Roma (NEV), 27 giugno 2023 – Quali risposte hanno dato le diverse religioni alla pandemia? Come hanno reagito i culti di fronte all’emergenza e alla gestione della stessa, alla malattia, alla paura, alla morte di tante persone?
Si è svolto questa mattina a Roma, alla biblioteca di Palazzo San Macuto, presso la Camera dei Deputati, l’incontro di presentazione del volume “Religioni e pandemia in Italia. Dottrina, comunità e cura”, a cura di Emanuela Claudia Del Re e Paolo Naso (Rubbettino Editore).
Dopo il saluto del senatore Luciano Malan, Mariangela Falà, già presidente dell’Unione Buddhista Europea, vice presidente dell’Unione Buddhista Italiana e presidente della Fondazione Maitreya, ha sottolineato come il Covid abbia mostrato “la nostra fragilità, e di fronte a questo la responsabilità di tutti e dei culti in particolare, che significa compassione, aiuto”.
Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, già presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana durante il periodo della pandemia, dopo aver ricordato la strategia attuata dal suo governo durante quel periodo, ha chiosato: “Abbiamo scoperto la vulnerabilità come individui e società”.
Sul fronte delle comunità di fede,
Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ha evidenziato come la pandemia sia stata una lente di ingrandimento di problemi anche pre esistenti che sono sostanziali per le comunità di fede.
Yassine Lafram, Presidente nazionale
UCOII (Unione delle comunità islamiche italiane), a proposito di difficoltà, ha ricordato che “In Italia ci sono solo cinque moschee architettonicamente riconoscibili e 1217 sale di preghiera”. Il tema dei luoghi di culto quindi: “c’è bisogno di una legge ad hoc, perchè noi non sappiamo come costruire una moschea in Italia, al momento dobbiamo negoziare con gli amministratori locali”.
L’integrazione dei musulmani, secondo il rappresentante dell’UCOII, “passa attraverso il rispetto e la dignità dei luoghi di culto”. Lo stesso valga per la questione delle sepolture, resa più complessa per le aree islamiche nei cimiteri. “Per noi la pandemia non è ancora finita”, ha concluso Lafram.
Anche gli induisti vivono una situazione analoga per quanto riguarda i luoghi di culto. Lo ha spiegato
Svamini Shuddhananda Ghiri, monaca induista rappresentante dell’Unione Induista Italiana, alludendo al “senso di responsabilità e senso di unione” esperiti nel periodo della crisi sanitaria. Inoltre, la società ha attraversato “il tema della morte vissuto spesso come un tabù. I riti funebri invece hanno una grande importanza, questa è stata una ferita per le comunità induiste – ha spiegato -, la difficoltà di non poter accompagnare i morti, come anche accaduto per tante persone, a partire da medici e infermieri”. Da qui la necessità di “non perdere l’empatia” verso gli altri e verso il mondo.
Paolo Naso, docente di Scienza politica alla Sapienza di Roma, uno dei curatori del testo presentato oggi nel dibattito moderato da
Ilaria Valenzi, della
rivista e centro studi Confronti, si è chiesto al termine dell’appuntamento se “è possibile che, dal post pandemia, esca uno sguardo nuovo, molto pragmatico, verso le comunità religiose?”.
La Rappresentante speciale dell’UE per il Sahel Emanuela Claudia Del Re, l’altra curatrice del volume su religioni e pandemie, ha auspicato infine che si arrivi a “una società giusta, di diritti, un mondo in cui ci sia la capacità di riconoscersi nelle differenze”.