Papa e unioni civili, “l’augurio è che la chiesa cattolica segua il suo vescovo”

Dopo le dichiarazioni di Francesco, una riflessione del pastore Luca Baratto, segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e curatore della rubrica “Culto Evangelico” in onda su Radio 1 Rai

Foto di Kai Pilger, da Unsplash

Roma (NEV), 22 ottobre 2020 – La notizia è di quelle epocali: il Papa “apre” alle unioni tra persone omosessuali. ‘Gli omosessuali sono figli di Dio e hanno il diritto di far parte di una famiglia’: il giorno dopo la pubblicazione di questa dichiarazione del pontefice, c’è spazio per una riflessione più approfondita sulle possibili ripercussioni di questa presa di posizione. Ne abbiamo parlato con il pastore valdese Luca Baratto, segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e curatore della rubrica “Culto Evangelico” in onda su Radio 1 Rai.

Nell’esortazione post sinodale Amoris Laetitia il Papa si è già espresso contro le discriminazioni, ribadendo però il valore della famiglia “tradizionale”. Per lei le parole di Bergoglio sono realmente una novità?

“Sono certamente una novità, anche se si inseriscono in un dibattito da tempo in atto nella chiesa cattolica e che abbiamo per esempio visto esprimersi qualche anno fa durante il Sinodo della famiglia. La novità consiste nel modificare la posizione ufficiale della chiesa cattolica romana, espressa in documenti ufficiali, secondo cui avallare il riconoscimento legale di unioni di persone dello stesso sesso significava di fatto approvare un comportamento deviante, oscurando i veri valori della famiglia. Così si esprimeva un documento della Congregazione per la dottrina della fede nel 2003, quando Prefetto era l’allora cardinale Joseph Ratzinger. Bergoglio indubbiamente rompe con questo atteggiamento in modo netto, secondo cui la difesa della dottrina deve prevalere sui diritti delle persone.

In Italia la legge sulle unioni civili – una legge per la convivenza, per citare il Pontefice – già c’è, ed è frutto di battaglie della società civile e di parte del mondo politico. Manca però una legge contro l’omofobia. Pensa che la dichiarazione di Francesco possa aprire la strada a una nuova epoca di maggiori diritti o influenzare in qualche modo il dibattito, in Italia?

Le parole di papa Francesco vanno considerate nell’orizzonte globale. Ci si deve prima di tutto chiedere quali ripercussioni avranno a livello mondiale, laddove i diritti delle persone omosessuali sono calpestati fino a metterne in pericolo l’incolumità fisica. C’è da augurarsi che il suo discorso abbia delle ripercussioni anche in Italia, che tolga giustificazioni a chi aggredisce e ha comportamenti violenti nei confronti delle persone omosessuali richiamandosi al tradizionalismo cristiano. Soprattutto c’è da augurarsi che la chiesa cattolica segua il suo vescovo nell’essere più attenta ai diritti delle persone. Fino a oggi infatti l’impressione è stata che la chiesa italiana ritenga più importante il proprio diritto a condannare l’omosessualità che non il diritto all’incolumità e alla dignità degli omosessuali. Questo però è più un problema della chiesa cattolica italiana che non di papa Francesco.


Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, e il cardinale Edoardo Menichelli, già vescovo di Ancona, oggi, rispettivamente in un’intervista al Corriere e in una su Repubblica, hanno chiarito che l’apertura del Papa non è ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. La dottrina del matrimonio e della famiglia, secondo i due prelati, resta intatta. Quindi per la Chiesa cattolica l’amore tra due persone dello stesso sesso resta “contro natura”?

Semeraro e Menichelli hanno ragione. Non mi risulta che papa Francesco abbia parlato di matrimonio, bensì di unioni distinguendo implicitamente i due piani. D’altra parte nel 2014, al Sinodo sulla famiglia il documento “Relatio post disceptationem”, redatto dal cardinale Peter Erdö, riprendeva riguardo alla famiglia ciò che la dottrina cattolica afferma riguardo alla chiesa. Se “l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica” le altre chiese mantengono comunque elementi costitutivi dell’essere chiesa e sono chiese per difetto; alcune come quelle protestanti ne hanno così poche che non possono neanche venir chiamate chiese. Allo stesso modo esiste una famiglia in senso pieno, che è quella costituita dall’unione di un uomo e una donna, mentre le altre forme di unione mantengono elementi importanti dell’essere famiglia, ma sono famiglia per difetto. Il quadro dottrinale delle affermazioni di papa Francesco mi sembra essere questo.


Nel mondo protestante l’omosessualità non è un tabù. Come ha ricordato ieri la pastora Daniela Di Carlo, la posizione del Papa potrebbe aprire le porte anche ad altre “innovazioni” in tema di genere, come il sacerdozio per le donne, che è già parte delle realtà evangeliche. Può spiegare questa differenza tra mondo cattolico e protestante, in materia di “diritti” e di genere?

Sarei cauto con questa affermazione. Se è vero che le chiese protestanti storiche celebrano da tempo benedizioni di unioni di coppie dello stesso sesso, tuttavia, a livello mondiale, sono percorse da tensioni su questo tema e si distinguono radicalmente dal mondo evangelicale che condanna l’omosessualità. Allo stesso modo, sarei cauto a collegare la questione omosessualità a quella del sacerdozio femminile: fanno parte dello stesso orizzonte ma non sono identiche. Detto questo credo che da sempre il mondo protestante italiano abbia, dai referendum sul divorzio e sull’aborto, saputo distinguere tra convinzioni di fede e diritti dei cittadini. Io come credente posso pensarla in un certo modo su temi etici, ma non posso far valere le mie convinzioni come ragione sufficiente per negare il diritto degli altri, il diritto di scelta delle donne, il diritto a costituire una famiglia di gay e lesbiche.

La dichiarazione di Francesco ha avuto una eco mediatica globale, nonostante diversi commentatori abbiano notato la continuità rispetto alla sua “linea politica” e in generale alla dottrina della Chiesa cattolica. Come si spiega questo fenomeno dal punto di vista comunicativo?

Questo papa, lo sappiamo, è perfetto per la comunicazione. E’ in grado di oscurare qualsiasi altro. Da un lato, è un fatto positivo perché le sue parole influenzeranno o incoraggeranno e consoleranno moltissime persone nel mondo. E forse cambieranno anche qualcosa, chi lo sa! D’altro lato, questa potenza mediatica, deprime un po’, perché altri che da anni o decenni riflettono sugli stessi temi, e sono già arrivati laddove la chiesa di Francesco non è ancora giunta, sono o bellamente ignorati o considerati delle mosche bianche da mezzi di comunicazione che non sanno rivolgere uno sguardo attento alla società”.

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