Riconoscimento, rifugio e risorse: l’identità religiosa dei migranti

Il tema sarà al centro di un webinar formativo, oggi pomeriggio, con il coordinatore di Mediterranean Hope, docente di scienze politiche, Paolo Naso

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Roma (NEV), 10 settembre 2020 – Riconoscimento, rifugio e risorse: sono queste le “tre erre”,  i tre elementi cruciali, che la fede rappresenta per le persone migranti. Lo sostiene Paolo Naso, docente di scienze politiche all’Università La Sapienza di Roma, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che questo pomeriggio sarà relatore di un webinar formativo su “Identità religiosa degli immigrati nelle strutture di accoglienza ai tempi del Covid. Analisi e strumenti interpretativi”.

“Il seminario – spiega Paolo Naso – intende proporre agli operatori impegnati nei programmi di accoglienza dei migranti la centralità e l’importanza del ruolo delle comunità di fede nei percorsi di integrazione. In questi anni di accoglienza abbiamo imparato che il migrante che arriva in Europa, nella sua “valigia ideale” – anche se a volte viaggia purtroppo senza valigia – ed emotiva porta componenti importanti della sua identità religiosa. Questa può essere molto importante nel momento in cui lui o lei si inserisce in una società plurale e laica come quella italiana. D’altra parte può essere anche un ostacolo, nel senso che costruisce un “muro” di separazione e diffidenza nei confronti della società italiana. Occorre dunque lavorare su quest’aspetto, riconoscendo quello che gli studi sociologici hanno elaborato, analizzando l’esperienza di religiosità dei migranti in diversi contesti internazionali.

Possiamo sintetizzare quest’importanza con la formula delle tre R. Il riconoscimento: un tratto identitario importante in una società che li vede solo come braccia per lavorare, l’identità religiosa e culturale riconosce loro un ruolo diverso, più importante e gratificante, se non altro nel momento in cui si espleta, si vive la propria fede in una dimensione di comunità. Un secondo elemento è quello rifugio: in una società spesso ostile, la religiosità è un luogo di accoglienza, di rafforzamento, di solidarietà molto importante. La terza R è quella di risorse: non c’è comunità di fede che al suo interno non svolga un’attività di welfare potremmo dire, dalla banca del cibo agli abiti usati.

Ecco che allora lo studio della religiosità dei migranti assume un grande rilievo, anche nel contesto italiano, nella consapevolezza che spesso vi sono stereotipi e pregiudizi. Per cui ad esempio si ritiene assolutamente a torto che la maggioranza dei migranti sia musulmana mentre le statistiche ci dicono piuttosto che sono cristiani, di diverse tradizioni, tra i quali anche un consistente nucleo di immigrati evangelici e protestanti”.

Le istituzioni, dunque, secondo il docente, “possono e devono considerare le comunità di fedi come terminali importanti per le loro attività di integrazione. Occorre quindi avviare un percorso di riconoscimento e valorizzazione di queste realtà, nell’ambito dei principi costituzionali che non garantiscono solo la libertà di culto ma propongono anche alle comunità religiose di esprimersi nello spazio pubblico anche con le loro tradizioni e i loro valori”.

Il webinar odierno sarà dalle 14.30 alle 16.30, per iscriversi occorre inviare una mail all’indirizzo iskra.formazione@gmail.com (verrà rilasciato un attestato a tutti i partecipanti).