8 marzo, le protestanti. La parola di Marta: “Sorellanza”

In occasione e verso la "Festa della donna" pubblichiamo una serie di brevi interviste ad alcune donne protestanti. A loro abbiamo posto le stesse (8) domande, molto poco teologiche né particolarmente femministe, per raccontare chi sono e cosa pensano. Di genere, di diritti, e non solo.

foto di Veroniki Thetis Chelioti, unsplash.com

Marta Bernardini, operatrice di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della FCEI, valdese.

8 marzo: cosa rappresenta per lei? Lo festeggia? Se sì come? Se no perché? 

Per me l’8 marzo rappresenta una giornata di lotta e di mobilitazione. Il mio modo di “festeggiarlo”, ormai da qualche anno, è di scendere in piazza con altre donne e uomini, insieme al movimento Non una di meno (NUDM). L’anno scorso mi sono unita alla manifestazione a Pisa, quest’anno sarò a Palermo.

La donna che ammira di più.  

Una delle donne che più ammiro è la pittrice Frida Kahlo. L’ho scoperta per caso tra dei libri d’arte quando andavo solo al liceo, prima che diventasse un’icona pop così conosciuta. La potenza della sua arte, dei suoi colori, del suo dolore hanno subito risuonato in me. Trovo che sia un personaggio dirompente: non conformista, coraggiosa ma anche fragile e appassionata.

La suffragetta statunitense Elizabeth Cady Stanton, alla fine del secolo XIX, con altre attiviste scrisse The Woman’s Bible (La Bibbia della donna). Qual è il ruolo della donna, nella sua religione e comunità, dal suo punto di vista, non solo teologico quanto soprattutto per quella che è la sua esperienza personale?

Appartenere alla comunità valdese per me è sempre stato un terreno fertile per affrontare le tematiche di genere. Fondamentale per la mia formazione sono state le riflessioni fatte da generazioni all’interno della FGEI (Federazione giovanile evangelica in Italia), e il contributo prezioso delle teologhe femministe delle nostre comunità protestanti. Essere una giovane donna valdese oggi, per me, significa rivendicare uno spazio (di fede e non solo) dove esercitare il mio diritto alla parità e all’unicità.

Si è mai sentita discriminata o sminuita in quanto donna? 

Mi è capitato di sentirmi svalutata e oggettivata, soprattutto in un’età in cui la mia consapevolezza di donna si stava ancora formando ed ero più vulnerabile. Ma devo dire che più di tutto mi sento messa in discussione quando altre donne vengono, ancora, discriminate e abusate. “Quando lo fai a una mia minima sorella, e come se lo avessi fatto a me”.

“Donne che stanno “un passo indietro”, aborto come frutto di “stili di vita incivili”: sono solo due degli ultimi episodi di sessismo che, al di là delle responsabilità di chi lo esplicita, esiste e permane nel racconto collettivo della società, sui media, nella narrazione dell’attualità. Che cosa ne pensa?

Penso che per mantenere un certo “ordine delle cose” sia necessario perpetuare un sistema di oppressione di alcune categorie di persone: le donne, i poveri, i migranti, la comunità LGBTQ. L’oppressione si manifesta nelle forme più sottili o più eclatanti ma noi, insieme, stiamo alzando sempre di più la nostra voce: mai un passo indietro, solo io posso scegliere per me e per il mio corpo. Uno dei motti che preferisco di NUDM è: “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”.

Un provvedimento, politico, legislativo, o culturale, che assumerebbe per migliorare la condizione femminile in Italia o nel mondo, o a livello locale.

Una delle cose fondamentali, e lo vedo anche con il mio lavoro, è creare le condizioni necessarie perché le donne possano autodeterminarsi. Significa essere protagoniste della propria vita con un accesso garantito all’istruzione, alla sanità, al lavoro, alla cultura, all’indipendenza economica. Per esempio garantire tutele alle donne con figli affinché possano continuare a lavorare senza sovraccaricarsi da sole della dimensione familiare e domestica; accesso all’informazione sulla salute sessuale e sui metodi contraccettivi; tutela dell’aborto, legale e gratuito; accesso a posizione di leadership senza disparità di stipendi; tassa sugli assorbenti…

Nel 2018 il movimento del #MeToo è stato nominato “persona dell’anno” dal Time. Nello stesso anno, si stima che 379 milioni di donne abbiano subito violenze fisiche e/o sessuali. Che ne pensa?

Quello che credo stia cambiando è la consapevolezza da parte delle donne che ci siano dei confini, che stabiliamo soltanto noi, che non devono essere violati, e che abbiamo il diritto di denunciare molestie e abusi. Più lento il cambiamento che vedo negli uomini, ancora lontani da comprendere il ruolo che hanno in un sistema di oppressione patriarcale.

Un messaggio per gli uomini. E uno per le donne.  

Per le donne: non lasciamoci sole, condividiamo sorellanza, intimità, storie e lotte.

Per gli uomini uso le parole di Rula Jebreal: “Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici”.