“Rivive” la Carta di Chivasso del 1943: Europa, federalismo, minoranze

Il documento clandestino immaginava un sistema democratico repubblicano che tutelasse le minoranze linguistiche e religiose, nel rispetto delle differenze e dei territori

Roma (NEV), 5 dicembre 2019 – Si tiene oggi a Torino presso il Consiglio Regionale del Piemonte l’incontro sulla Carta di Chivasso promosso dal Museo regionale dell’emigrazione di Frossasco, con la partecipazione di Valter Giuliano, Filippo Maria Giordano, Albina Malerba e Matteo Rivoira.

La Carta di Chivasso, siglata prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, rappresenta un documento di grande rilevanza politica e sociale.

“Il 19 dicembre del 1943, in un alloggio di Chivasso situato nell’attuale Piazza d’Armi, si tenne un convegno clandestino tra un gruppo di rappresentanti delle popolazioni alpine, aderenti alla Resistenza Valdostana alcuni, provenienti dalle valli valdesi e vicini al movimento Giustizia e Libertà altri – si legge nel comunicato che accompagna l’iniziativa –. Esito conclusivo dell’incontro, il documento meglio noto come ‘Carta di Chivasso’, nel quale si auspicava una particolare organizzazione politica per l’Italia futura, rispettosa delle minoranze e delle tipicità dei territori”.

A redigere la Carta furono il notaio Émile Chanoux e l’avvocato Ernest Page dalla Valle d’Aosta, Osvaldo Coïsson e Gustavo Malan da Torre Pellice, Giorgio Peyronel e Mario Alberto Rollier rispettivamente dell’Università e del Politecnico di Milano.

“Chivasso fu scelta non tanto e non solo perché a metà strada tra i due territori alpini, ma soprattutto perché in loco risiedevano alcuni membri della famiglia Peyronel, disposti dunque a ospitare la pericolosa riunione – spiegano gli organizzatori –. La Carta di Chivasso è uno dei documenti più significativi del periodo della Resistenza perché, partendo da una durissima critica alle conseguenze politiche, culturali ed economiche che il regime dittatoriale fascista ha avuto sulle vallate alpine, postulava la realizzazione di un sistema politico federale e repubblicano. Le forti istanze autonomiste, incentrate su un federalismo a base cantonale o regionale, sottolineavano la rilevanza delle minoranze linguistiche e religiose. L’autonomia nel campo economico e sociale che veniva rivendicata era intesa come lo strumento col quale eliminare gli irredentismi e garantire un futuro di pace all’Europa”.

La parola “federalismo” era alquanto inusuale. “Per i firmatari della Carta di Chivasso – continua il comunicato –, il termine indicava una formazione politica nuova, da applicare anche a livello sovranazionale europeo, al fine di garantire la nascita e la diffusione di sistemi democratici. In questo la Carta si agganciava al pensiero politico risorgimentale di Carlo Cattaneo”.

Considerata come il primo passo nella costruzione delle Regioni, la Carta verrà commentata dagli esperti dal punto di vista linguistico e culturale, concentrandosi sulle eredità politiche del documento, anche a livello internazionale. “La Carta di Chivasso testimonia il possibile incontro tra lingue e culture differenti, il dialogo sul quale costruire forme politiche rispettose delle differenze e delle peculiarità dei territori. In quest’ottica, nel pensiero dei firmatari, il federalismo e l’autonomia non sono da intendersi nei termini della partizione territoriale esclusivista, ma come confronto e scambio continuo con il quale costruire forme politiche nuove di pace e democrazia” conclude la nota. Appuntamento alle ore 17,00 presso la Sala Viglione, in via Alfieri 15.

Per approfondire: riguarda su RaiPlay la puntata di Protestantesimo “Una culla valdese alle origini dell’Europa unita”. A sessant’anni dalla firma dei trattati di Roma, il sogno degli Stati Uniti d’Europa di Mario Rollier. Si parla della Carta di Chivasso a partire dal minuto 18.28.