Soffrire con chi soffre

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici, dalle volontarie e dai volontari, di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Roma ed è stato scritto da Barbara Battaglia, dopo l'udienza del Papa con i corridoi umanitari.

Roma (NEV), 20 marzo 2023 – Suleiman fa il grafico e il tatuatore. Vive al Pigneto, a Roma, in un appartamento condiviso con altri ragazzi. Fadi tra pochi giorni discuterà la sua tesi di laurea magistrale in architettura e vorrebbe continuare a lavorare in ambito universitario. Mi parla del progetto che ha elaborato, un piano urbano per integrare la nuova stazione di una grande città del Nord Italia. Vorrebbe continuare a vivere a Roma. Entrambi di nazionalità siriana, parlano ormai benissimo italiano. La prima volta che li ho incontrati erano arrivati da poco in Italia, quattro anni fa, ed erano stati accolti inizialmente in Sicilia. “Una vita fa”, ci diciamo. Accanto a loro Samaneh e Hussein, arrivati invece dal Pakistan solo pochi mesi fa, a luglio del 2022, dopo essere scappati dal loro Paese natio, l’Afghanistan. Entrambi vivono e studiano nella capitale. Sorridono, questi quattro giovani, sono vestiti eleganti, emozionati per l’appuntamento che li attende, a pochi passi da piazza San Pietro. Sono solo alcune delle persone accolte in Italia dalla Federazione delle chiese evangeliche (FCEI) attraverso il progetto dei corridoi umanitari, un programma ecumenico, nato e realizzato cioè grazie alla collaborazione tra più chiese cristiane insieme, ovvero dalla chiesa cattolica, con Sant’Egidio e Caritas, tra gli altri, e chiese protestanti, cioè Tavola valdese – l’ente che ha sottoscritto i protocolli d’intesa ministeriali che rendono possibili i corridoi, insieme alla FCEI, appunto – con il contributo dell’Otto per mille valdese e l’accoglienza della Diaconia valdese. Persone coinvolte in questo progetto umanitario che mette insieme tante voci, non solo chiese ma anche realtà della società civile, come Arci e Caritas, e che a vario titolo, chi perchè è stato accolto, chi perchè ha accolto, sono state in udienza dal Papa, sabato 18 marzo. Perchè “L’accoglienza è il primo passo per la pace“, ha detto il Pontefice.

Il Papa, dopo aver reso merito ai corridoi umanitari e a quello che rappresentano, ha voluto ricordare le vittime di Cutro:“Quel naufragio non doveva avvenire – ha detto – e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta”. E sono 87 le persone morte domenica 26 febbraio a Steccato di Cutro, l’ultimo cadavere è stato ritrovato proprio sabato scorso, recuperato dai sommozzatori della Capitaneria di porto di Crotone, era un uomo di circa quarant’anni di età.

Uno dei modi, non l’unico certamente ma uno tra i diversi, già sperimentato e replicabile, ampliabile, per evitare le stragi nel Mediterraneo è costituito dai viaggi sicuri dei corridoi umanitari, i cui costi, in Italia, ricordiamolo, sono sostenuti fino ad oggi per la quasi totalità dalle chiese e dalla società civile. “Non si tratta dell’ingenuo slancio caritatevole di anime pie o virtuose – ha dichiarato il pastore valdese Daniele Garrone, presidente della FCEI, intervenuto dopo Daniela Pompei di Sant’Egidio e prima delle testimonianze di alcuni beneficiari dell’iniziativa -, mosse da un sentimentalismo irrealistico. Noi pensiamo sia una delle ragionevoli risposte, che anche gli Stati dovrebbero adottare, a un problema che interpella anche la qualità di quelle democrazie costituzionali basate sulla tutela dei diritti umani a cui il nostro continente è approdato avendo alle spalle tragedie del tutto simili a quelle che oggi costringono uomini e donne alla fuga, che partono perchè non hanno altra prospettiva se non quella di soccombere […] Oggi ci rallegriamo con voi; per il resto, continuiamo a fare la nostra parte per chi ancora è nel pianto”.

Al termine dell’udienza, dopo il suo intervento, Francesco, Papa Bergoglio, viene circondato dall’affetto dei presenti – più di 5mila persone, forse 7mila. Tutti lo vogliono salutare, abbracciare, farsi una foto con lui. I più piccoli gli vanno incontro, alcuni lo abbracciano. Un bambino gli regala un pupazzo di Spiderman. Il Papa sorride, ascolta, stringe le mani, riceve i doni che gli porgono, disegni, lettere, è su una sedia a rotelle quando scende dal palco in mezzo alla platea e viene accompagnato da poche persone, c’è il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, accanto a lui, passa attraverso alcune file di sedie e poi al centro dell’Aula Nervi, sorride, si ferma a parlare con le persone.

Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della FCEI, era in prima fila e ha potuto salutare il Pontefice da vicino: “L’ho salutato e gli ho detto “Sono delle chiese evangeliche, della comunità valdese”, lui mi ha guardato, ha fatto un segno di approvazione e ha detto “coraggio, andate avanti”, racconta, al termine di questo incontro che è stato per lei “un’emozione davvero grande”.

 

 

 

 

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