Roma (NEV), 16 maggio 2023 – L’Italia ha finito tutte le risorse per l’anno 2023. E siamo solo a maggio. Si chiama overshoot day e significa il “giorno del superamento”. La Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) interviene con un testo in occasione di questo triste primato, non solo italiano.
Il 15 maggio l’Italia, insieme alle Bahamas e al Cile, si classifica tra i primi 29 paesi che hanno raggiunto l’overshoot, ovvero la data in cui le risorse messe a disposizione dal pianeta per l’anno in corso sono esaurite. Solo 4 mesi e due settimane dall’inizio dell’anno, confermando il trend del consumo della biocapacità del 2021 e 2022, replicando quindi un modello che ormai da più di vent’anni riteniamo inaccettabile: produzione, consumo, produzione, consumo…. Il dato ancor più preoccupante è che l’impronta ecologica del nostro paese non è tra le peggiori.
Dietro a noi altri 28 paesi, davanti altri 33 con una impronta ecologica migliore o con una maggiore biocapacità, con in testa la virtuosa Jamaica che andrà in overshoot il 20 dicembre.
Quel che è scoraggiante è che dei 28 paesi che ci precedono, 15 sono europei, accompagnati da Canada, Stati Uniti d’America, Australia, Giappone, Russia, Israele, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi e un paio di paesi notoriamente ‘poveri’. Stiamo parlando quindi di quella parte di mondo dove si concentra tutta la ricchezza finanziaria del pianeta, quel mondo detto ‘evoluto, civilizzato, emancipato’ e ricco ma a cui, aggiungeremmo, sembra mancare visione e prospettiva.
Di fronte a questa realtà paradossale e difficile da invertire, oggi non vogliamo puntare l’attenzione sulle abitudini del singolo individuo che continuamente richiamiamo alla consapevolezza, quanto piuttosto rivolgerci alle responsabilità dei Governi, guardare alle politiche di quei Paesi che come il nostro dichiarano di declinare in termini di sostenibilità le opportunità che provengono dai finanziamenti, nello specifico per esempio il Piano nazionale di ripresa e resilienza (P.N.R.R.) che muove ingenti capitali.
Come sappiamo, esso è focalizzato nella “digitalizzazione, rivoluzione verde, transizione energetica, mobilità sostenibile”, formalmente nel rispetto della sostenibilità sociale e ambientale che comporta il rispetto e l’adozione di misure di vigilanza nel settore degli appalti riguardo alle infiltrazioni mafiose e le regole dei ribassi, ma occorre vigilare sia sull’impatto delle singole opere e il loro consumo di suolo, sia, a monte, sulla loro necessità e utilità per il bene comune.
Vigilare dunque sui progetti che si andranno a realizzare e porre massima attenzione nel settore finanziario, accendendo un semaforo rosso su quelle imprese, industrie, fasce di commercio particolarmente energivore. Non possiamo continuare a far generare loro profitti su promesse di conversione che in realtà sono operazioni di greenwashing, di apparenza.
L’obiettivo della mitigazione (e a maggior ragione dell’adattamento) rispetto al giorno della saturazione della biocapacità e al cambiamento climatico non basta. Occorre essere più ambiziosi entrando nel merito delle scelte di politica industriale e urbanistica per aumentare da un lato la biocapacità e ridurre dall’altro l’impronta ecologica.
Non arrendiamoci, continuiamo a credere che il cambiamento è possibile e che, come urlano i giovani Friday’s nelle piazze, non esiste un pianeta B, ricordando che lo scorso anno abbiamo modificato l’articolo 9 e 41 della Costituzione, per rafforzare il diritto al benessere delle generazioni a venire. Un significato amplificato per i credenti, dove generazione è l’intero Creato.
La Commissione GLAM