Decreto sicurezza. Una legge insicura che colpevolizza le fasce più deboli della società

Foto di Grant Durr - Unsplash
Il “decreto sicurezza” poggia sulla convinzione che l’inasprimento delle pene faccia calare i reati. Il rischio, legato alla riduzione dello stato sociale, è che chi è ai margini si trovi sempre più escluso

La sicurezza è ormai diventata la parola chiave delle politiche di tutti i paesi del mondo. Un tempo indicava la sollecitudine dello Stato verso le persone esposte ai rischi del lavoro, della salute, della vecchiaia e dei più fragili. Oggi si confonde con l’ordine pubblico, indica nemici da cui difendersi e sceglie come strumenti non più la cura e la protezione ma solo interventi di polizia e pene elevate. Il 18 settembre 2024 la Camera ha approvato un disegno di legge in materia di sicurezza pubblica che ora è in discussione al Senato. Le Commissioni Affari costituzionali e Giustizia stanno procedendo a una serie di audizioni di magistrati, avvocati e docenti universitari.

Alla base di questo disegno di legge c’è la convinzione che più sono severe le pene più diminuiscono i reati. Così vengono aumentate le pene per la truffa (fino a 6 anni di reclusione), per l’accattonaggio (fino a 5 anni), per i reati commessi in danno delle forze dell’ordine (fino a 16 anni per lesioni gravissime); si creano nuovi reati come il blocco stradale e ferroviario che, prima, erano solo illeciti amministrativi; in caso di rivolta in un istituto penitenziario o in un Centro per immigrati irregolari (Cpr) viene punita anche la resistenza passiva. Le donne incinte o madri di bambini fino a tre anni potranno finire in carcere mentre oggi è previsto un rinvio obbligatorio della pena. A tutti gli agenti di pubblica sicurezza (circa 300.000) viene estesa l’autorizzazione a portare senza licenza armi private diverse da quella di ordinanza e, in generale, viene rafforzata la tutela legale delle forze dell’ordine e delle forze armate…

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