Roma (NEV), 17 giugno 2022 – “Egli libererà il povero che grida e il misero che non trova aiuto, avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei suoi miseri”. Con il Salmo 71, 12-13 si conclude un post pubblicato da ACAT in cui si esprime preoccupazione per le condizioni detentive di Ocalan e di altri leader curdi.
“L’isola-prigione di İmralı F Type High Security Closed Prison in Turchia (Türkiye) è stata costruita appositamente per una persona, Abdullah Öcalan – si legge nel testo pubblicato da Acat – che, fino alla sua cattura nel 1999, ha guidato il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (in curdo: Partîya Karkerén Kurdîstan), il PKK, dichiarato illegale. È stato tenuto in isolamento straordinario per 23 anni. Tra gli altri leader curdi incarcerati vi sono Hamili Yildirim, Ömer Hayri Konar e Veysi Aktaş (da sette anni). Öcalan, in particolare, è stato sottoposto sempre più spesso a lunghi divieti di contatto con la famiglia e gli avvocati e a non meglio specificate “punizioni disciplinari”. Poiché i prigionieri sono stati tenuti in isolamento per periodi così lunghi, ci sono serie preoccupazioni per la loro salute fisica e mentale. È improbabile che Öcalan venga impiccato, dal momento che la Turchia ha abolito la pena di morte nel 2004, nonostante le recenti richieste di reintroduzione. La detenzione prolungata in isolamento, tuttavia, è considerata specificamente un elemento di “tortura o […] trattamento o punizione crudele, inumano o degradante” come previsto nella Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite”, conclude Acat.
Per tutte queste ragioni, Acat pubblica una lettera, in inglese e in italiano, da inviare all’Ambasciata turca in Italia e in altri Paesi (il cui testo e le informazioni per aderire all’inaziativa sono disponibili sul sito: acatitalia.it).
“Le scriviamo a nome dei prigionieri del carcere di massima sicurezza di İmralı F, Abdullah Öcalan, Hamili Yildirim, Ömer Hayri Konar e Veysi Aktaş, detenuti in isolamento straordinario per un periodo compreso tra 7 e 23 anni – si legge nell’incipit della missiva -.Sappiamo che il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è riconosciuto come organizzazione terroristica dalla Turchia, dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e da altri Stati, tra cui il Regno Unito (dal 2001). Tuttavia, temiamo che la prolungata detenzione in isolamento e l’applicazione di non meglio specificate “misure disciplinari” in un carcere “buco nero”, senza accesso a familiari o avvocati, equivalga a tortura ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Vi saremmo grati se poteste fornirci informazioni sulle condizioni di salute fisica e mentale di questi prigionieri. Chiediamo inoltre che il governo turco ponga fine allo stato di incommunicado dei prigionieri e fornisca un normale accesso ad avvocati e familiari”, conclude il testo che è possibile sottoscrivere e inviare.
ACAT è un’associazione cristiana ecumenica che agisce contro la tortura e la pena di morte, impegnandosi al fianco di tutti coloro che hanno gli stessi obiettivi e promuovono i Diritti Umani. Fondato formalmente nella primavera del 1987 grazie al contributo della chiesa valdese di Roma e del movimento “Rinascita Cristiana”, il ramo italiano dell’Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura si deve all’ispirazione del pastore valdese Tullio Vinay, tra i primi in Europa a denunciare le violenze subite dai prigionieri politici in Vietnam. Sin dal principio l’ACAT scelse di operare su basi ecumeniche, mettendo insieme protestanti, cattolici, ortodossi e altre confessioni cristiane disposte a pregare e ad agire insieme.