Dambe So, l’ostello è (sempre più) solidale

È entrata nel vivo la stagione estiva del progetto di Mediterranean Hope a San Ferdinando, nella Piana di Gioia Tauro. Gruppi di turisti solidali da tutta Italia nella struttura dove vivono i braccianti. E da giugno è anche partito un corso di kick-boxing…

Un allenamento di kick boxing, all'ostello sociale "Dambe so", con i turisti solidali

Roma (NEV), 2 agosto 2022 – Un’altra vacanza è possibile. È a pieno regime l’ostello sociale Dambe so, “La casa della dignità”, nella Piana di Gioia Tauro. Giovani, associazioni, gruppi di acquisto solidale, esponenti delle chiese protestanti da tutta Italia e anche “semplici cittadini” si stanno alternando  in questo “condominio solidale”, per vedere da vicino la realtà del territorio calabrese. Quasi cinquanta persone, nei tre mesi estivi, che a rotazione trascorreranno alcuni giorni negli appartamenti disponibili all’interno della struttura. Proprio nei giorni scorsi, tra gli ospiti di Dambe so un gruppo di giovani della Comunità delle Piagge di Firenze. Per realizzare questa esperienza di “turismo solidale” una rete di volontarie e volontari locali si è attivata intorno a Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che ha promosso l’iniziativa dell’ostello autogestito dove, dallo scorso febbraio, abitano diversi lavoratori braccianti.

Antonella Belfiore Tommaso, di San Ferdinando, pensionata ed ex insegnante, è entrata in contatto con la realtà delle persone immigrate e impiegate in agricoltura nella zona quando c’è stata la rivolta di Rosarno, nel 2010. Da allora si è attivata per le persone che vivono e lavorano in questa zona. In questi anni, insieme ad un gruppo di cittadini, è stata sempre a fianco delle persone migranti, a partire dalle attività di insegnamento della lingua italiana presso l’hospitality school (una scuola nata nel 2018 a pochi passi dal ghetto formale di Rosarno, gestita principalmente da associazioni e Ong, ndr).

Dal lavoro di formazione ed insegnamento, all’incontro con Giuseppe Pugliese e Sos Rosarno, e alla collaborazione con il progetto “Luci su Rosarno”. Da febbraio, è anche volontaria presso l’ostello sociale: “Per me è un’esperienza esaltante e coinvolgente dal punto di vista emotivo, mi sento molto realizzata nel fare qualcosa di utile. Penso che i migranti abbiano bisogno di un contatto diretto e famigliare, un’attenzione e un sorriso che “fuori” non hanno, persone che nei posti di lavoro ricevono solo ordini e qui ricevono invece almeno un po’ di attenzione”. Allo stesso tempo l’ostello, grazie all’”interazione coi turisti estremamente positiva” sta diventando anche un “luogo di socialità”. La prospettiva, secondo la volontaria, è quella di poter “integrare questo luogo, in uno spirito di promozione del territorio”. E il territorio, la popolazione, come reagisce? “Qualche conoscente mi ha chiesto se non ho paura, c’è una certa reticenza”, afferma la volontaria. Anche in occasione di alcune iniziative pubbliche, la sua percezione è che il territorio abbia reagito “guardandoci da lontano”. Tra queste iniziative alcune giornate di pulizia delle spiagge, durante le quali sono state raccolte “anche 60 buste di immondizia”. Quanto ai ghetti formali, per Belfiore Tommaso, “quello non è il modo di poter gestire” l’accoglienza dei lavoratori. Un modello che miri all’integrazione, all’inclusione, alla partecipazione, sarebbe auspicabile: come già accade “a San Ferdinando per la comunità marocchina”, ad esempio, radicata da anni.

Angela Chiodo è un’altra volontaria, ha 29 anni ed è dottoranda di ricerca in diritto penitenziario. Il progetto dell’ostello rappresenta per lei una sfida e un’occasione, la dimostrazione che esiste del “materiale da costruire, in una convergenza di vedute e un’unione di intenti” che fanno ben sperare. Insieme ad altre persone, ha partecipato nei giorni scorsi all’inaugurazione del Giardino della memoria, spazio per ricordare cittadini e cittadine impegnate per i diritti e il lavoro nella Piana di Gioia Tauro.

Miriam Bovi, volontaria di Mediterranean Hope e ricercatrice in filosofia politica e sociologia, si occupa da giugno, tra le altre cose, di un corso di kick-boxing, che si svolge tre sere a settimana nel piazzale e nel tratto di strada di fronte all’ostello, a pochi passi dalla spiaggia: “L’aspetto relazionale è fondamentale per uscire dall’isolamento. Attraverso lo sport, si possono abbattere le barriere e i pregiudizi, accedendo a una dimensione partecipativa e paritaria con semplicità e spontaneità. Basta qualche guantone e un po’ di fantasia. Pratico e insegno questo sport da diversi anni e, anche qui, insieme ai lavoratori braccianti, i turisti e le turiste solidali, gli operatori e le operatrici e i volontari e le volontarie, siamo riusciti a riunire le diverse esperienze personali. Da un lato, la pratica della kick boxing  aiuta a canalizzare il carattere individuale di ognuno nella tecnica e nella disciplina e, dall’altro, permette di aumentare l’autostima, creando uno spazio sociale e leggero che svuota la testa da preoccupazioni e frustrazione. Per tutte e tutti. Speriamo di aprire questo tempo e questo spazio anche agli abitanti di San Ferdinando”.

Pape è uno dei lavoratori che vivono all’ostello da febbraio e il suo bilancio è positivo: “Sto bene e in questi mesi abbiamo incontrato i turisti, abbiamo avuto modo di far conoscere il territorio, ci sono state occasioni di confronto e scambio, ci sono stati e ci sono gli allenamenti di boxe, con i braccianti. Abbiamo anche organizzato una cena africana. Siamo contenti…La mia vita è migliorata non solo grazie all’ostello ma già da prima, grazie al lavoro con Sos Rosarno di cui sono socio lavoratore. Mi auguro che a ottobre potranno arrivare altre persone che vorranno stare qui all’ostello”.

“I primi mesi di sperimentazione – conclude Francesco Piobbichi, coordinatore del progetto di MH a Rosarno – hanno dimostrato che l’intuizione che abbiamo avuto ha basi solide per continuare. La cosa più importante è che i lavoratori braccianti che hanno attraversato l’ostello hanno potuto rinnovare il permesso di soggiorno, perfezionare i percorsi di emersione dall’irregolarità con la sanatoria e dimostrare a tutti che è possibile uscire dal sistema dei “ghetti”. Ora vogliamo mettere a sistema quanto fatto, allargando la platea delle persone che potranno usufruire dell’ostello, generando un processo di mutualità e reti di economia circolare che rendano gestibile e autonomo economicamente questo progetto”.

Prossimo appuntamento, ad ottobre, con la prima edizione della rassegna cinematografica “Rosarno film festival”.

 

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