Carsten Gerdes. Fede e speranza per il futuro della Chiesa luterana

Intervista al Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia alla chiusura del XXIII Sinodo

Il Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI), pastore Carsten Gerdes

Catania (NEV/CELI), 2 maggio 2023 – Alla chiusura del XXIII Sinodo della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI), abbiamo fatto alcune domande al Decano, pastore Carsten Gerdes.

Qual è il suo bilancio di questo Sinodo?

Il bilancio che posso tracciare del Sinodo appena concluso è, da un lato, semplice da riassumere: i lavori sono terminati un’ora prima del previsto. Quindi possiamo dire di non aver avuto criticità particolari nella discussione. D’altra parte devo riconoscere che su almeno un paio di questioni avremmo potuto e forse dovuto decidere in maniera più chiara. Del resto, però, la discussione generale non ci ha guidati in questa direzione.

Nella sua relazione introduttiva, ma anche nella sua intervista pre-sinodale sul settimanale Riforma, c’è un profondo messaggio pastorale. Lei ha affermato, ad esempio, che “spesso ai credenti si chiede conto della loro fede, e altrettanto spesso chi lo fa non vede che anche le vite di coloro che reputano la fede incomprensibile, o persino inutile, sono costruite su fondamenta che devono ancora dimostrare la loro sostenibilità”. Cos’è secondo lei la “sostenibilità della fede”?

Certamente la risposta a questa domanda può cambiare da persona a persona. Per quella che è la prospettiva della mia vita, realizzo che è un bene che non tutto dipenda da me, dalle mie possibilità: mentali, del pensiero, delle condizioni di salute.
Voglio dire che il fondamento che so di avere va oltre me stesso: fin dal mattino, dalla lettura di un verso della Bibbia e dal confronto che posso fare con questo testo. Anche quando dico una preghiera, pur sapendo che in quel momento non succederà quel che desidero, so che posso confidare in qualcuno, oltre me, che mi ascolta e che non deve rispondere come io voglio. Fede sostenibile è affidarsi e fidarsi di Dio.

Spesso ci si sente frustrati di essere da soli nella diaspora: in realtà al Sinodo sono venuti molti ospiti da tante parti d’Europa e da tutta Italia. Una dimostrazione del fatto che non siamo soli. Quindi, come è questo sentirsi minoranza?

Io provengo dal nord della Germania. Da quelle parti, ancora, la maggioranza dei cristiani è evangelico, è protestante. Perciò l’esperienza della CELI, di una chiesa nella diaspora, è una esperienza nuova per me. Nuova e intensa. Mi accorgo tuttavia, nei miei incontri con altre chiese di minoranza, che noi “piccoli” possiamo imparare l’uno dall’altro. Incoraggiandoci reciprocamente. Dandoci una mano. Siamo tanti piccoli granelli che insieme formano, infine, un’opera. Questa è la mia visione e speranza. Una visione che mi solleva quando mi sento piccolo e solo.

Quindi, alla fine, “siamo sale”…?

È vero. Tanti piccoli granelli di sale che insieme formano un mucchio di sale. Attenzione però: non sempre ci serve un mucchio. Talvolta bastano piccoli granelli sparsi: sono già efficaci nella loro forza di essere granelli.

Intervista a cura di Gianluca Fiusco ed Elena Ribet. Si ringrazia Georgia E. Betz per la traduzione dal tedesco.


Per approfondire:

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Speciale NEV Sinodo luterano 2023