Giovani metodisti internazionali: costruire una nuova giustizia

Foto per gentile concessione della Chiesa metodista

Roma (NEV), 21 agosto 2024 – articolo di Irene Abra sulla Convention giovanile metodista mondiale tenutasi subito prima della Conferenza mondiale.


Dal 9 al 12 agosto 2024 si è tenuto il Seminario Internazionale dei giovani metodisti organizzato dal Consiglio Metodista Mondiale in collaborazione con Equmenia, l’organizzazione ecumenica giovanile della Chiesa Metodista Unita di Svezia.

L’incontro di quest’anno ha avuto il sostegno della Comunità di Taizé per la cura pastorale grazie al Fr. Paolo e del Consiglio generale dei Ministeri globali.

Si è trattato di un evento unico per la leadership globale dei giovani e dei giovani adulti metodisti per incontrarsi e rafforzare le reti al di là dei confini nazionali o regionali con l’obiettivo di dialogare sulle sfide attuali della società.

Foto per gentile concessione della Chiesa metodista

Le discussioni hanno affrontato questioni relative a migrazioni, pace, semplicità, l’amore di Dio per tutti, ecumenismo. Il gruppo ha riflettuto sulla propria esperienza con il tema della conferenza di quest’anno: “In movimento”.  I partecipanti, provenienti da diverse parti del mondo, hanno espresso la loro visione e posto riflessioni sul nostro futuro come Chiesa e sulla direzione verso cui ci stiamo dirigendo riguardo l’affrontare le sfide di oggi, soprattutto in materia di costruzione della pace, giustizia e riconciliazione.

In questo incontro sono stati analizzati i diversi contesti e le peculiarità delle nostre chiese. In tempi di disuguaglianza, ingiustizia sociale, politica ed economica e crisi climatica, è fondamentale riflettere sul nostro ruolo come chiese nella società odierna.

Il tema delle migrazioni ha portato alla luce diversi temi. Purtroppo non sempre le chiese sono un luogo di accoglienza ma bensì luoghi in cui si riflette il pensiero della società su temi politici e sociali riguardo migranti, discriminazione e razzismo.

Esteban, della Chiesa metodista del Cile, riassume la sua esperienza:

“Questa attività mi ha dato la possibilità di incontrare metodisti di tutto il mondo, con le nostre particolarità, esperienze e necessità. È un momento di crescita e di rinnovamento della nostra spiritualità. Pensare e lasciarsi pensare, credere nella santità sociale e avere una voce di fronte all’ingiustizia ovunque”.

Ohdy, della Chiesa metodista della Corea del Sud, ha riassunto la sua esperienza:

“Partecipando a questo seminario per giovani, ho potuto ascoltare in prima persona le sofferenze che ogni Paese subisce. Anche se non si trattava di sofferenze che ho vissuto direttamente, sono stata in grado di immedesimarmi nella loro sofferenza perché la loro lingua e il loro cuore mi hanno raggiunto direttamente. Credo che empatizzare con la sofferenza degli altri sia la cosa più dignitosa che possiamo fare come esseri umani. E questo anche perché è ciò che Gesù Cristo desiderava che facessimo: amare la vita. Se amare la vita significa avere empatia con la sofferenza altrui, allora dobbiamo naturalmente ascoltare le voci di coloro che soffrono nel mondo e fare sforzi sostanziali per alleviare le loro sofferenze. Il mio e il nostro desiderio di sempre è che lo spirito di Cristo si diffonda in tutto il mondo”.

Come famiglia metodista globale dobbiamo riunirci e impegnarci a porre fine alla complicità nelle migrazioni forzate e nelle ideologie del colonialismo, e riflettere sulla chiamata che Dio ci pone nelle Scritture, essere solidali con i migranti e i rifugiati e a impegnarci nella preghiera e nel discernimento per la Conferenza Metodista Mondiale.

È stata un’esperienza arricchente e incoraggiante vedere giovani come me con la capacità e la passione di affrontare tematiche riguardo la giustizia economica e sociale, valorizzando e apprezzando le nostre differenze in un periodo in cui i conflitti sono alla luce del giorno anche nelle nostre comunità. I giovani non solo rappresentano il futuro delle nostre chiese, ma anche il presente ed è fondamentale che ci sia un’equa rappresentazione dei giovani nella Chiesa e avere uno spazio in cui ognuno di noi possa essere ascoltato.

Irene Abra