Roma (NEV), 24 marzo 2022 – “Sono solo un insegnante e un sacerdote. La mia missione è incoraggiare, giocare con i bambini, scrivere poesie, confortare, pregare ed essere semplicemente vicino alle persone che sono qui”. Così il pastore battista Aleksandr Vyalov ha spiegato su facebook la sua scelta di rimanere in Ucraina, a Kharkiv, la seconda città per popolazione dopo la capitale Kiev, nella parte orientale del Paese.
La Federazione europea battista, come si legge in questo articolo su The Baptist Times, è in “stretto contatto con l’Unione delle Chiese dei battisti cristiani evangelici ucraini” e invia bollettini settimanali di aggiornamento su quanto sta accadendo.
“I battisti ucraini – si legge nell’ultimo report – convivono da tempo con la realtà della guerra e si sono purtroppo preparati alla possibilità che peggiori. Dopo l’invasione del 24 febbraio, molte chiese sono diventate centri di accoglienza e l’Unione battista sta lavorando per coordinare la distribuzione degli aiuti. I nostri fratelli e sorelle in Ucraina continuano a rispondere alla guerra nel loro paese con compassione e a cuore aperto. 600 chiese stanno rispondendo attivamente ai bisogni di coloro che fuggono, con rifugi in tutto il paese, inclusa una piccola chiesa a Yaltushkiv che ospita quasi 800 persone ogni giorno. Mentre le scorte alimentari locali iniziano a diminuire, i Battisti ucraini hanno organizzato centri logistici pronti a ricevere e distribuire aiuti. In risposta alla situazione di approvvigionamento sempre più disastrosa, il Centro di coordinamento dei battisti ucraini sta lavorando da Leopoli per creare magazzini di distribuzione degli aiuti nell’Ucraina orientale e centrale. Sempre a Leopoli, i volontari battisti hanno aiutato a erigere due ospedali mobili – continua il rapporto – dove i pastori battisti locali forniranno sostegno spirituale e psicologico ai pazienti e al personale, oltre a offrire formazione ad altri per fornire tale supporto”.
300 persone, inoltre, secondo quando riportato dal notiziario battista, si stanno attualmente rifugiando nel seminterrato della chiesa centrale di Mariupol, con altre 300 persone in un’altra chiesa del centro città.