apologizes to us. World peace can not be without ecclesiastical hierarchies apologizing to women
Français, lettre ouverte: Église donne-nous tes excuses. La paix dans le monde ne peut se passer des excuses aux femmes de la part de la hiérarchie ecclésiastique
Roma (NEV), 8 luglio 2020 – Continuano ad arrivare adesioni alla lettera aperta intitolata “Chiesa chiedici scusa”, che denuncia l’impianto patriarcale e androcentrico delle istituzioni religiose e della società. “Se la chiesa cattolica teme uno scisma al suo interno – per le manovre squallide ordite dal conservatorismo – dovrebbe pure interrogarsi dell’eventualità di uno scisma da parte delle donne” si legge nella premessa della lettera, che per sottotitolo recita: “La pace nel mondo non può fare a meno delle scuse alle donne da parte delle gerarchie ecclesiastiche”.
Nata per “sete di giustizia”, la lettera denuncia le azioni e le frasi ingiuriose che sono state riservate alle donne nei secoli, “’patrimonio’ sconfinato che designa un passato che pesa e che non passa; la cui memoria non va cancellata né ignorata voltando pagina. Crediamo che solo a partire dalla assunzione responsabile di queste affermazioni i rappresentanti del potere clericale maschile possano prendere coscienza di questa triste ‘archeologia’ che li ha plasmati”.
La lettera proviene da donne credenti e mette in luce che “Le relazioni tra donne e uomini dentro la Chiesa sono da molto tempo malate, perché intrise di stereotipi ingessanti a proposito delle donne: visioni svilenti, che ne deformano l’immagine negandole integrità. Da tali premesse il disvalore del femminile è logica conseguenza”. Le donne chiedono consapevolezza e conversione, in nome di un biblico “discepolato di uguali”.
Tra le persone che hanno aderito al documento si trovano suore, religiose, laiche, donne di movimenti ecumenici, uomini, e anche alcune donne protestanti, fra cui la pastora valdese Daniela Di Carlo, la pastora battista Gabriela Lio, Renate Zwick della Rete delle Donne Luterane e Claudia Angeletti, per l’Associazione Rosa Parks – centro culturale protestante. Tra le prime firmatarie, Paola Cavallari dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (OIVD), donne delle Comunità cristiane di Base italiane e del Segretariato attività ecumeniche (SAE), e Anne Soupa, biblista, presidente del Comité de la Jupe di Parigi, che recentemente ha presentato la sua candidatura alla carica di arcivescovo di Lione, ricevendo il sostegno di molte donne cattoliche e protestanti in diversi paesi europei. Tra le firme illustri, anche Antonietta Potente e Giancarla Codrignani.
Le donne chiedono una presa di distanza dalle “affermazioni ingiuriose di Padri della Chiesa, Apologeti cristiani o Santi”, riportandone alcuni esempi.
“Alcune violazioni gravi di cui il clero maschile si è macchiato (con la complicità a volte di donne consacrate) nei confronti del sesso femminile” vengono elencate nella lettera. Fra queste, l’esclusione dall’essere riconosciuta a immagine di Dio, i rapporti di dominio e sottomissione, lo sfruttamento del lavoro delle donne consacrate come lavoro schiavo senza riconoscimento economico e sociale, abusi spirituali, di coscienza e sessuali, la demonizzazione del corpo femminile e la costruzione dell’immagine della “donna tentatrice”, a legittimare la visione per cui sono le donne le responsabili degli atteggiamenti molesti/abusanti dei maschi, il controllo della sessualità e del corpo femminile, la tiepidità nei confronti del consumo della pornografia e della prostituzione.
Nella lettera si fa riferimento anche alla mancata riforma della liturgia e del linguaggio pastorale e catechetico, che attualmente non riconosce la soggettività delle donne; alle discutibili, quando non addirittura errate, traduzioni dei Testi Sacri, “intrise di pregiudizio patriarcale”; alla visione squilibrata del rapporto uomo/donna “attraverso l’esclusione delle donne non solo dai ministeri, ma anche da tutte le sedi decisionali all’interno della Chiesa”.
La lettera si conclude con un appello, affinché il riconoscimento di tali ingiurie sia “non una semplice dichiarazione di principio, ma si accompagni ad atti concreti” per la generazione, tutti insieme, di una nuova visione culturale, che metta fine al drammatico fenomeno delle violenze contro le donne e ai femminicidi. Fenomeno che è strettamente condizionato dai fenomeni sopra descritti.
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