Roma (NEV), 31 ottobre 2023 – di Gabriele Bertin –
Contrasti. Il verde delle foreste e degli alberi, il rosso della terra che costituisce le strade, l’azzurro dell’oceano le cui onde segnano un ritmo cadenzato, e infine il grigio, di un cielo quasi sempre coperto da nuvole e gonfio di pioggia, ma anche il grigio di strutture di cemento che si rivelano poi essere strutture ricettive, o chiese, che sorgono in mezzo a questa tavolozza di colori, quasi fossero cadute lì per sbaglio. Le luci e il traffico della capitale, Abidjan, rispetto al buio e alla quiete della zona più periferica di Jacqueville. Questa è stata la mia prima impressione arrivato a Jacqueville, sul versante atlantico della Costa d’Avorio, in occasione della dodicesima Assemblea Generale della Comunità di chiese in Missione (CEVAA), una comunità che raccoglie trentacinque chiese protestanti in tutto il mondo, legate in mondo diverso alla storia missionaria ed ora riunite da più di cinquant’anni in un progetto di ridefinizione stessa dell’idea di missione. Come tradizione, ogni Assemblea viene ospitata da una delle trentacinque chiese della Cevaa, alternando il continente europeo con quello africano. Dal 2018 a Douala in Camerun che non veniva organizzata una Assemblea in presenza, a causa delle limitazioni della pandemia. In questa alternanza di luoghi, come nei racconti che emergono dall’incontrare persone provenienti da zone differenti, colpisce come in molte delle chiese di altre zone del mondo, il cristianesimo non stia subendo un calo e una secolarizzazione, ma al contrario, sembra essere in crescita, o almeno così ha mostrato l’EMUCI (Eglise Methodiste Unie de la Cote d’Ivoire).
Il locale di culto di Jacqueville non è nemmeno finito, quattro mura di cemento, senza pavimento, senza arredamento interno, salvo una croce sul fondo della parete e delle sedie di plastica che si aggiungono o tolgono all’occasione. Ma non è quella la chiesa: la chiesa è la comunità variegata che si riunisce ogni domenica riempiendo lo spazio con corpi di età diverse, colori diversi, voci diverse che esplodono nel canto comunitario e nella danza come segni di ringraziamento e di lode. Una vitalità che, apparentemente, sembra in contrasto con una forma liturgica e di preghiera molto classica e strutturata, che però, non si chiude allo stravolgimento proposto dal pastore che guida la funzione. Un ruolo, quello pastorale, che vive di una forma di rispetto differente da quella a cui sono abituato. Un rispetto, però, incontestabile, che mette subito in luce una gerarchia di poteri che permettono il mantenimento di un ordine. Se da un lato, però, il cristianesimo sembra non subire le fragilità europee, dall’altro viene da interrogarsi quale tipo di cristianesimo sia quello che continua a crescere. Figlio delle missioni del Novecento, con tutta la portata di violenza, imposizione, sradicamento perpetrato nel tempo, questo ha assunto una forma che mi sembra più vicina a quella delle chiese di carattere carismatico, che può generare spaesamento nel modo in cui si legge ed interpreta la Bibbia, un richiamo forte e chiaro all’idea di santificazione personale e alla divisione dei ruoli nella chiesa e nella società. E questo, è stato l’ennesimo contrasto dal quale farmi interrogare: come si riescono a tenere assieme chiese con storie, visioni, prospettive e teologie così differenti e spesso, anche in contrasto? Questa, per me, è la Cevaa. Uno spazio dove si tocca con mano la pluralità delle dimensioni e delle direzioni che prende la fede, dove si deve rinunciare all’idea di una risposta assoluta e universale. Certo, l’esercizio più faticoso, è quello di sapersi aprire alla pluralità, e farsi interrogare e anche far scomodare da questi contrasti, invece di chiudersi nel perimetro limitato anche della propria esperienza, tanto di fede, quanto di vita.
In questo, credo, la Cevaa possa essere uno spazio che insegna la necessità al giorno d’oggi, di uscire dalla facilità delle risposte preconfezionate, semplicistiche che separano le cose in due, rinunciando alla complessità. La Cevaa, intendendo la propria vocazione come comunità di chiese, si pone come antidoto alla visione colonialista e razzista che, purtroppo, ancora oggi abita molte delle nostre realtà, delle nostre parole, delle nostre teologie incapaci di sostare nei contrasti e di farsi accrescere da essi.
Gabriele Bertin, pastore valdese presso le chiese di Taranto, Grottaglie e Brindisi, è presidente del Comitato italiano della CEVAA.
Per approfondire: articolo di William Jourdan da Riforma.it, “Abitare la creazione in un modo differente” 26/10/2023
CEVAA
La CEVAA organizza incontri, assemblee e seminari in varie parti del mondo. L’organismo è presente in 24 paesi e 4 continenti. Su www.chiesavaldese.org/riserv/cevaa/cevaa.php si possono scaricare i due manuali di animazione teologica. Disponibili su richiesta anche l’ultima raccolta di testi di fede della Chiesa Universale “Allarga la tua tenda”, le precedenti, la raccolta di canti e preghiere “50 ans ensemble” pubblicata per il mezzo secolo della CEVAA (2021).