Roma (NEV/Riforma), 23 ottobre 2024 – L’intervista al presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Daniele Garrone, a cura del direttore di Riforma, Alberto Corsani.
Chiese attive, mosse dalla Bibbia
Con la festa per i dieci anni di Mediterranean Hope, il programma Rifugiati e migranti della Fcei, si apre giovedì 24 ottobre, a partire dalle 15 al tempio valdese di piazza Cavour in Roma, la III Assise della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, il cui svolgimento sarà poi dislocato a Sacrofano. Come indicazione di riferimento, l’Assise avrà il testo biblico tratto dall’Epistola ai Romani (15, 4): «Accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per la gloria di Dio», L’apertura dell’evento sarà caratterizzata dal culto, presieduto dal prof. Yann Redalié. Al termine dell’incontro su Mediterranean Hope i e le partecipanti si recheranno a Sacrofano, dove i lavori si protrarranno fino a domenica 27, articolati in momenti di assemblea plenaria e lavoro in gruppi (fra gli argomenti di questi ultimi, l’accoglienza reciproca fra le Chiese, l’iniziativa «Fermiamo l’odio» lanciata dalla Fcei il 7 ottobre scorso, la ricerca, fondamentale nel mondo protestante, del “bene della città”, l’ecumenismo). Sull’importante scadenza abbiamo rivolto alcune domande a Daniele Garrone, presidente della Federazione.
Qual è l’indicazione che si è voluto dare all’Assise con la scelta di questo versetto
«La scelta di questa parola biblica vuole esplicitare le motivazioni evangeliche che stanno alla base di quello che è l’impegno più cospicuo e più noto della Federazione, l’aiuto a chi fugge da guerre, oppressione, violenze e, respinto dalla sua terra deve far fronte ad altri respingimenti… Da un lato c’è l’indicativo di ciò che Dio ha operato: in Cristo noi siamo accolti come peccatori perdonati, come “senza Dio nel mondo” (Efesini 2, 11ss.) che Dio non respinge, ma incontra con la sua grazia, lontani ed esclusi che egli raggiunge. Chi di questa inaudita realtà vive, sente allora anche l’imperativo” “accoglietevi…”.
Come sempre, però, una parola biblica risuona autorevolmente al di là delle nostre scelte e intenzioni. Gli “uni” e gli “altri” di cui parla il nostro versetto e a cui l’apostolo rivolge l’invito all’accoglienza reciproca sono membri della stessa giovane comunità di Roma. Il nostro versetto può perciò guidare l’Assise triennale nella sua riflessione non soltanto su ciò che facciamo, ma anche sul vincolo che ci unisce in quanto chiese membro. L’Assise può così essere, per il numero di rappresentanti delle chiese membro che vi convengono con le loro attese, le loro osservazioni e le loro proposte, o anche i loro rilievi critici, un prezioso momento di sosta, davanti a Colui che tutti ci ha accolti e mandati, per riflettere sulla nostra comune vocazione e su come ci accogliamo gli uni gli altri per far fronte al comune impegno».
La Federazione delle chiese evangeliche in Italia è impegnata da tempo in alcuni settori operativi, che sono attivi all’interno del contesto nazionale: quali sono queste aree?
«Tutte le attività svolte nell’ultimo triennio sono in linea con i compiti attribuiti alla Federazione dal suo statuto, al servizio e per conto delle chiese membro: dall’“impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato” al “dialogo ecumenico con altre chiese cristiane”; dalla promozione della conoscenza del pensiero protestante nello spazio pubblico alla vigilanza “sul rispetto dei fondamentali diritti di libertà e uguaglianza e sulla tutela del principio di laicità dello Stato” fino alle “attività di solidarietà… e di tutela dei diritti civili a favore di persone svantaggiate, con particolare riferimento ai rifugiati e migranti”. I compiti sono chiari e vanno svolti tenendo conto del mutare dei contesti e delle situazioni, ma anche degli ostacoli o delle opportunità che si presentano e delle forze disponibili, individuando le priorità e profilando di conseguenza il nostro discorso e la nostra azione. Ci aspettiamo che dall’Assise vengano, per tutti questi aspetti, valutazioni su quanto abbiamo fatto, analisi della situazione che viviamo e indicazioni per il prossimo triennio».
Si festeggiano in apertura i dieci anni di attività di Mediterranean Hope: al di là, e nella stessa linea dell’importante operatività di MH, come parlare di speranza a un mondo disorientato, che sembra avere smarrito i propri riferimenti?
«Al capitolo 15 della lettera ai Romani, subito prima del nostro “motto”, troviamo l’auspicio che “mediante la pazienza e la consolazione che ci vengono dalle Scritture, conserviamo la speranza. Il Dio della pazienza e della consolazione – prosegue il testo – vi conceda di avere un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù…” (vv. 5-6). Ecco ciò di cui abbiamo bisogno per aprirci alla speranza: “pazienza” e “consolazione”. Pazienza, non rassegnazione o sopportazione, ma pacata e fiduciosa attesa di colui che ci viene incontro con ciò che non solo non possiamo realizzare, ma a volte neppure sognare. Consolazione, tramite una parola alta perché altra, capace di portare conforto e guida, perdono e indirizzo. Di questo abbiamo bisogno, sia che stiamo muti perché confusi, smarriti, sia che cerchiamo verbosamente di nascondere la nostra condizione. Se siamo ancora qui come chiese e possiamo ancora guardare con fiducia al futuro è perché questa parola alta e altra non ci è mai mancata. Questa prospettiva può permetterci di guardare con lucidità a noi stessi, ai nostri interrogativi e alle sfide che affrontiamo».
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