Torre Pellice (NEV), 24 agosto 2021 – Nascondersi per pregare è qualcosa che fa venire i brividi. Questo fa parte della storia dei valdesi perseguitati, i quali si radunavano in luoghi appartati, nei boschi, nelle valli strette e impervie oggi note appunto come “Valli valdesi”. In queste valli, in provincia di Torino, per la precisione in località Angrogna, c’è una chiesa naturale in una grotta, nota come la Gueiza ‘d la tana. Qui, la leggenda vuole che i valdesi si incontrassero per celebrare il culto. Non ci è dato sapere quando e come sia nata questa narrazione, fatto sta che la chiesa nella roccia è ancora oggi tappa di visite ed escursioni, sulle tracce dei valdesi.
La storia valdese passa anche per Guardia Piemontese, che si trova in Calabria, e dove si parla la lingua occitana. Ai tempi delle persecuzioni Guardia Piemontese fu testimone di un massacro atroce, con centinaia di vittime fra cui donne e bambini.
Dell’eccidio del 5 giugno 1561 resta una traccia storica significativa alla “Porta del Sangue”. Dicono che il sangue valdese versato fosse così tanto da scendere lungo le vie del paese fino alla porta principale, successivamente chiamata “Porta del sangue”. La storia raccapricciante delle persecuzioni e dell’inquisizione è scritta nella memoria, nei documenti e nelle pietre, nei brividi di orrore e nel silenzio degli innocenti, fra le minoranze senza voce, nelle lingue estinte o a rischio di estinzione.
Il silenzio viene rotto dall’inno occitano che risuona nella grotta, nella chiesa nella roccia, la Gueiza ‘d la tana. È un canto che fa venire i brividi, ma questa volta l’emozione è la gioia. È la voce di Francesco Treviso. Una voce profonda, che vibra nella penombra e sembra muoversi nello spazio e nel tempo, a ricucire la memoria di queste terre. Una memoria che ripercorre il cammino dei valdesi da Lione alle Valli, dalle montagne al mare (la torre di Guardia si affaccia sulle sponde del Tirreno fra Diamante e Paola). Treviso è arrivato a Torre Pellice per il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi insieme a Gabriella Sconosciuto. Sono i primi valdesi a Guardia Piemontese dopo 460 anni. Gabriella Sconosciuto e Francesco Treviso sono stati ammessi come membri di chiesa nello scorso giugno, in un partecipato culto presieduto dal pastore Jens Hansen proprio sul luogo della strage, insieme a rappresentanti delle comunità valdesi di Calabria e della chiesa di Dipignano.
In questi giorni, la piccola delegazione di Guardia Piemontese si trova nelle Valli valdesi per il Sinodo. Treviso e Sconosciuto hanno visitato diversi luoghi storici, fra cui la Gueiza, dove Treviso ha intonato il canto occitano. La loro testimonianza parla di fede, condivisione e di radici. Radici che affondano nel buio delle persecuzioni, ma che sono riuscite a germogliare nella luce attraverso i secoli. Una luce di libertà religiosa che, per i valdesi, è la “matrice delle libertà civili”.
Un po’ di storia
Difficile fornire una datazione precisa dell’arrivo dei valdesi in terra calabra. Una prima ondata migratoria risalirebbe all’epoca Sveva, XIII secolo. È quasi certa la presenza di comunità valdesi sotto il regno dell’Imperatore Carlo I d’Angiò (1266). Pierre Gilles (storico valdese) segnalava nel 1644 che i proprietari terrieri calabresi offrirono terre da coltivare ai valdesi in cambio di un canone annuo, ma con la possibilità di fondare delle comunità esenti dagli obblighi feudali. I primi gruppi provenienti dal Piemonte si insediarono nella zona di Montalto Uffugo (provincia di Cosenza), creando il borgo degli Ultramontani e poi a San Vincenzo la Costa, Rose, San Sisto e Guardia Piemontese, centro abitato fondato direttamente dai valdesi. Prima del loro arrivo sul territorio, che ricadeva sotto il controllo dei Marchesi Spinelli di Fuscaldo, era presente solo un piccolo castello con una torre di avvistamento per le navi saracene, una torre di guardia appunto. L’insediamento e la costituzione di queste prime comunità in Calabria favorirono nei due secoli successivi l’arrivo di altri gruppi dal Piemonte. I flussi migratori continuarono almeno fino alla metà del XV secolo sia per motivi economici che per le continue persecuzioni subite in Piemonte.
Fonte: https://www.valdesidicalabria.org/valdesi-di-calabria-2/