Roma (NEV), 17 novembre 2022 – Pubblichiamo di seguito una breve lettera inviata negli scorsi giorni a La Stampa da Paolo Naso, in qualità di consulente per i rapporti istituzionali della FCEI, e in particolare del programma migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Mediterranean Hope, a commento di un intervento della giornalista Francesca Mannocchi, pubblicato dalla stessa testata il 14 novembre scorso (qui il link all’articolo, su abbonamento, https://www.lastampa.it/editoriali/lettere-e-idee/2022/11/14/news/migranti_subito_corridoi_dimmigrazione_legale_dare_soldi_alla_libia_peggiora_i_problemi-12237960/).
Caro Direttore,
avendo letto ed apprezzato l’ampio articolo di Francesca Mannocchi su La Stampa del 14 novembre (pagina 1-8, dal titolo “Corridoi legali per scongiurare nuove stragi”), ho apprezzato l’affermazione secondo cui la soluzione del problema delle migrazioni irregolari non è affatto in Libia, Paese che per instabilità e sistematiche violazioni dei diritti umani è parte del problema, non della soluzione. Gli accordi recentemente rinnovati, oltretutto, prefigurano una esternalizzazione delle frontiere che nei fatti straccia la norma costituzionale in materia di riconoscimento dell’asilo e della protezione internazionale. L’articolo denuncia puntualmente il prezzo umano di questa politica che, oltre che palesemente inefficace, si dimostra anche immorale.
Il problema è la soluzione a questo dramma che, come tutti dovremmo convenire, non si può risolvere con estemporanee trovate demagogiche. Più che annunci eclatanti e presuntuosamente risolutivi servono politiche, anche parziali, buone pratiche che contribuiscano a definire una strategie organica di gestione dei flussi. Mannocchi afferma che “non esiste un impegno concreto per l’istituzione di percorsi legali e sicuri per la migrazione”; nel titolo, inoltre, l’articolo invoca “corridoi d’immigrazione legale”. In realtà dei percorsi esistono e benché non citati nell’articolo, uno di questi è rappresentato dai “corridoi umanitari” che la Federazione delle Chiese evangeliche e la Comunità di Sant’Egidio, nel quadro di un protocollo con i ministeri competenti, gestiscono sin dal 2016. Grazie a questa via che ha il suo fondamento giuridico nel Regolamento sui visti del Trattato di Schengen, negli anni sono stati migliaia i profughi arrivati legalmente in Italia.
Avviatisi in Libano e poi estesi all’Etiopia, più recentemente altri corridoi umanitari sono stati aperti per la popolazione afghana dal Pakistan e dall’Iran e dalla Libia. Altri governi europei hanno adottato misure analoghe: siamo insomma di fronte a uno strumento che esiste, funziona e ha ottenuto riconoscimenti politicamente trasversali, e che merita di essere considerato anche per i risultati che ha prodotto sul piano dell’inclusione sociale: al loro arrivo in Italia, infatti, i beneficiari sono stati orientati e sostenuti in percorsi individualizzati finalizzati all’autosufficienza. Insomma, siamo di fronte a un impegnativo progetto ideato, promosso, gestito e autofinanziato dalla società civile che agisce nel quadro del principio di sussidiarietà con le istituzioni pubbliche; uno strumento ampiamente sperimentato che merita di essere conosciuto e potenziato dagli Stati membri, trasformandosi da “buona pratica” in politica strutturale. Speriamo possa accadere anche grazie all’azione di documentazione e informazione svolta da una testata autorevole come quella che Lei dirige.
Distintamente,
Paolo Naso, politologo, Consulente per i rapporti istituzionali di Mediterranean Hope – Programma Rifugiati e Migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI)