Oltre le frontiere. Bernardini: “garantire diritti, desideri e autodeterminazione”

Roma (NEV), 24 agosto 2024 – Ieri, 23 agosto, si è tenuto l’incontro della Diaconia valdese dal titolo “Oltre le frontiere”. Giunto alla sua 16^ edizione, “Frontiere diaconali” è un appuntamento consolidato che precede l’imminente Sinodo delle chiese metodiste e valdesi. Quest’ultimo aprirà ufficialmente i battenti domani, domenica 25 agosto, a Torre Pellice (TO). L’incontro rappresenta un’opportunità annuale per riflettere sulle numerose iniziative promosse dalla Diaconia valdese, l’organismo che coordina le attività sociali dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi.

Fra gli ospiti anche Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope (MH), il programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

Bernardini ha aperto il suo intervento con un ringraziamento collettivo e ha sottolineato tre punti importanti: “La preziosa collaborazione che c’è da anni tra Diaconia e Federazione, principalmente per i Corridoi umanitari, ma non solo. Il tema delle frontiere, centrale nell’impegno e nella presenza di MH: dalla Bosnia al Libano, passando per la Sicilia – Scicli e Lampedusa – e per le campagne in Calabria e recentemente della qui vicino Saluzzo. Infine, i dieci anni di MH”.

Gli anniversari, ha detto la coordinatrice, sono sempre “un momento prezioso per fare dei bilanci e immaginare nuove prospettive”. A questo proposito, il 24 ottobre a Roma sarà l’occasione per festeggiare in quest’ottica, nell’evento di apertura dell’Assise FCEI.

Bernardini ha poi proposto due spunti di riflessione. quello del lavoro e gli sviluppi oltre i Corridoi umanitari.

“Il tema del lavoro è strettamente legato a quello delle migrazioni e ormai da molti anni MH è impegnata nelle campagne calabresi, nella Piana di Gioia Tauro accanto ai lavoratori braccianti, e da qualche mese anche nel saluzzese – afferma Marta Bernardini –. Il nostro modello produttivo continua a basarsi sullo sfruttamento di forza lavoro razzializzata: persone migranti senza diritti, che lavorano per una paga minima, senza contratti regolari, senza un’abitazione dignitosa. Persone rese volutamente invisibili, anche da politiche che invece di garantire diritti e regolarità, ampliano il bacino di irregolari da cui attingere braccia da lavoro a poco costo. La tragica vicenda del lavoratore Satnam Singh, e molti altri, ha riportato alla luce un fenomeno che è strutturale nel mondo del lavoro. Molto del cibo che mangiamo è cibo di ingiustizia”.

In questo contesto, secondo Bernardini, “una voce e azione protestante è urgente e necessaria”. L’intenzione della FCEI è quella di continuare a offrire spazi di dignità con una rete di ostelli sociali per i lavoratori – come Dambe So in Calabria e, ora, a Saluzzo.

“Le persone migranti sono trattate come braccia da lavoro o come un problema di ordine pubblico: il nostro impegno è quello di garantire un’altra prospettiva fatta di diritti, desideri e autodeterminazione”.

Per quanto riguarda i Corridoi umanitari, invece, dice Bernardini: “le chiese protestanti possono essere orgogliose di essere state pioniere di un progetto così visionario e al servizio di migliaia di persone in fuga da violenze e ingiustizie. I Corridoi umanitari sono un modo per poter arrivare in sicurezza e dignità in Italia, e in Europa, ma non deve essere l’unico”. Per questo, continua la coordinatrice, “La FCEI da tempo riconosce la necessità dell’ampliamento e diversificazione di vie complementari di arrivo e, oltre a continuare a credere nel modello dei Corridoi, si sta impegnando in un programma di mobilità lavorativa per persone rifugiate attraverso un importante progetto europeo di cui siamo capofila, che vede coinvolte numerose organizzazioni e quattro paesi dell’Unione Europea. Porre quindi l’accento non solo sulla vulnerabilità ma sulle opportunità lavorative”. Inoltre, una particolare attenzione va rivolta al modello di “accoglienza comunitaria”/community sponsorship: “Abbiamo lungamente studiato esperienze simili e sviluppato una ‘versione italiana’ che siamo pronte a lanciare, coinvolgendo le chiese, la società civile, associazioni laiche e religiose per la diffusione di una cultura di accoglienza, solidarietà e trasformazione invece che di sospetto, odio e separazione”. Infine, conclude Bernardini: “Se come chiese facciamo la nostra parte non significa che la politica si possa sentire sollevata nel fare la sua. Il mio auspicio è di affrontare insieme queste sfide, ringraziando chi da dieci anni crede e sostiene MH: le comunità, la Tavola Valdese e l’Otto per mille, la Diaconia, e tante persone come operatrici, volontari, membri di chiesa che contribuiscono alla nostra ‘speranza mediterranea’”.


Al convegno hanno parlato anche Mamadou Telly Koulemou, operatore sociale proprio per la Diaconia valdese, che ha portato la sua tragica testimonianza. Giovanna Filosa dell’Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche. Loretta Malan, direttrice dell’area “Servizi inclusione” della Diaconia. Martina Cociglio, coordinatrice attività degli 11 Community Center presenti nelle città italiane. Ha coordinato i lavori il pastore Francesco Sciotto, presidente della Csd- Diaconia valdese.

Leggi il resoconto con tutti gli altri interventi: “Frontiere diaconali”. Mai numeri, sempre persone – Riforma.it