Roma (NEV), 25 maggio 2023 – Pubblichiamo la traduzione dell’intervista esclusiva al Segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), pastore Jerry Pillay.
Pastore Pillay, lei è appena tornato da una visita con il Patriarca Kirill a Mosca; può dirci lo scopo dell’incontro?
Il Consiglio ecumenico delle chiese, attraverso il suo Comitato centrale e anche nell’ultima Assemblea generale, ha espresso molto chiaramente la volontà di fare il più possibile per affrontare la questione della guerra in Ucraina. Lo scopo principale della visita con il Patriarca Kirill è stato di parlare della guerra e della posizione della Chiesa ortodossa russa in relazione ad essa. Inoltre, abbiamo affrontato il tema dell’unità della famiglia ortodossa, perché abbiamo visto chiaramente all’interno del CEC come la questione della guerra e le sue diverse prospettive abbiano iniziato a compromettere l’unità delle Chiese ortodosse e a creare delle difficoltà al movimento ecumenico globale. Il nostro compito è di affrontare queste questioni specifiche per cercare di capire come possiamo andare avanti.
Alcuni potrebbero criticare il fatto che lei abbia incontrato il Patriarca, viste le attuali circostanze e le
Sono consapevole che alcune persone, tramite i social media, hanno espresso delle serie preoccupazioni per il fatto che abbiamo scattato delle foto con il Patriarca Kirill, ben conoscendo la sua posizione sulla guerra. Questo può anche essere vero e certamente rispetto le opinioni espresse. Tuttavia, voglio dire chiaramente e con forza che il CEC non può permettersi il lusso di stare seduto e non fare nulla. C’è una guerra in corso e dobbiamo lavorare incessantemente per la pace. Dal momento che la Chiesa ortodossa russa è un membro del CEC, abbiamo il diritto e l’obbligo di visitarla, di ascoltarla e, naturalmente, anche di contestarla sulla sua particolare posizione in merito alla guerra. Non possiamo invece permetterci di stare seduti e fare i critici da “poltrona”. Dobbiamo lasciarci coinvolgere.
Di cosa ha discusso con il Patriarca Kirill?
Nel nostro colloquio ho sollevato quattro importanti questioni. Primo, la guerra in Ucraina: abbiamo detto con forza che la guerra deve finire. Abbiamo visitato l’Ucraina. Abbiamo visto ciò che sta accadendo alle persone, la perdita di vite e di beni. Abbiamo visto come questa guerra sia insensata, sia in termini di scopo sia per la tragica perdita di vite umane. Questo è davvero inaccettabile. Gli abbiamo riferito ciò che abbiamo visto e abbiamo detto che dobbiamo lavorare per la cessazione di questa guerra.
Il secondo luogo la delegazione del CEC ha espresso preoccupazione per la famiglia ortodossa e per la sua unità. In Ucraina e Russia i cristiani ortodossi sono in gran numero. Gli ortodossi possono svolgere un ruolo molto significativo e avere una forte influenza nel rispondere alla situazione attuale. Possono parlare contro la guerra, possono parlare a favore della pace. La famiglia ortodossa e la sua unità sono essenziali in questo senso. Pertanto, ci siamo concentrati con forza sul fatto che dobbiamo riunire la famiglia ortodossa in unità.
In terzo luogo, abbiamo discusso il ruolo che le Chiese possono svolgere nel portare unità, nell’opporsi alla guerra e porre fine a quanto sta accadendo.
Infine, abbiamo parlato della possibilità di una tavola rotonda, una tavola comune attorno alla quale proseguire il dialogo, in quanto chiese che ricercano liberamente l’unità tra loro, per lavorare efficacemente alla ricerca della pace nel contesto dell’Ucraina e della Russia.
Ci può descrivere come si è svolto il dialogo e in che atmosfera?
Il Patriarca ci ha accolti molto bene, e gliene sono molto grato. Ha accolto con favore l’impegno del CEC e la sua missione di pace. Abbiamo condiviso un grande scambio di informazioni. Naturalmente, non è stato un incontro facile perché abbiamo affrontato temi e prospettive difficili. Quindi, è stato duro, molto coinvolgente e molto impegnativo, ma in uno spirito molto cordiale come cristiani che cercano di capire e discernere insieme la strada da seguire. I temi sono complessi e quindi le discussioni son state inevitabilmente difficili.
L’incontro è iniziato con una presentazione del Patriarca che ha sostanzialmente esposto il suo punto di vista. Ha parlato innanzitutto della sua preoccupazione per gli attacchi ai cristiani in tutto il mondo. In secondo luogo, ha parlato della questione dell’unità della famiglia ortodossa e delle sue preoccupazioni per le crescenti tensioni. Per quanto riguarda la situazione in Ucraina, ha attribuito la colpa ad alcuni settori ed ambiente, il che è ovviamente discutibile; Ha quindi parlato, in particolare, della questione della tavola rotonda, esprimendo alcune riflessioni al riguardo. Infine, abbiamo discusso su come approfondire la questione.
Avete parlato del ruolo e delle responsabilità della Chiesa ortodossa russa nella guerra?
Nell’incontro con il patriarca, oltre ai quattro punti che ho già elencato, ho ribadito che il CEC ha ripetutamente condannato e deplorato l’invasione illegale e ingiustificabile dell’Ucraina. Non è stata una conversazione breve abbiamo parlato per due ore e mezza. Sono a conoscenza di un video in circolazione nel quale viene ripresa la presentazione del Patriarca; ciò che manca però è la risposta del CEC ai punti sollevati dal Patriarca Kirill. Nel tempo dell’incontro abbiamo avuto la possibilità di mettere sul tavolo, con decisione, ciò che pensiamo sulla situazione della guerra e sull’unità della famiglia ortodossa.
Come ha accolto il Patriarca l’idea di una tavola rotonda con le chiese ucraine quest’anno?
La delegazione del CEC ha già incontrato la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa di Ucraina. Abbiamo proposto l’idea di una tavola rotonda e loro si sono dimostrati molto interessati a parteciparvi. L’idea della tavola rotonda è di far discutere il primo giorno le Chiese ucraine, il secondo giorno la Chiesa ortodossa russa e il terzo giorno riunirle tutte insieme per discutere i problemi della guerra e lavorare insieme per ripristinare l’unità della famiglia ortodossa. La risposta delle chiese ucraine è stata molto buona, così abbiamo proposto la stessa cosa alla chiesa ortodossa russa. Il Patriarca, pur riconoscendo il potenziale del CEC e il suo ruolo di costruttore di ponti, ha espresso preoccupazioni circa la possibilità di una tavola rotonda, concentrandosi in particolare sulla questione di altre influenze esterne. In particolare, ha menzionato la questione degli Stati Uniti. Ha detto che se non risolviamo questo tipo di questioni e influenze, sarebbe difficile arrivare a una tavola rotonda. Ma, come ho detto al Patriarca, il compito del CEC non è quello di farsi coinvolgere nella politica, anche se questa è necessaria per trovare soluzioni pacifiche a problemi reali. Non abbiamo un’agenda politica e crediamo che la Bibbia ci chiami alla pace. Il nostro mandato è quello di adempiere alla volontà del Dio, Uno e Trino, di portare la pace nel mondo. Gesù Cristo è il principe della pace e ci chiama a lavorare per la pace, a vivere in pace gli uni con gli altri. Quindi, dobbiamo mettere le Scritture davanti a noi per poter mettere da parte la politica e il nazionalismo. Questi ultimi, per quanto importanti, non sono i nostri punti di partenza. Come capire effettivamente ciò che la Scrittura ci chiama a fare? Cominciamo a pensare spiritualmente. Cominciamo a pensare come persone di fede. Apriamo le Scritture e chiediamoci cosa Dio ci chiama a fare, prima di farci influenzare da altre forze. Serviamo un Dio giusto che chiama tutti i credenti a lavorare per una pace giusta. Il CEC vuole e chiede una pace giusta! Alla fine, la discussione è giunta a un punto in cui il Patriarca ha potuto dire che la Chiesa ortodossa russa avrà un dialogo interno mentre noi, come CEC, continueremo a lavorare sul documento concettuale per riunire la tavola rotonda. Questa è un’indicazione positiva in termini di strada da percorrere. Mi aspetto e spero che tutte queste cose, alla fine, si uniscano fine per arrivare agli obiettivi che cerchiamo di i raggiungere.
Lei ha visitato l’Ucraina e la Russia in una settimana. Cosa porta con sé come segretario generale del CEC?
Penso che una delle cose di cui ci siamo resi conto è che non esistono soluzioni rapide. I problemi sono complessi. Non cambierà da un giorno all’altro; la guerra ci accompagna da oltre un anno. La mia preoccupazione principale è la crescente spaccatura che si registra tra le chiese ortodosse, che deve essere affrontata. Credo che quando parleremo di questo, e se avremo una voce sola, come Chiese, allora potremo parlare nel contesto della guerra e a tutte le autorità che continuano a perpetuare questo conflitto inutile. Come segretario generale del CEC, mi rendo conto che ci vorrà tempo, pazienza e disponibilità a camminare con le persone coinvolte. Le questioni sono ampie e complicate per una serie di motivi. Non è solo una questione di interpretazioni spirituali e religiose, ma c’è un grande sentore di interferenze e interventi politici. E, purtroppo, la cosa più triste per me è che le chiese tendono a essere più attratte dal nazionalismo che dal messaggio del Vangelo.
Prego che davvero arrivi il giorno in cui potremo vedere innanzitutto ciò che Dio ci chiama a fare. Prego che sapremo rimanere fedeli alla chiamata di Dio nel contesto in cui viviamo, che sia in Ucraina o in Russia, o in qualsiasi altra parte del mondo.
Vorrei aggiungere un altro: l’importanza di garantire che anche le donne facciano parte delle delegazioni e dei processi che cerchiamo di mettere in moto. Il CEC è molto attento alla partecipazione di donne, giovani e persone con disabilità, e giustamente! Questa volta abbiamo dovuto mettere insieme una delegazione piuttosto in fretta; abbiamo scelto le persone in base al ruolo e alla funzione e, purtroppo, sono tutti uomini. Faremo in modo che questo non accada in futuro.
Quali sono i passi successivi alle visite in Ucraina e in Russia?
Mi rendo conto che ci sono molte chiese che si occupano della situazione in Ucraina. Vorrei che potessimo unire i nostri sforzi in modo da avere un’unica voce essere; questo potrebbe darci forza in termini di testimonianza. So che anche la Chiesa cattolica romana si sta impegnando in alcune missioni di pace, e questo è ben accetto e necessario, e so anche che altre Chiese stanno facendo iniziative simili. Spero che il CEC possa essere una piattaforma attraverso la quale lavorare tutti insieme per affrontare la situazione attuale dalle nostre rispettive tradizioni ecclesiali, ma anche rendendoci conto degli elementi. Per qual che riguarda i passi successivi, ora abbiamo incontrato sia le Chiese dell’Ucraina sia la Chiesa ortodossa russa. Abbiamo chiesto loro di impegnarsi nel dialogo e ora, in qualità di segretario generale, le contatterò per ottenere un loro impegno definitivo per il processo di dialogo. Una volta ottenuto questo, organizzeremo una tavola rotonda. Stiamo lavorando a un documento concettuale che integrerà i diversi punti di vista propostici nelle varie visite. Vedremo se c’è un accordo sul luogo in cui il dialogo potrà svolgersi, su chi ne farà parte e sull’agenda della discussione. Speriamo di organizzare la tavola rotonda nell’ottobre di quest’anno, ma si terrà il prima possibile. Speriamo che ci sia al più presto un consenso sulla tavola rotonda e che da lì parta il processo iniziale di dialogo. Siamo consapevoli che non si tratterà di un unico evento. Si tratterà di iniziare una discussione che continuerà.
Vuole condividere qualche commento finale?
La comunione delle chiese del CEC ci ha detto chiaramente, attraverso l’Assemblea, che non possiamo rimanere in silenzio o inoperosi. Dobbiamo impegnarci ad affrontare la questione dell’Ucraina, così come altre guerre e conflitti in altre parti del mondo. Poiché stiamo parlando specificamente dell’Ucraina, il mandato è di continuare a lavorare su questo tema. Vorrei dire alle nostre chiese membro e a tutti coloro che sono partner del Consiglio ecumenico delle Chiese: continuate a pregare per le persone in Ucraina e in Russia. Pregate che questa guerra finisca. Pregate affinché i passi che stiamo facendo per l’unità della famiglia ortodossa e delle chiese si concretizzino. Pregate affinché restiamo fedeli al Vangelo in tutti questi sforzi, in modo da poter davvero guardare a un mondo che parli della giustizia di Dio e della pace nei luoghi dove viviamo. Il mio commento finale è: continuiamo ad andare avanti. Non arrendiamoci mai. Ci saranno sempre voci di critica, e questo lo accettiamo; ma non lavoriamo sulla base dell’emotività e non critichiamo standocene seduti su una poltrona. Tutti noi stiamo lottando come popolo di Dio. Stiamo lavorando insieme per trovare soluzioni a problemi difficili e complessi. Soprattutto quando siamo di fronte a una guerra, è nostro diritto e responsabilità di cristiani e di persone, dire “quando è troppo è troppo”. Fermiamo tutto questo e lavoriamo per la pace!
Intervista curata da Marianne Ejdersten e Susan Kim.