Roma (NEV), 27 marzo 2024 – Che cosa vuol dire essere valdese, oggi? In occasione degli 850 anni dalla nascita del movimento valdese, insieme a Radio Beckwith (RBE) e a Riforma, abbiamo interrogato diversi esponenti di questa comunità, chiedendo loro di spiegare in modo semplice, sintetico, a parole loro, questa appartenenza. Giovani e meno giovani, provenienti da ogni regione d’Italia, pastore e teologhe, o anche “semplici” cittadini. Ecco le loro risposte.
Protagonista della quarta “puntata” è Gabriele Bertin.
Per me essere valdese significa essere parte di una storia che parla di fede, una fede che non resta immutata nel tempo ma che si evolve, che si allarga, così come lo spazio della tenda di cui ci parla il profeta Isaia (54,2). Una storia anche civile fatta di libertà conquistate, di affermazioni rivendicate, di diritti, oggi da spendere per tutti e per tutte. Perchè se le libertà e i diritti non sono per tutti e tutte, allora non sono libertà, non sono diritti, ma sono privilegi.
Per me essere valdese vuol dire essere capace di dare valore alla singola persona, con la sua storia, la sua maniera di vivere la fede e allo stesso tempo però vuol dire anche sapere di essere parte di una comunità che si allarga e dove assieme ci si interroga, ci si riconosce reciprocamente e si agisce con uno sguardo consapevole e attento a ciò che ci circonda.
E infine essere valdese per me vuol dire avere anche uno sguardo critico ed interrogativo a partire dal modo in cui leggo la Parola, dal modo in cui questa mi interroga e mi tocca, alle modalità con cui sto nelle relazioni della chiesa e un’attenzione anche alle relazioni e alle dinamiche nelle quali sono inserito come uomo, ma anche nelle dinamiche in cui ci inseriamo tutti e tutte, come uomini e donne, come cittadini e cittadine, come persone accomunate da una stessa fede.
Le altre “puntate” qui: Essere valdesi oggi Archivi – Nev