Poteri. La ministra itinerante Lidia Maggi ne ha parlato a Rimini

immagine tratta dalla locandina della rassegna Io sono l'altro, Rimini 2023/2024

Roma (NEV), 18 marzo 2024 – La teologa, pastora battista e ministra itinerante Lidia Maggi è intervenuta lo scorso mercoledì a Rimini sul tema dei “poteri”. La conferenza si è svolta nell’ambito di una rassegna di sette incontri promossi dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose interdiocesano “Alberto Marvelli”*.

Quali sono state le parole chiave e i concetti principali del suo intervento?

Il mio intervento si è sviluppato sulla parola “potere” come sostantivo e come verbo. Le due parole hanno concezione diversa nella lingua italiana: il sostantivo “potere” si rifà ai poteri negativi, mentre il verbo “potere” ha a che fare con l’autorevolezza e le possibilità. Ci sono diversi modi di dire “potere”. Proprio per questo abbiamo provato a parlare dei “poteri”, al plurale, per far sì che questi poteri venissero nominati.

Nella Bibbia si distinguono diversi poteri. C’è il potere economico, che opprime e crea disparità. C’è il potere politico (l’esodo ne è il paradigma per eccellenza, con questa idea di potere che schiaccia e che chiude). Abbiamo anche parlato del patriarcato, quel potere che interseca la società, ma anche le relazioni private. Esso si intrufola nella famiglia e fa sì che le donne siano silenziate. Insomma si è provato a nominare questi poteri e a vedere come la Scrittura li mette in scena e li racconta.

Come si possono superare le dinamiche dei poteri?

Abbiamo provato a vedere come questi poteri possano essere redenti. Per il potere economico abbiamo parlato del giubileo, questa riforma agraria che porta alla distribuzione della terra per far ripartire l’economia, cosa che forse noi abbiamo troppo spesso spiritualizzato. Quindi, abbiamo raccontato le situazioni di condivisione, prima fra tutte quella della chiesa delle origini. Parliamo di una condizione che fa sì che non ci siano poveri, perché i beni vengono distribuiti. Per quanto riguarda il potere patriarcale ho provato a fare diversi esempi, per far vedere la strategia biblica per rimettere sottosopra il patriarcato. Dal dare voce a chi è stata silenziata, a raccontare il protagonismo delle donne, ma anche, a volte, riscrivendo una storia totalmente altra.

Nel Cantico dei cantici, ad esempio, viene narrata una storia d’amore che riesce a sottrarsi e a mettere in scena ruoli sociali ben diversi da quelli del patriarcato. C’è questa ragazzina intraprendente e protagonista, molto attiva rispetto alla figura maschile, che invece sembra più reticente, più cauta. È lei che prende l’iniziativa, lei che lo va a cercare, lei che ha lo spazio più ampio di parola, che è consapevole del suo piacere e del suo corpo. E infine, c’è anche il fatto che viene rappresentata una storia d’amore clandestina in un contesto in cui il matrimonio era fortemente viziato dal potere del patriarcato.

Quando e come, secondo lei, il termine “potere” ha iniziato ad assumere una connotazione negativa? E in quali contesti, invece, si è cercato di rivendicarne anche le connotazioni positive?

Io non so quando e come il potere è diventato negativo, ma quello che so è che la Bibbia mette in scena questo potere negativo e lo interroga. Lo fa con il linguaggio del mito, di racconti sapienziali. Tali racconti hanno proprio la funzione di dire che continua ad accadere, che quei meccanismi di potere perversi creano disparità economica e sociale. E che l’interdipendenza diventa dipendenza, sottomissione e silenziamento.

La Bibbia di per sé è anche un libro interessante per quanto riguarda la storia del potere, perché racconta la storia dei perdenti e fa questo atto sovversivo di raccontare la storia di chi non ha potere. Parla di Dio che ascolta il grido di Abele, che ascolta il grido dei silenziati in Egitto, di Dio che ascolta il grido delle donne. Addirittura, non soltanto la Bibbia mette in scena una storia che non è quella di chi ha il potere di raccontarla, ma questa storia diventa parola di Dio, per cui la storia dei perdenti, dei sommersi, delle vittime, diventa la storia di Dio.

Questo è importante perché, forse, il primo modo di resistere al potere passa attraverso il potere di raccontarsi, il potere di far udire la propria voce. Qui subentrano tutte quelle riflessioni che sono state fatte in serata sul potere positivo: sul potere di essere riconosciute, di essere riconosciuti, sul potere di imparare, sul potere di studiare.

Ci siamo soffermati, a questo proposito, sulla scena di Maria, la sorella di Marta ai piedi di Gesù. Spesso interpretata come una scena di sottomissione, in realtà lì c’è la trasgressione di una donna che si prende il diritto di imparare, di studiare ai piedi del maestro.

Cosa le è piaciuto di più del seminario e come valuta questa esperienza?

Sono tante le cose che mi sono piaciute, per esempio il fatto che sia stato un gruppo di insegnanti a organizzare questo ciclo di parole chiavi. Poi, il fatto stesso che si siano scelte delle parole, per poter suggerire che si può fare un percorso. Infine, anche la modalità con la quale è stata gestita la conferenza. C’era una clessidra e avevo il tempo della clessidra per fare il mio intervento. Dopodiché sono state raccolte in un’ampolla suggestioni, domande e riflessioni e ne sono state scelte una decina. Da quelle siamo ripartiti per interloquire. Mi è piaciuto questo tentativo di pensare a una esposizione meno frontale, che desse potere all’assemblea.


*La conferenza di Lidia Maggi si è tenuta lo scorso 13 marzo presso il Teatro del Seminario nell’ambito della rassegna organizzata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose interdiocesano “Alberto Marvelli” di Rimini e di S. Marino-Montefeltro, grazie all’impegno dell’équipe Pardēs, formata da docenti e amici/che dell’ISSR. La rassegna culturale si intitola “Io sono l’altro / In-dipendenti: dipendere per essere unici”.


Programma-IN-DIPENDENTI.pdf (issrmarvelli.it)