Libri. 21 storie d’amore. La Bibbia come non te l’aspetti

Roma (NEV), 3 aprile 2024 – Riportiamo l’adattamento dell’intervista a Maria Teresa Milano andata in onda domenica 31 marzo su Radio 1 RAI, durante il Culto evangelico (dal minuto ’12 ”50), il programma radiofonico prodotto dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Maria Teresa Milano è autrice del volume “21 storie d’amore. La Bibbia come non te l’aspetti” (ed. Sonda).


Ventuno storie, quarantaquattro personaggi: coppie come Abramo e Sara, fratelli come Mosè, Aronne e Miriam, triangoli amorosi come quello che coinvolge le sorelle Lea e Rachele e il patriarca Giacobbe; ma anche genitori e figli come Anna e Samuele, compagni di predicazione come Gesù e Giuda. C’è davvero tanto nel suo libro, tanta Bibbia e tante storie. Tutto questo desta l’interesse di un pubblico protestante. La prima domanda riguarda il suo rapporto con la Bibbia che lei, scrive nel libro, ha iniziato a leggere quand’era ancora molto piccola…

Maria Teresa Milano

Sì, ricordo da bambina quelle Bibbie per l’infanzia, illustrate e colorate. Ero affascinata da quei racconti, mi facevo domande che all’epoca per me erano molto importanti – stiamo parlando degli anni dell’asilo, della scuola dell’infanzia. Per esempio, come aveva fatto Noè a sopravvivere 40 giorni e 40 notti sull’arca e a nutrire tutti quegli animali, o come aveva fatto Mosè ad aprire le acque del Mar Rosso. Insomma, un racconto che a me sembrava davvero epico e mi incuriosiva. Al tempo stesso, però, sentivo che qualcosa non mi veniva raccontato: c’erano troppe domande che rimanevano aperte e gli adulti un po’ facevano finta di niente! Quell’interesse mi ha poi accompagnata nel tempo.

Quali altre strade ha preso questo suo interesse per le Scritture?

Sono cambiate le domande, è cambiato il mio approccio e il tipo di lettura. Per molti anni ho letto la Bibbia soprattutto nell’ambito dei gruppi giovanili di cui facevo parte. Poi la grande svolta all’università, seguendo il corso di ebraico con il professor Paolo Sacchi: un approccio molto laico al testo, il rigore della filologia. Sono così sorte domande ancora differenti e approcci diversi che mi hanno messa di fronte al testo in modo più oggettivo, con un interesse molto forte per la lingua ebraica e per il significato delle parole. E’ nato un interesse per la cultura nel contesto storico in cui quei testi sono nati e poi ancora, lungo gli anni, quando ho deciso di farne una professione, sono arrivate altre domande, ancora differenti, perché appunto il testo cambia con noi. Sostanzialmente, noi cambiamo e con il passare del tempo, grazie anche alle esperienze che abbiamo fatto e all’approfondimento degli studi, cambiano le nostre domande e troviamo sempre qualcosa di nuovo.

Veniamo al libro. Come è nato il progetto delle 21 storie e da quale punto di vista le ha volute esplorare?

L’idea del libro è nata dopo molti anni di corsi tenuti sia presso la Facoltà teologica [di Fossano (Cn), n.d.r.], sia corsi privati a cui si sono iscritte moltissime persone di varie provenienze, di preparazione culturale e accademica differente. Molte non avevano mai preso in mano la Bibbia nella loro vita, dimostrando però una grande curiosità verso questo libro ponendo domande davvero importanti che mi hanno portata ad esplorare ancora altri spazi del testo. Mi sono resa conto, lungo gli anni, che il testo stesso, la Bibbia, è la storia di una grande relazione. Il racconto inizia all’insegna del numero 2: la creazione inizia con beth, cioè con il numero 2; tutto è doppio, anche l’essere umano al momento in cui viene creato. La Bibbia è una storia di tante relazioni, non solo quella del popolo con Dio. Anzi, è molto interessante vedere che, in realtà, l’individuo e il popolo costruiscono una relazione con Dio proprio a partire dal vivere le relazioni con gli altri esseri umani. Con moltissime sfumature: come dico sempre, la Bibbia ha raccontato già tutto, in essa noi troviamo tutto quello che è possibile che ci succeda nella vita! Riusciamo a specchiarci nei suoi personaggi e, soprattutto, ritroviamo i legami primari, i legami che creiamo nel corso della vita. La mia idea era un po’ questa: raccontare l’esistenza all’insegna di queste tante relazioni che poi, appunto, ci caratterizzano.

C’è un elemento comune a tutte queste storie, dei fili conduttori che lei ha notato?

Le illustrazioni del libro sono di Alice Negri

Ho individuato alcuni principi fondamentali nella narrazione biblica: responsabilità, libertà, scelta e, parlando in senso stretto delle relazioni, l’assoluta necessità di una reciprocità. Queste relazioni mostrano davvero mille sfumature diverse, mille concretizzazioni differenti. Tuttavia, quando c’è unilateralità la relazione non funziona.

Vi sono tanti uomini quante donne nelle 21 storie, una parità difficile da trovare in un ambito, come quello religioso, che rimane spesso rinchiuso nelle strutture patriarcali della tradizione. Una cosa interessante che lei dice è che alle donne a rendere ingiustizia non è il testo biblico ma l’interpretazione del testo…

Sì, ne sono assolutamente convinta. Penso che il testo spesso ci dica l’esatto contrario di ciò che ha invece trasmesso l’interpretazione. I testi risalgono a un’epoca in cui vigevano leggi tribali e la società era chiaramente patriarcale, ma proprio per questo motivo le figure femminili descritte nella Bibbia sono a maggior ragione straordinarie: ci raccontano di donne indipendenti, forti, che hanno diritto di parola. Non è il testo a legittimare il patriarcato, è invece la lettura che ne è stata fatta nei secoli successivi che evidentemente aveva altri obiettivi e che ha voluto leggere altro. Nel testo ci sono diverse relazioni assolutamente paritarie e donne molto importanti, molto potenti. Una volta qualcuno mi ha detto: bisogna cercare le storie delle donne con il lanternino. Non è affatto così! Si tratta di leggere le storie di uomini e donne e delle relazioni che si istaurano tra loro. Non è questione di operare una sorta di lettura ribelle o di voler rivendicare qualcosa; si tratta invece di leggere la storia dell’umanità così com’è, e l’umanità è maschile e femminile. Nella Bibbia donne e uomini fanno la storia insieme.

Nel libro si scoprono cose interessanti, magari mai notate. Per esempio, lei ci racconta che Micol, la moglie di Davide, è l’unica donna nella Bibbia a dire esplicitamente “Io amo quest’uomo; io amo Davide”, piuttosto avviene il contrario. Abramo e Sara sono la prima coppia che dialoga: Adamo ed Eva non parlano tra loro, Caino e Abele non parlano tra loro, Abramo e Sara invece sì… e poi ci racconta di Davide, un vero macho che non conosce la reciprocità. Quale storia o storie l’hanno coinvolta di più?

Sono molte le storie che mi hanno coinvolta. In tutte parto da elementi molto oggettivi: lo studio della lingua, il contesto e, poi, mi piace spaziare nella letteratura, nella musica e attingere a qualche riferimento filosofico. In tutto questo lavoro emergono domande che sono soprattutto le mie, soggettive. Il lettore, la lettrice si faranno poi le domande che sono loro proprie. Molte storie mi hanno colpita in modo particolare in diversi momenti della vita, a seconda di quello che stavo vivendo; poi nascono domande nuove che al momento della scrittura non c’erano. Così, direi, tra tutti i personaggi, quello che ho potuto guardare con occhi davvero diversi è Maria. Di Maria mi è stata consegnata lungo gli anni un’immagine molto pesante, molto distante, molto eterea. Nonostante io sia un’ebraista, quindi non avessi intenzione di cimentarmi con il Nuovo Testamento perché non ho le competenze accademiche per farlo, mi è stato chiesto di provare a mettermi di fronte ad alcuni personaggi che il testo mi ha restituito diversi dall’immagine che ne avevo. Maria adesso mi piace molto di più, l’ho vista sotto un’altra luce, e lo stesso posso dire per Maria Maddalena. Personaggi che prima non avevo mai studiato, che, come direbbe Giobbe, conoscevo solo per sentito dire, hanno assunto una fisionomia diversa: sono stati una bella scoperta!