Diritti. L’impegno del CEC a favore della protezione delle minoranze religiose nel mondo

Roma (NEV), 18 settembre 2013 – Non si può parlare delle minoranze religiose senza mettere al centro la riflessione sui diritti umani. Lo ha affermato ieri Heiner Bielefeldt, relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà religiosa e di coscienza, intervenendo alla consultazione internazionale promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) sul tema “Politicizzazione della religione e diritti delle minoranze religiose”.

Scopo dell’incontro svoltosi a Ginevra (Svizzera) dal 16 all’18 settembre e organizzato dalla Commissione CEC per gli affari internazionali, è la definizione di un documento ad hoc sul tema delle minoranze religiose da presentare ai delegati delle 345 chiese membro del CEC che dal 30 ottobre all’8 novembre si riuniranno a Busan (Corea del Sud) in Assemblea, perché, come ha spiegato il segretario generale del CEC, Olav Fykse Tveit, questo particolare tema riguarda quotidianamente tutte le chiese del mondo. Quello della promozione della libertà religiosa e della protezione delle minoranze religiose è un impegno a lungo termine del CEC, ha spiegato Tveit, che va portato avanti insieme alle istituzioni, alla società civile e alle organizzazioni religiose.

“Esistono regioni del mondo dove semplicemente la diversità religiosa non è un tema, o addirittura un tabù, ha esordito Bielefeldt -. E allora come garantire uguali diritti e libertà a chi crede diversamente o non crede? Come fare per promuovere la diversità religiosa? Innanzitutto ascoltando le persone, perché non si possono definire le minoranze dall’esterno, ma va data loro la libertà di autodefinirsi, di dire chi sono e di cosa hanno bisogno. Il rispetto dei diritti umani e della dignità della persona comincia da qui. Pertanto l’approccio al tema delle minoranze non può che essere di tipo empirico, mai prettamente teologico. A farci da guida in questo processo sono i diritti umani universali, come la libertà religiosa, certo, ma anche la libertà di cambiare religione!”. Bielfeldt ha quindi sottolineato l’importanza di creare spazi per la diversità religiosa evitando tuttavia divisioni o, peggio, l’esacerbazione di frammentazioni già preesistenti: “Si tratta senz’altro di progetti a lungo termine, ma attraverso il dialogo e la comunicazione interreligiosa e con il sostegno delle istituzioni pubbliche, si possono ottenere risultati”. E mettendo l’accento sulla laicità dello Stato Bielefeldt ha detto: “Le istituzioni pubbliche sono necessarie per garantire l’uguaglianza nella diversità, ma devono essere distaccate dalle stesse religioni. Non c’è nulla di sbagliato nella presenza delle religioni nello spazio pubblico e quindi della loro partecipazione al discorso politico. Quello che conta è che lo Stato sia in grado di garantire questa partecipazione a tutti, senza privilegiare nessuno. Altrimenti il rischio è appunto la politicizzazione delle religioni, le cui prime vittime sono giocoforza le minoranze religiose”. E concludendo ha ammonito: “Non dimentichiamo mai che le discriminazioni contro minoranze religiose non sono più o meno gravi a seconda dell’appartenenza religiosa o numerica delle stesse”.