Roma (NEV), 23 giugno 2021 – L’immagine di Joe Biden che va in chiesa, a messa, apparentemente noncurante della minaccia di scomunica dei vescovi americani anti-abortisti, è emblematica.
Forse è emblematica anche l’affermazione di Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, che come riporta il Post avrebbe detto di non ritenere eccessiva l’ipotesi di licenziamento per operatori sanitari e medici che non intendono vaccinarsi. In quanto “Ogni lavoro ha obblighi che vanno rispettati”.
Il confine tra obblighi e libertà, coscienza e coercizione, diritti e doveri, sembra sempre più frastagliato. Si pensi, ad esempio, al diverso rigore delle istituzioni e dell’opinione pubblica riguardo i medici obiettori che si rifiutano di praticare le interruzioni volontarie di gravidanza.
Dell’aborto come “termometro” dei diritti umani parla anche la giornalista Federica Tourn nell’ultimo capitolo del suo libro “Rovesciare il mondo“. Il capitolo in questione si intitola: “Perché l’aborto interessa tanto?” e analizza diversi attacchi al diritto di autodeterminazione delle donne nel mondo. Il corpo (in particolare quello femminile, ma non solo) continua a essere luogo di contesa.
Su questi temi abbiamo interpellato la pastora Ilenya Goss. Laureata in Medicina e Chirurgia, Filosofia e Teologia, Goss fa parte della Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
Gli argomenti sono spinosi. La sospensione di medici e infermieri che scelgono di non vaccinarsi. I “due pesi e due misure” nell’applicazione di norme e raccomandazioni. Gli aspetti etici e normativi nel corso di una pandemia e della politica della vaccinazione di massa. La globalizzazione dei processi che hanno portato mondialmente a provvedimenti per velocizzare le procedure di autorizzazione alle sperimentazioni cliniche, prima, e alla somministrazione vaccinale, poi. Come dice il Gruppo di lavoro sulla bioetica dell’Istituto superiore di sanità (ISS), siamo di fronte a una “continua evoluzione del contesto emergenziale” che comporta un “incessante aggiornamento delle decisioni prese”.
Biden e le minacce di scomunica per le sue posizioni sull’aborto
Ilenya Goss afferma: “Un politico che va a messa è un fatto che riguarda la sua coscienza, ma anche un messaggio pubblico. Una scelta che potrebbe essere privata viene rilevata dai mass media ed esce dal confine personale arrivando ad assumere un significato politico”. L’argomento della scomunica, che nella narrazione protestante è al tempo stesso di scarso valore e bruciante, assume un forte peso e un preciso messaggio. Almeno per i cattolici.
“In ambito protestante, teniamo fermo il valore fondamentale della coscienza personale. Tuttavia, in questo caso, un momento religioso che esprime la fede del politico acquista anche una valenza etica e pubblica, dato che a causa delle posizioni in materia di aborto la presenza di Biden a messa non è guardata con favore dai vescovi della sua chiesa” prosegue la pastora Goss.
Medici obiettori e interruzione volontaria di gravidanza
È questione di “coscienza” anche quella dei medici obiettori che non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Dice Goss: “In proposito, ho sempre ribadito che prevedere l’obiezione in una legge dello Stato, e per l’Italia stiamo parlando della Legge 194, significa che si può scegliere una professione e, poi, sottrarsi a ciò che il tuo mestiere, per legge del Paese in cui lo eserciti, prevede che tu faccia”. Si può certo obiettare che prevedere l’obiezione di coscienza nel 1978 avesse senso, in quanto i medici chiamati a praticare l’IVG si erano laureati quando l’aborto era un reato in Italia. “A distanza di più di quaranta anni sarebbe forse tempo di riprendere in mano quel discorso. L’obiezione di coscienza ha reso difficile applicare la legge e il diritto di obiezione è andato a confliggere con il diritto di scelta delle donne”.
Inoltre, l’obiezione esercitata in questo modo non ha nessun costo per chi la pratica. “Invece –ricorda Goss –, l’obiezione di coscienza nasce in riferimento al servizio militare obbligatorio. Essa comportava un prolungamento del tempo a disposizione dello Stato per chi prestava servizio civile. Ti sottrai a un obbligo di legge, ma offri una controparte alla collettività”. Nella 194 “questa contropartita non c’è, anzi, c’è un alleggerimento del lavoro. È più una disobbedienza civile a basso costo, che magari ti avvantaggia nella carriera. Una scelta che non è fatta per il bene della collettività. Una scelta che, quindi, priva la collettività stessa di un diritto”. Questo dovrebbe interpellare la coscienza etica e civile.
Operatori medico-sanitari sospesi se non vaccinati: che tipo di obiezione?
Sull’obbligo vaccinale per certe categorie professionali, e l’eventuale ammissione di una obiezione di coscienza, “Occorre però distinguere bene i contesti – avverte la pastora Goss –. Attualmente non vi è obbligo vaccinale sancito da una legge. È consentito cambiare le mansioni ai non vaccinati per evitare di far correre rischi a loro e al pubblico. In caso non si possa cambiare le mansioni, è prevista la possibilità di sospensione dal servizio per un certo periodo”.
Qui si affiancano due aspetti etico-giuridici. Prosegue Ilenya Goss: “Il bene dell’individuo e il bene della collettività in pandemia entrano in rapporti paradossi. La protezione di sé è un beneficio, ma comporta un margine di rischio. Lo stesso vale per la protezione sociale”. E questo paradosso si sta svolgendo nel momento in cui la fase di farmacovigilanza è ancora in corso.
Nell’emergenza, sostiene Goss: “prevale l’interesse della collettività. Anche le indicazioni dell’Ordine dei medici mirano a salvaguardare il diritto dei cittadini di essere curati in sicurezza: non vaccinandosi l’operatore sanitario rischia di esporre a contagio sé stesso e altre persone. Il bene collettivo comprende però anche la sicurezza del medico. E questo ha una sua ragione sia giuridica sia bioetica”.
Il nodo della sicurezza sul lavoro
Il contratto di lavoro dei medici impone al datore di lavoro di garantire un contesto di sicurezza. “L’operatore che non si vaccina espone a rischio la salute degli utenti, ma anche la propria – dice la pastora –. Per questo i direttori sanitari stanno cercando di creare le condizioni per non esporre nessuno al contagio. Quando ero studente in medicina, senza vaccini anti epatite B e tbc non si poteva accedere al tirocinio. Non era in discussione la questione rischi/benefici. La vaccinazione era semplicemente una condizione per poter proseguire verso la professione”. Non parliamo solo di questioni di coscienza, quindi, ma anche di quanto previsto e raccomandato dal Testo unico sulla salute e sicurezza del lavoro (D.L. n. 81/2008).
La paura dei vaccini e l’illusione del controllo
Per quanto riguarda le paure legate agli effetti eventuali a lungo termine dei nuovi vaccini, osserva ancora Ilenya Goss: “Siamo di fronte allo sforzo di contenere i danni di una pandemia, e correre qualche rischio è il solo modo per uscire dall’emergenza. In ambito scientifico, si parlava già anni fa di rischi pandemici, ma a livello politico non sono stati presi provvedimenti tempestivi. C’è anche da dire che la scienza non può controllare tutto. E le conseguenze delle azioni umane non sono sempre prevedibili. C’è un delicato rapporto tra responsabilità umana e il funzionamento della biologia”.
Da un punto di vista teologico, prosegue la studiosa, “occorre ricordare che l’essere umano è ‘custode’ del creato, non padrone della natura. Nella Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi ci siamo interrogati, proprio in queste settimane, sui temi etici legati alla pandemia. Dalla comunicazione scientifica, all’assistenza, alla giustizia etica, sono molti i problemi che richiedono un approfondimento che coinvolga scienza, cittadinanza e comunità”. Mettere in dialogo gli aspetti giuridici, scientifici ed etici non è semplice.
Le possibilità di “obiezione di coscienza” devono tenere conto della differenza dei contesti e delle conseguenze delle scelte personali sulla comunità.
Scienza, informazione, democrazia
“La pandemia ci sta facendo capire qualcosa anche sull’etica della comunicazione: le informazioni contraddittorie disorientano – spiega ancora Goss –. Quando una informazione passa dal laboratorio all’agenzia che la diffonde, ci vogliono molta cura e discernimento: come spiegare alla popolazione che gli aggiustamenti di rotta in questa fase vaccinale sono ‘normali’, fino a un certo punto, perché la scienza avanza raccogliendo dati? Come comunicarlo senza scatenare il panico e far sentire tutto fuori controllo? O, peggio, alimentare paure e complottismi? È delicatissimo comunicare le decisioni che partono da dati scientifici ma devono portare a scelte politiche”.
Sui vaccini la comunicazione ha avuto parecchi problemi. Prosegue Ilenya Goss: “Anche adottare linee diverse negli Stati dell’Unione europea, in nome dell’autonomia dei Paesi, può creare confusione. La pandemia ha globalizzato anche la paura. Le contrapposizioni tra esperti, che tanto destabilizzano l’opinione pubblica, sono in realtà un modo fisiologico di procedere della scienza: rivoluzione copernicana, dibattito tra lamarkiani e darwiniani, la controversia tra Koch e Pasteur, le varie tesi si affrontano e si scontrano fino alla prova finale che falsifica una teoria, per dirla con Popper. Il problema di oggi tuttavia deve tenere conto della variabile tempo e della necessità di governare una crisi globale. Per questo non è responsabile divulgare continue informazioni contraddittorie. I governi hanno la responsabilità di non mentire, ma anche di avere una linea chiara. Stiamo parlando di trasparenza e di salvaguardia della democrazia. Se l’informazione non è ponderata, ogni persona darà la sua personale interpretazione”.
L’esigenza di un approccio individuale per la salute
In conclusione, abbiamo chiesto a Ilenya Goss un commento sulla standardizzazione dei protocolli (non solo per quanto riguarda la somministrazione dei vaccini, ma anche in generale in ambito medico e farmacologico). La medicina di genere, ad esempio, da anni si occupa della diversa reazione a farmaci e cure nelle donne, per evidenti ragioni biologiche e ormonali.
“La standardizzazione ovviamente è una semplificazione con alcuni vantaggi importanti, e difetti altrettanto seri, sia per quanto riguarda la Medicina in generale, sia nello specifico argomento. Ad esempio, del tipo di vaccini, del dosaggio, della tempistica dei richiami per determinate categorie di persone, tenendo conto di età, genere, caratteristiche biotipiche, ecc…
La personalizzazione come scelta di management sanitario è il futuro, ma l’urgenza temporale della pandemia obbliga oggi ad approssimare le decisioni tenendo conto del tempo. Nonostante le incertezze – chiosa la pastora Goss – la pandemia ha evidenziato problemi che c’erano già. Per questo l’individualizzazione delle terapie dovrebbe rimanere un elemento prioritario della ricerca e delle agende politiche e sanitarie. Più è larga la standardizzazione, più aumentano i rischi. Dobbiamo sempre ricordare che un conto è la scienza pura, un conto è la scienza applicata. E la ricerca in questo momento è chiamata ad aiutare a rispondere a un problema globale, riducendo il più possibile i costi e i rischi per i singoli e per la collettività”.