Roma (NEV), 11 settembre 2020 – L’11 settembre 1973, intorno alle 11 del mattino, il presidente Salvador Allende rivolse il suo ultimo messaggio al Cile attraverso una rete di stazioni radio solidali con il governo, mentre La Moneda, nella quale era rinchiuso con i suoi sostenitori, era circondata dalle forze armate golpiste. Alle 12,30, dopo un bombardamento che distrusse l’intero edificio l’esercito entrò nel palazzo, trovò il corpo di Allende che si era suicidato, e cominciò una delle più lunghe e sanguinose dittature del secolo scorso. Nel giro di poche ore iniziò una repressione brutale che, secondo i dati dell’Istituto nazionale per i diritti umani cileno, produsse all’incirca 40.000 vittime tra prigionieri politici e vittime di tortura, e oltre 3000 tra morti e scomparsi.
Il 24 settembre 1973, a pochissimi giorni da quegli avvenimenti, nasce il Comitato Nazionale per l’Assistenza ai Rifugiati (CONAR) il primo comitato di assistenza alle vittime della dittatura civico-militare, guidato dalle chiese protestanti ed evangeliche.
I suoi uffici funzionavano in via Ricardo Lyon 565, dove operava Diakonia, l’organizzazione dedicata alla cooperazione sociale delle chiese. L’autorizzazione che aveva ricevuto il CONAR durava solo tre mesi, ma era il punto di partenza per un’azione che sarebbe durata molto più a lungo.
Il CONAR agiva sotto l’egida dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Nel marzo del 1974, delle 3.574 persone iscritte al CONAR, 2.608 erano state reinsediate in circa 40 paesi. Di questi, 288 erano stati rimpatriati nei loro paesi d’origine. Inoltre, circa 1.500 erano fuggiti illegalmente in Perù e Argentina.
Il CONAR fu poi sostituito dal FASIC (Fondazione per l’assistenza sociale delle Chiese cristiane), che iniziò la sua attività nell’aprile 1975, un’istituzione di carattere ecumenico impegnata nella pratica quotidiana dei diritti umani e ispirata alla prospettiva cristiana della liberazione e della dignità delle persone.
Di fronte alle sistematiche e brutali violazioni dei diritti umani, le incarcerazioni, torture, desapariciones, le chiese cilene provarono quindi a mobilitarsi malgrado le grandi divisioni che le attraversarono.
Nel campo evangelico è esemplare la figura del vescovo luterano Helmut Frenz, che fu centrale sia nella creazione degli organismi di cui abbiamo parlato che nella fondazione del Comitato Pro-Pace (COPACHI) al quale parteciparono, la Chiesa evangelica luterana in Cile, la Chiesa metodista, quella pentecostale, presbiteriana, battista, ortodossa, la Comunità ebraica e la Chiesa cattolica, per fornire assistenza legale e sociale alle vittime delle gravissime violazioni dei diritti umani che seguirono il colpo di Stato militare dell’11 settembre 1973. L’istituzione fu creata da un decreto arcivescovile del cardinale Raúl Silva Henríquez, in cui il vescovo cattolico Fernando Ariztía e il vescovo luterano Helmut Frenz furono nominati copresidenti.
La dittatura esercitò forti pressioni sul comitato per scioglierlo, prima minacciando le chiese – con l’eccezione di quella cattolica che aveva un riconoscimento da parte dello stato cileno come un ente pubblico -, di revocare loro permesso di operare in Cile, poi con feroci campagne diffamatorie sulla stampa – presentando il comitato come uno strumento di marxismo infiltrato nelle chiese -.
Il lavoro del vescovo luterano Helmut Frenz fu messo in discussione da una parte dei suoi stessi fedeli, in una chiara manifestazione della profonda divisione della Chiesa luterana in Cile. In risposta alle critiche, Frenz si recò in Germania per riferire sulla difficile situazione del Paese e della sua chiesa. Tuttavia, quando cercò di tornare dal suo viaggio nell’ottobre 1975, il governo gli proibì l’ingresso.
La chiusura del COPACHI avvenne il 31 dicembre 1975. Il giorno dopo venne fondato il Vicariato della Solidarietà che manteneva gli stessi obiettivi del Comitato ma era parte integrante della chiesa cattolica.
Ognuna delle chiese che aveva contribuito all’esperienza del COPACHI continuò il lavoro separatamente.
Quarantasette anni dopo quell’11 settembre che instaurò la feroce dittatura di Augusto Pinochet, il Cile si prepara a votare un referendum di modifica di quella Costituzione che è diretta erede di quegli anni bui. Posticipato dal 26 aprile al 25 ottobre a causa della pandemia il referendum pone due quesiti ai cileni: la volontà di modificare la carta costituzionale e la maniera in cui questa trasformazione dovrebbe eventualmente avvenire.
Il FASIC esiste ancora e attualmente concentra il suo lavoro su due linee d’azione: le migrazioni e la conservazione del patrimonio documentario dell’istituzione fin dalla sua fondazione.
La registrazione sistematica dell’assistenza fornita alle vittime e alle loro famiglie durante la dittatura è alla base del patrimonio documentario che è stato riconosciuto dall’UNESCO nell’agosto 2003 come Registro della Memoria del Mondo.