Roma (NEV), 11 dicembre 2023 – Si è tenuto la scorsa settimana a Milano l’incontro “Storie e memorie tra due continenti. La fede, il lavoro, l’impegno nella società delle donne migranti”. Organizzato e promosso dalla Federazione femminile evangelica valdese e metodista (FFEVM), esso ha visto la partecipazione e la testimonianza di diverse donne, italiane e migranti. Alcune hanno raccontato la propria storia di inserimento nella chiesa e nella società italiana. Ghana, Filippine, Italia. Un intreccio di esperienze e condivisioni, di parole, canti e immagini. Racconta la presidente FFEVM Gabriella Rustici: “Il numero delle sorelle di origine non italiana era inferiore a quello delle italiane, tuttavia i racconti sono fluiti e circolati nel gruppo, tra commozione e risate. Due in particolare hanno testimoniato la solitudine, lo spaesamento e il coraggio al momento dell’arrivo in Italia, tra brave persone che aiutavano e cattive persone che non rispettavano gli accordi presi. Un punto fermo era stata la chiesa, come immediata appartenenza riconoscibile e, nel tempo, comunità”.
Il “viaggio”, prosegue Rustici, “può essere anche interiore. Le donne italiane hanno narrato di vocazioni e ricerca, di famiglie miste, di decisioni. Per tutte, di qualsiasi provenienza, e anche per le pastore presenti, la parola ricorrente per definire l’arrivo nella chiesa è ‘casa’. Sentirsi a casa, senza con ciò negare le difficoltà e consapevoli che quello che la comunità ti offre va portato anche fuori. L’augurio è di non perdere il filo che ci ha unito in questa occasione, di stare in rete, per essere presenti nella chiesa e nella società con la tenacia e la tenerezza, e con l’allegria di queste ore insieme”.
Donne tra bibbia e attualità
Alla pastora Mirella Manocchio, presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI), sono state affidate una meditazione biblica e le conclusioni. Con un intervento intitolato “Donne tra bibbia e attualità”, Manocchio ha esordito parlando della pellicola iraniana intitolata “Kafka a Teheran”, un film in nove episodi al cui centro era ogni volta un semplice cittadino che si doveva confrontare con istituzioni, burocrazia, forze dell’ordine e persino con imprenditori ottusi o fortemente condizionati dalla legge coranica. “Tanti tasselli per comporre un mosaico istituzionale, sociale e culturale costrittivo e abbastanza distante dalla nostra realtà – ha detto Manocchio –. Eppure vi era uno di questi episodi che io e le mie amiche abbiamo sentito fortemente vicino al nostro contesto sociale. Una giovane donna si trova ad un colloquio di lavoro in una azienda e viene molestata dal futuro possibile datore di lavoro – insinuazioni, domande personali e intime, e l’invito neanche troppo velato a svestirsi – tanto che la giovane decide di andarsene. In un mondo così lontano da noi, dove tutto sembra differente e distante, un fenomeno rimane il medesimo: le dinamiche di prevaricazione, le molestie, fino al ricatto sessuale contro le donne”. Manocchio ha quindi sottolineato come il filo rosso della violenza contro le donne unisca sia l’ambito “privato”, all’interno delle famiglie, sia quello pubblico. Insomma, “non solo l’approccio patriarcale e sessista è più o meno lo stesso a qualunque latitudine ci troviamo e in qualunque contesto viviamo, che sia uno abbastanza secolarizzato oppure altro fortemente condizionato da una visione religiosa, ma è pure poco cambiato rispetto a quello presente nei testi biblici”. Manocchio ha poi proposto una rilettura di Numeri 12,1-10. A partire dalla figura di Miriam, sorella di Mosé e profetessa, la pastora ripercorre alcune figure e storie femminili della Bibbia, il loro ruolo cruciale nella storia di Israele, ma anche alcune contraddizioni: “Se volessimo rimanere legati a quanto dice il testo, questo non potrebbe farci riflettere su alcune dinamiche di potere e di esclusione che si verificano anche tra noi donne? […] Siamo coscienti che per scardinare certi schemi di potere, di disuguaglianza e di ingiustizia dobbiamo guardare anche a noi stesse? […] Cosa sarebbe accaduto se Miriam avesse guardato alla moglie di Mosè come una sorella, invece che come una straniera da soggiogare ed escludere?”
‘And ai’nt a woman? – Non sono una donna, io?’
Mirella Manocchio ha quindi fatto un piccolo salto nel passato più recente, all’epoca delle sufraggette. “Nel 1851, alla Convention di Akron, dove è riunito il movimento femminile americano per ottenere il diritto al voto, giunge una donna nera, l’unica presente, che con il permesso della presidente Frances Dana Gage, pronuncia a braccio uno dei discorsi più importanti della storia dei diritti civili negli Stati Uniti ‘And ai’nt a woman? – Non sono una donna, io?’. É la predicatrice metodista, Sojourner Truth, al secolo Isabelle Baumfree, ex schiava e madre di 13 figli.
All’epoca ella girava gli States predicando l’evangelo, profetizzando e proclamando l’uguaglianza dei diritti per tutti gli esseri umani. ‘É una strega, è pericolosa’ dicevano tanti, uomini e donne. ‘Per favore non lasciarla parlare, rovinerà tutto!’ mormoravano molte donne del movimento femminile, ma Sojourner parlò aprendo una nuova storia anche per il movimento femminile non più fatto di sole donne bianche e altolocate. Ebbene alcuni dei discorsi e degli scritti di Sojourner furono raccolti da Frances Gage negli anni successivi e fu proprio grazie alla sua trascrizione e revisione che il discorso ‘And ai’nt a woman’ ebbe risonanza nazionale e rimase nella storia americana dei diritti civili. Un bell’esempio di sorellanza”.
Infine, la pastora Manocchio ha evidenziato come il XXIII Congresso FDEI abbia preso atto della scarsa presenza di sorelle di origine africana, sudamericana o asiatica nel movimento: “Questo ci ha fatto chiedere se avessimo fatto tutto il necessario perché le sorelle migranti potessero partecipare a questo importante momento di conoscenza, riflessione, preghiera e sorellanza. La risposta è stata no. Per questo abbiamo deciso di lavorare insieme per fare di più e questo incontro è un primo passo in questa direzione”.
L’incontro si è tenuto lo scorso 3 dicembre presso la chiesa metodista di Milano via Lambertenghi ed è sostenuto, fra l’altro, da fondi dell’Otto per mille della chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi.