Roma (NEV), 12 novembre 2024 – Si è aperto ieri con un convegno inaugurale presso l’Aula Magna della Pontificia Università Gregoriana di Roma il Tertio Millennio Film Festival. L’incontro ha visto la partecipazione di esponenti di diverse tradizioni religiose, che hanno offerto una riflessione sulla condizione umana e sulla responsabilità collettiva verso il futuro.
Al tavolo dei relatori, per parte protestante, il pastore e professore della Facoltà valdese di Teologia Eric Noffke. “Se chiedete a un valdese di riflettere sulla domanda ‘Uomo, dove sei?’ [titolo di questa edizione del Festival, ndr], probabilmente vi risponderà che, posta così, la domanda evoca il sentire di un individuo maschio occidentale immerso in un contesto patriarcale. Ormai da molti anni, infatti, nel nostro contesto culturale e religioso è consolidato l’approccio paritario” ha esordito il pastore Noffke, riferendosi anche al linguaggio inclusivo come cifra formale di una parità che nelle chiese protestanti è anche sostanziale [pensiamo ad es. al pastorato femminile, ndr].
Tuttavia, ha proseguito Noffke, “questo interrogativo contiene al suo interno un’intera visione antropologica, profondamente radicata nella tradizione protestante riformata, che ruota intorno al tema della libertà. L’essere umano è posto nel mondo come creatura libera. Eppure, è nell’incontro con Cristo che scopre di essere figlio, figlia, e non servo. Dio ci lascia liberi, invitandoci a percorrere nuovi sentieri, a esplorare possibilità inesplorate. Quando ci chiede ‘Dove sei?’, non lo fa perché non conosce la risposta, ma perché desidera che noi stessi ci poniamo questa domanda. È un momento cruciale, in cui prendiamo coscienza di essere persone adulte e responsabili, dotate degli strumenti necessari per vivere in autonomia. Dio, che ci ha formato e ci ha donato tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ci lascia andare, ma non ci abbandona, per la nuova vita in Cristo, che non ti lascia solo. Questa libertà implica, quindi, anche fiducia. La domanda ‘Dove sei?’ porta con sé l’assicurazione che, anche nei momenti di smarrimento, Dio è presente. Ci lascia liberi, sì, ma non soli. Quando ci sentiamo persi o lontani, possiamo sempre invocarlo, certi della sua risposta. La libertà che Dio ci dona non è mai priva di accompagnamento. Un terzo elemento che per noi protestanti è fondamentale, in questa domanda, è la sua natura personale. Quando è Dio a fare questa domanda, cosa che implica non solo presenza, attenzione, un amore di fondo, è anche un invito a un esame di coscienza. È una chiamata a riflettere su ciò che siamo diventati, su cosa abbiamo costruito, su come abbiamo vissuto la nostra libertà e le nostre responsabilità. È un momento per chiederci se ci siamo persi, se ci siamo addormentati nel benessere, dimenticando gli altri e il resto del mondo. È una domanda che ci richiama a un dialogo costruttivo, spingendoci a verificare la direzione del nostro cammino”. Ha concluso Eric Noffke: “Dove sei oggi, uomo? Dove sei, donna? È una domanda universale, che risuona anche nel Vangelo di Giovanni, quando Gesù prega per i suoi discepoli e dice: ‘Siete nel mondo, ma non siete del mondo’. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia può essere usata per il bene o per il male, ma le contraddizioni e le sfide rimangono le stesse di sempre. Come cristiani, siamo chiamati a vivere secondo i valori dell’amore che Dio ci ha insegnato, non secondo la legge del più forte o dell’interesse personale. Quindi, questa domanda trova una chiave importante in prospettiva ecumenica: se ci interroghiamo insieme, come credenti di diverse tradizioni, possiamo contribuire non solo al nostro bene personale, ma a quello dell’intera umanità. È un invito a costruire una società fondata su valori comuni, capaci di rispondere alla frammentazione e alla perdita di identità che caratterizzano il nostro tempo. La risposta alla domanda ‘Dove sei?’ è personale e contemporaneamente comunitaria: come stiamo vivendo la comunione, la società, la fratellanza e la sorellanza che ci rendono umani?”.
Gli interventi degli altri relatori.
Adnane Mokrani: la narrazione come chiave per comprendere l’essere umano
Adnane Mokrani, teologo musulmano, ha riflettuto sull’arte come veicolo per interpretare la complessità dell’essere umano, “creatura paradossale” capace di oscillare dall’essere “meglio degli angeli a peggio delle bestie”. La narrazione, presente sia nella letteratura sia nel cinema sia nei testi sacri, offre una prospettiva unica per esplorare l’antropologia spirituale, anche nel Corano, e consente a chi ascolta di diventare parte dell’esperienza stessa. Mokrani ha poi approfondito il concetto di “saper nominare” nell’antropologia coranica, sottolineando come la manipolazione e la menzogna derivino dai falsi nomi e dalla paura. Infine, ha evidenziato il ruolo delle religioni e dell’arte: “Ci sono molti racconti che parlano di fallimenti, gioie, scandali, drammi e guerre. Dove il cielo sembra chiuso, davanti ai bambini che sono il futuro dell’umanità. La religione dovrebbe offrire un senso, un segno della vita, offrendo la speranza di andare oltre quel momento critico, in un futuro possibile umano e divino”.
Dimitrios Keramidas: la deificazione come salvezza e relazione con Dio
Dimitrios Keramidas ha esplorato le attuali visioni antropologiche dal punto di vista ortodosso, concentrandosi sul concetto di deificazione. L’uomo, creato a immagine di Dio, è chiamato a vivere in comunione con il Creatore, poiché l’amore costituisce l’essenza stessa di Dio. La teologia ortodossa propone un percorso che trascende la frammentazione e l’isolamento: un cammino pratico e sociale che supera l’egoismo e si fonda su relazioni autentiche. La vera libertà, ha sottolineato Keramidas, si realizza non nell’emancipazione da Dio, ma nella comunione con Lui, in dialogo critico con la modernità e in chiave profetica.
Swamini Shuddhananda Ghiri: riscoprire l’umanità attraverso la connessione
Swamini Shuddhananda, rappresentante dell’Unione Induista Italiana, ha invitato a riscoprire l’umanità partendo dal rapporto sensoriale e umano, a partire dall’infanzia, soprattutto nell’era tecnologica. Senza demonizzare la tecnologia, ha suggerito che essa debba essere gestita con attenzione, specie nelle fasi di crescita. Ha posto l’accento sull’importanza di affrontare tabù come la malattia e la morte, che ci riconnettono alla vita e all’empatia verso gli altri. Riprendendo concetti dell’induismo, ha spiegato come l’uomo sia una dimora del divino, chiamato a vivere in equilibrio. Lo yoga e l’etica, ha concluso, rappresentano le basi per un cammino spirituale e filosofico che abbracci i valori universali e l’assoluto, andando anche oltre i dualismi. Infine, ha citato alcuni brani sacri e Swami Yogananda Giri, fondatore dell’Unione induista italiana: “sì le bocche che dicono il vero, sì le mani che costruiscono, sì le menti illuminate, sì i cuori pieni di compassione, sì occhi che vedono la bellezza, sì l’amore che tutto abbraccia”.
Massimo Giuliani: l’uomo nel pensiero ebraico contemporaneo
Massimo Giuliani ha esplorato il pensiero ebraico sull’uomo attraverso tre grandi figure: Martin Buber, Abraham Joshua Heschel e Rav Joseph Soloveitchik. Ha analizzato le domande bibliche “Dove sei?” e “Dov’è Abele, tuo fratello?” sottolineando come queste chiamino l’umanità a riconoscere la propria responsabilità etica e relazionale. Citando il Talmud e la tradizione chassidica, ha messo in evidenza la tensione tra la grandezza dell’essere umano come immagine di Dio e la sua fragilità come creatura effimera. Giuliani ha concluso con un richiamo alla responsabilità individuale e collettiva nel custodire e redimere il mondo, citando un detto del Talmud: “Tutto è nelle mani del cielo tranne il timore del cielo”: questa è la responsabilità dell’essere umano, su cui nemmeno Dio può dire qualcosa, perché tocca a noi.
Il convegno è stato introdotto dal prof. Ambrogio Bongiovanni, direttore del Centro Studi Interreligiosi della Pontificia Università Gregoriana, che ha parlato di un umanesimo nuovo per un’ecologia integrale. Sottolineando il valore ecumenico e interreligioso di questa iniziativa, Bongiovanni ha parlato di fede, trascendenza, scienza, tecnologia, tecnocrazia e potere. Ha poi tracciato un quadro delle connessioni fra cultura, storia e ambiente, menzionando le contraddizioni e le distruzioni del nostro tempo: dall’industria bellica e la regressione antropologica, fino a citare Gandhi e papa Francesco. Infine ha richiamato l’urgenza di una “conversione integrale” per affrontare il panorama di violenza e disastro ecologico. Serve, ha affermato, “un umanesimo nuovo, ispirato alla via cristiana della croce, come risposta al disfacimento dei principi fondamentali dell’umanità e del mondo”.
Il dibattito è stato moderato da Paolo Pegoraro. Il convegno è stato organizzato in collaborazione con il Centro Studi Interreligiosi della Gregoriana, coordinato da don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso UNEDI) della Conferenza episcopale italiana, che ha aperto i lavori. Hanno portato i loro saluti, fra l’altro, p. Pino Di Luccio, Presidente Collegio Maximum, Pontificia Università Gregoriana, e Mons. Davide Milani, Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo.
Il Festival, sotto la direzione artistica di Gianluca Arnone e Marina Sanna, prosegue fino a sabato 16 e si concluderà con la premiazione del Concorso da parte della giuria ecumenica, alla quale collabora anche l’Associazione protestante cinema “Roberto Sbaffi”. Per informazioni su programma e proiezioni: Tertio Millennio Film Fest