Roma (NEV), 13 settembre 2023 – Sono 79 le donne ammazzate da inizio anno. Non sono cadute sul lavoro, per malattia o per incidenti, ma per mano di uomini, spesso ex mariti o ex compagni. Per non parlare degli stupri. I numeri della violenza maschile non cambiano, nonostante il cosiddetto “Codice rosso” sia in vigore da quattro anni (parliamo della Legge per la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere del 19 luglio 2019, n. 69).
“La strage in Italia continua, mentre il governo si muove soprattutto con una logica repressiva e sulla spinta emotiva di terribili fatti di cronaca. Ad esempio, quelli di Caivano che stanno portando a un inasprimento delle pene per i più giovani. Nel mentre il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri in data 7 giugno 2023 – in cui sarebbero previste norme più rigorose per contrastare il fenomeno dei femminicidi – non chiarisce dove saranno presi i finanziamenti per sostenere quanto in esso previsto. E cioè come e quando verranno formati magistrati specializzati in materia e se vi sarà un maggior sostegno finanziario ai centri antiviolenza, che a me pare essere un elemento imprescindibile”. Lo ha dichiarato la pastora Mirella Manocchio, presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI).
Da quanto accaduto dal 2019 – data di approvazione del “Codice Rosso” – ad oggi, prosegue Manocchio, “pare chiaro che agire preminentemente sul lato punitivo e securitario non sia sufficiente per aggredire il fenomeno. E non produce effetti a lungo termine”.
La FDEI continua a ribadire che “la violenza sulle donne e il femminicidio sono la punta dell’iceberg di un fenomeno strutturale della nostra società. Sono l’espressione estrema di una cultura patriarcale che attanaglia sia le singole coscienze, senza esclusioni di classe sociale, sia le istituzioni, come si nota da alcune motivazioni di giudici che assolvono o riducono la pena per atti di violenza sulle donne addossando a costoro la colpa. Più o meno come accadeva nel passato. Ci sembra che poco o nulla sia cambiato in merito alla questione culturale su cui poggiano e di cui vivono atteggiamenti pregiudizievoli e lesivi, discriminazioni e violenze contro le donne. Possesso e predominio, non accettazione del diverso in tutte le sue espressioni, sono alla base di questa mentalità. Riteniamo che, invece, si debba partire dalle famiglie e dalla scuola, dai luoghi di lavoro e di socialità per operare un cambiamento radicale! Noi donne evangeliche che ci riconosciamo nella FDEI non possiamo accettare questo status quo. Pertanto, ci siamo impegnate fra l’altro a far ripartire in Italia la campagna del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) dei ‘giovedì in nero’, per sensibilizzare in primis anche le nostre chiese al tema. Inoltre, stiamo lavorando per sviluppare materiali di studio (ad esempio il libretto dei 16 giorni contro la violenza che uscirà a ottobre). Nei prossimi mesi, inoltre, organizzeremo incontri territoriali, convegni e collaborazioni”.
La FDEI propone iniziative specifiche sul tema delle discriminazioni e dei ricatti sessuali in ambito lavorativo. Sul fronte educativo, la FDEI sostiene percorsi di formazione per minori e adulti nelle chiese, con l’obiettivo di dare attenzione alla giustizia di genere e al rispetto delle donne e di ogni persona nella sua unicità.
Cosa altro si può fare, concretamente? Abbiamo chiesto un commento anche a Manuela Vinay, responsabile Otto per mille alla Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi. “La categoria ‘contrasto alla violenza di genere’ è una di quelle per le quali riceviamo, ahimè, molte richieste di supporto – ha detto Vinay -. Nel 2022 abbiamo finanziato 40 progetti per lo più di centri antiviolenza che, come sappiamo, sono un punto di riferimento fondamentale per le donne che subiscono violenza. Oltre agli aspetti legati a come sottrarre le donne dalla situazione di violenza, i centri sono importanti anche per le opportunità che riescono a dare. Dal permettere alle donne di rifarsi una vita, alla possibilità di una nuova situazione abitativa dignitosa e sicura. Finanziamo inoltre anche delle organizzazioni che lavorano sul recupero di uomini che hanno maltrattato le donne. Siamo particolarmente convinti che serva anche questo tipo di lavoro. La violenza sulle donne è frutto di una mentalità maschilista legata all’idea del possesso. Finché non lavoreremo per sradicare questo paradigma non riusciremo ad uscirne”.
“Codice rosso”
La Legge per la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere n. 69 ha inasprito le pene. Ad esempio, sono previsti fino a 14 anni di carcere per la violenza sessuale di gruppo. Sono aumentate anche le aggravanti, come quelle per reati commessi su minori. Inoltre, il Codice rosso prevede tempi più rapidi e procedure più efficaci per le denunce. Infine, introduce 4 nuove fattispecie di reati.
Delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate. Pena: carcere fino a 6 anni e multe fino a 15mila euro.
Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso. Il reato è sanzionato con la reclusione da 8 a 14 anni o con l’ergastolo in caso di morte della vittima.
Costrizione o induzione al matrimonio. Anche se il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia. Pena: carcere fino a 5 anni.
Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Pena: carcere fino a 3 anni.
Molte donne, fra l’altro, non sanno di poter chiedere l’avvocato gratuito da parte dello Stato. Come spiega Valerio de Gioia, giudice penale del Tribunale di Roma su Donna Moderna: “Va ricordato che non è obbligatorio avere un legale per sporgere denuncia come persona offesa. Inoltre, a prescindere dal reddito, si ha diritto al patrocinio a spese dello Stato. È l’unica categoria di reato, quella per violenza di genere e domestica, per cui c’è questa possibilità”.
La violenza è “manifestazione strutturale della disparità di potere tra uomini e donne”
Prima ancora che entrasse in vigore, il Codice rosse aveva ricevuto diverse critiche. Poco si è fatto per la prevenzione della violenza e per stanziare risorse a tutela delle sopravvissute. “Le obiezioni sostanziali espresse nel corso delle audizioni non sono state prese in considerazione da un testo governativo blindato, che riflette una percezione della violenza contro le donne come fenomeno emergenziale da affrontare esclusivamente con misure penali e securitarie. Nonostante i fatti dimostrino ampiamente che si tratta di una manifestazione strutturale della disparità di potere tra uomini e donne” aveva dichiarato Lella Palladino, presidente dell’Associazione Donne in rete contro la violenza (Dire).