Roma (NEV/fondazionevaldese), 15 luglio 2021 – Sono trascorsi 300 anni (1721-2021) dalla morte di uno dei personaggi mitici della storia valdese: Henri Arnaud, colonnello e pastore di quei valdesi che nel 1689, con un’impresa rimasta epica rientrarono nelle loro valli dalla Svizzera, dopo due anni di esilio forzato, per riconquistarsi il diritto ad abitarle mantenendo la propria confessione religiosa diversa da quella del loro duca (i valdesi ieri come oggi sono protestanti di appartenenza riformata).
Per celebrare questa data importante si può parlare dell’uomo Arnaud, nato ad Embrun il 15 luglio 1643 e morto a Schönenberg l’8 settembre del 1721, inserirlo nel suo tempo, parlare delle sue vittorie e delle sue sconfitte, delle sue idee, delle sue scelte; e si può parlare di lui invece descrivendo come la sua figura sia stata narrata e mostrata attraverso le immagini e le stampe che nei secoli sono state prodotte. Una sorta di percorso nella creazione del racconto che su di lui, e sui valdesi, è stato fatto da chi in questi tre secoli ha raccontato questa minoranza protestante in Italia adattandola alla propria epoca: dagli storici francesi a quelli valdesi, dagli illustratori inglesi a Edmondo De Amicis, dall’artista Vincenzo Amato al pittore Maurizio Pellegrini, dall’artista olandese Mia van Oostveen a Paolo Paschetto, da Umberto Stagnaro ad Andrea Tridico.
Henri Arnaud, il “pastore-colonnello”
“La storia della narrazione di Arnaud – dice Davide Rosso, direttore della Fondazione Centro culturale valdese e curatore della mostra su Arnaud che si aprirà il 14 agosto a Torre Pellice – è significativa perché ci permette di procedere per coppie oppositive e per differenze al fine di trovare le vie interpretative che si sono sviluppate sulla storia valdese ed europea del 600-700. La prima coppia di termini che vengono in mente parlando di Arnaud è quella classica del ‘pastore-colonnello’, dell’uomo di chiesa e dell’uomo d’armi; ma poi emergono altre e ben più interessanti coppie oppositive in questa narrazione che procede nei secoli: per esempio ‘fede e resistenza’ o ‘l’essere valdese/non essere valdese’, cioè appartenere alla minoranza in cui opera o non appartenervi”.
Arnaud nasce “ugonotto di Embrun”, quindi riformato francese, ma è anche figlio per parte di madre di una famiglia italiana riformata fuggita per motivi di religione da Dronero. Henri però era anche “valdese” perché “adottato” dal mondo delle Valli valdesi dove la sua famiglia si era rifugiata, e da un certo momento in poi per appartenenza ecclesiastica. Proprio a causa del suo essere francese prima, e valdese poi, finisce per essere profugo in Svizzera e poi definitivamente in Germania, dove vivrà gli ultimi anni di questa sua duplice appartenenza. Insomma una vita trascorsa alle Valli e in Europa come resistente, spesso come migrante per fatti religiosi o come esule perché guida del suo gregge.
Piste interpretative che sono state seguite nel preparare il ricco programma di incontri, mostre, eventi che da luglio a fine anno riguarderanno Henri Arnaud, “l’eroe del Glorioso Rimpatrio” per usare la prima immagine che spesso ci viene proposta di lui. Manifestazioni che si terranno alle Valli valdesi ma anche in Germania a Schönenberg al museo di Arnaud.
PROGRAMMA
Il programma inizia il 18 luglio alle 16.30 a Perosa Argentina (TO), con la presentazione del libro “Henri Arnaud: immagini di un valdese non valdese”, di Davide Rosso, e “Banditi nelle valli valdesi. Storie del XVII secolo” di Luca Perrone, editrice Claudiana 2021, nell’ambito della rassegna libraria “Scritto misto”. Saranno presenti gli autori.
Poi, una serie di altri appuntamenti (clicca QUI per il programma completo. Oppure scarica in PDF: Arnaud pagina 1 – Arnaud pagina 2).
La rassegna per i 300 anni di Arnaud si chiuderà il 19 settembre a Pragelato, con la passeggiata storica dal centro paese a Costapiana. Sulle tracce di Henri Arnaud, nel sentiero del Glorioso Rimpatrio (www.lestradedeivaldesi.it)
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