Roma (NEV), 28 febbraio 2023 – Seconda “puntata” dello speciale dell’Agenzia per riprendere i temi del convegno “Pluralismo religioso, integralismi, democrazie”, recentemente tenutosi a Roma. Il convegno è stato promosso dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso, dalla Rivista e Centro Studi Confronti, dalla Biblioteca Centrale Giuridica, dalla rivista Questione Giustizia e dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).
Dopo la prima intervista con Paolo Naso, oggi è la volta di Ilaria Valenzi.
L’ampia partecipazione al convegno “Pluralismo religioso, integralismi, democrazie” tenutosi recentemente a Roma e al quale hanno partecipato esponenti delle diverse religioni, esperti, giudici, avvocati, giovani studenti universitari, “conferma l’interesse crescente per la libertà religiosa e per i diritti fondamentali in ambito interculturale – rileva Ilaria Valenzi, consulente legale della FCEI –. L’incontro – ricorda – è nato su iniziativa della Fondazione Basso e di alcune voci della Magistratura, alcune provenienti dalla Corte suprema di Cassazione. Le sessioni di lavoro dedicate al tema “diritto e religioni”, ha affrontato in modo interdisciplinare una imprescindibile questione: interagire con il mosaico culturale e di fedi presente nel nostro paese. Gli orientamenti religiosi entrano quotidianamente nelle sentenze della Corte di Cassazione. I giudici devono occuparsi di situazioni poco usuali, come la poligamia o il ripudio matrimoniale, lontane dal nostro ordinamento e dalla nostra sensibilità giuridica e culturale. La Fondazione Basso e la rivista Confronti da tempo promuovono percorsi di studio sul pluralismo religioso. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia è stata l’interlocutrice naturale per le competenze maturate in tema di libertà religiosa. I festeggiamenti per la Settimana della libertà e la ricorrenza del XVII Febbraio, un’occasione in più per arricchire il dibattito complessivo”.
La libertà religiosa (e il desiderio di giungere una legge quadro) è sempre stato un tema dirimente per la FCEI, perché?
Perché è presente nell’idea fondativa della Federazione. La FCEI da tempo chiede il superamento della vetusta legge sui “culti ammessi” del 1929 e promuove iniziative a favore di una legge generale per la libertà religiosa, proprio per adeguare l’attuale quadro costituzionale in materia di tutela di diritti e di libertà religiosa per le comunità di fede e da estendere alle associazioni e ai loro singoli membri. Vi è infatti una Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS) preposta per tale scopo e che riunisce intorno al tema della libertà religiosa anche le chiese evangeliche non federate. A presiederla, per Statuto, è il presidente della FCEI. La situazione legislativa in tema di libertà religiosa in Italia è “piramidale”, livelli diversi danno accesso a diritti diversi. La nostra Costituzione, malgrado la garanzia omnicomprensiva, non riesce a dipanare le piccole disparità ancora presenti. Vi sono, infatti, livelli gerarchici di trattamento rispetto alle diverse confessioni religiose. Si parte dal Concordato con la Chiesa cattolica alle Intese con 13 confessioni religiose, alla legge del 1929 dei “culti ammessi” che ospita tutte le altre religioni, ma nel gradino più basso. Gli “ammessi”, per fare un esempio, possono nominare i loro ministri di culto o edificare luoghi di culto ma l’approvazione governativa spesso è molto complessa. Disparità che sono aumentate dopo l’emanazione di alcune leggi regionali, definite erroneamente anche “leggi anti-moschee”, perché colpiscono indistintamente tutte le confessioni religiose di minoranza.
Si è parlato del principio di laicità dello Stato?
È stato il sottofondo delle nostre discussioni. Lo spazio dei diritti dev’essere inserito in una cornice e questa cornice è il principio supremo della laicità; il luogo in cui tutti siamo chiamati a muoverci con rispetto. Il pluralismo religioso è garantito dalla neutralità a-confessionale dello Stato. Tra i modelli di laicità sono stati ricordati, oltre a quello italiano, il francese e il britannico. Il modello italiano, si è detto, è in continua evoluzione, per via della natura concordataria.
Lei ha ricordato il gradino più basso della piramide in tema di libertà religiosa, di chi parliamo e di quali numeri?
Chi si trova a essere sotto la tutela della legislazione del 1929, prima di potersi avvicinare a una Intesa, deve riuscire a ottenere un riconoscimento giuridico. Questo è un primo passo, ma anche un primo scoglio. Dunque, le confessioni religiose che si trovano alla base piramidale spesso sono costrette a intraprendere un lungo cammino per ottenere il riconoscimento istituzionale. Parliamo di milioni di persone, a esempio le due confessioni di origine immigrata e che sono parte integrante, e viva, del nostro tessuto sociale: l’Islam e la comunità ortodossa romena. Quest’ultima conta circa 1.700.000 membri, la prima circa 1.400.000. Durante la pandemia, a esempio, è emersa con forza la necessità di giungere al più presto a una legge quadro. Tra le difficoltà emerse c’era quella di riuscire a trovare luoghi per le sepolture rituali per accogliere le salme dei credenti musulmani; e ancora, garantire l’assistenza spirituale nelle carceri e negli ospedali. Alcune leggi regionali in passato sono intervenute per dirimere controversie, ma talvolta in modo arbitrario. Una legge quadro nazionale potrebbe certamente inquadrare e fissare principi fondamentali in materia di libertà religiosa eliminando alla radice le attuali anomalie.