Giornata mondiale umanitaria: mantenere la speranza, in tempi di crisi

Oggi si celebrano le persone che aiutano i più vulnerabili. I luterani mondiali lanciano un appello per supportare la salute mentale di chi opera sul campo

Il team della Federazione luterana mondiale nel nord dell'Iraq distribuisce aiuti alimentari alle famiglie vulnerabili nel distretto di Summel nel Governatorato di Dohuk. Per rispondere al covid-19 il governo ha emesso restrizioni ai movimenti e altre misure che hanno un impatto sul sostentamento di molte famiglie. Foto FLM Iraq

Roma (NEV), 19 agosto 2020 – Oggi ricorre la Giornata mondiale umanitaria, che si celebra per ricordare coloro che ogni giorno aiutano milioni di persone in tutto il mondo, con spirito di solidarietà, e anche chi ha perso la vita aiutando le persone più povere, emarginate e vulnerabili, come si legge su onuitalia. La Giornata è stata scelta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2009 in ricordo dell’anniversario del bombardamento della sede ONU a Baghdad nel 2003 in cui persero la vita 22 persone.

“Negli ultimi mesi abbiamo registrato casi di stress, ansia e burn-out tra il nostro personale” ha dichiarato Maria Immonen, direttrice dell’agenzia umanitaria della Federazione luterana mondiale (FLM), parlando degli effetti che la pandemia di coronavirus ha avuto sui quasi 9.000 operatori umanitari della FLM in alcune delle più grandi operazioni umanitarie del mondo.
La salute mentale degli operatori umanitari è stata messa a dura prova a causa del confinamento, delle limitazioni ai movimenti e dell’ulteriore pericolo rappresentato dal covid-19 in condizioni igieniche spesso già difficili che hanno reso il lavoro del personale umanitario ancora più critico. In alcuni paesi dove sono attivi progetti FLM, i media hanno promosso narrazioni secondo cui il personale umanitario è considerato fonte di contagio e gli operatori devono affrontare la sfiducia e l’ostilità delle comunità in cui lavorano.

La maggior parte dei dipendenti della Federazione luterana mondiale è costituita da personale nazionale e locale. Solo 50 degli oltre 9.000 operatori umanitari provengono da paesi diversi da quelli in cui lavorano. Tutti gli altri provengono dalla regione, dal paese, spesso anche dalla stessa comunità che beneficia dei servizi. Sebbene gli operatori umanitari internazionali avessero la possibilità di essere ricollocati, questa opzione non c’era per lo staff nazionale e per i rifugiati.

“Quasi tutti i nostri colleghi, compreso il personale internazionale, sono rimasti” ha detto Immonen. “In cinque sono tornati a casa, a causa di vulnerabilità mediche”. Questo impegno ha un grande costo personale: a causa della chiusura dei confini, molti colleghi non sono in grado di fruire delle necessarie pause richieste dal tipo di lavoro svolto dal personale umanitario in luoghi disagiati. “Alcuni sono stati sul campo per sei mesi o più” ha continuato Immonen. Sono inoltre scarse le possibilità di attivare il counseling e la supervisione per i partner locali e il personale, che rischiano fortemente stress, traumi e contagi”.

Immonen si è detta preoccupata per l’impatto a lungo termine della crisi sulla resilienza delle comunità e dei colleghi. Per i rifugiati, gli sfollati interni e le comunità vulnerabili, le loro vite erano già messe a dura prova per molte ragioni. Il virus ha già avuto un impatto enorme, ben oltre quello di minaccia diretta per la salute. Le comunità vulnerabili dovranno affrontare la perdita di mezzi di sussistenza e la crescente insicurezza alimentare per anni a venire: “Questa crisi sarà con noi per tre o quattro anni almeno”, ha affermato Immonen.

Sebbene non sia possibile recarsi in tutti i singoli paesi dove è attivo l’aiuto umanitario dei luterani mondiali, il personale della sede di Ginevra sta lavorando alacremente per supportare coloro che sono sul campo e dare tutto l’aiuto possibile. “Molte delle comunità con cui lavoriamo sono traumatizzate. Tutto il nostro personale è in frequente contatto con loro, molti fanno parte delle stesse comunità. Come possiamo mantenere la speranza in queste circostanze? “si chiede ancora la direttrice.

La fede, per molti colleghi, è stata un sostegno e una motivazione per andare avanti. “Vediamo che le persone radicate nella fede a volte trovano più facile affrontare le difficoltà della vita: perdita, trauma e morte. La fede fornisce prospettiva e parole per l’indicibile. Questo può aiutare le persone a condividere il dolore, a fornire conforto o cercare aiuto” ha proseguito Immonen. “La fede offre anche una prospettiva profonda di speranza di fronte alla disperazione, che ci aiuta ad andare avanti”.

La direttrice dell’agenzia umanitaria luterana ha invitato donatori e partner a sostenere la sicurezza e il benessere mentale degli operatori umanitari delle comunità: “Lavoriamo sul campo a livello locale, e questo è un nostro punto di forza – ha concluso –. In tempi difficili come questi, dobbiamo assicurarci di supportare tutti i nostri colleghi nel miglior modo possibile”.

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