Coronavirus. Le chiese spagnole impegnate nella solidarietà

L’Agenzia NEV ha raggiunto telefonicamente Alfredo Abad, presidente della IEE, Iglesia evangelica española, per farsi raccontare cosa sta accadendo nella penisola iberica investita nell’ultima settimana dall’epidemia di coronavirus

Roma (NEV), 20 marzo 2020 – La Spagna ha superato la cifra di 1.000 morti per l’epidemia di coronavirus e si avvicina ai 20.000 contagiati. Secondo l’ultimo bilancio del Ministero della Salute spagnolo, sono 19.980 i contagiati, 1.141 i ricoverati in terapia intensiva, 1.002 i morti e 1.585 le persone guarite. 

Ciò che preoccupa ancora di più è che la Spagna ha registrato più morti dell’Italia nello stesso giorno della pandemia. La curva che misura l’evoluzione dei decessi dal primo caso di morte mostra che nella penisola iberica, nel diciassettesimo giorno dal primo morto per coronavirus, sono state registrate 767 vittime mentre in Italia, nello stesso giorno di pandemia, le vittime erano state 500.

L’Agenzia NEV ha raggiunto telefonicamente Alfredo Abad, presidente della Chiesa evangelica spagnola (IEE), Iglesia evangelica española.

Che situazione state vivendo?

Le città sono ferme, non c’è nessuna attività; tutti stanno chiusi in casa e in generale le persone stanno seguendo le indicazioni del governo, sono veramente poche le reazioni negative. C’è invece un sentimento di grande collaborazione e solidarietà. Purtroppo gli ospedali sono in crisi e il personale sanitario è quasi allo stremo; per questo motivo il dibattito pubblico, a cui stiamo partecipando, è centrato sulla questione dei tagli alla sanità che sono stati operati negli ultimi anni. Ovviamente guardiamo molto all’Italia, a come sta agendo a livello sociale e sanitario, e siamo preoccupati per quello che succede da voi perché abbiamo davanti agli occhi quello che potrebbe accadere anche qui.

Come chiese evangeliche cosa state facendo?

Le chiese hanno dato indicazioni ai propri membri seguendo quanto detto dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e cioè sospendere i culti e seguire le indicazioni sanitarie. In un paio di casi siamo dovuti intervenire su due chiese evangeliche che non hanno voluto attenersi alle misure di salute pubblica e in un caso abbiamo dovuto esautorare il pastore per aver contravvenuto alle indicazioni sanitarie.

La maggioranza delle chiese però ha fermato le proprie attività e stanno in contatto con i propri membri attraverso le email e le reti sociali. La IEE ha fermato le sue attività e siamo impegnati soprattutto nel seguire da vicino la situazione degli anziani, che spesso stanno soli. Altre iniziative di solidarietà riguardano azioni di appoggio e sostegno di prossimità come distribuzione di alimenti e raccolta fondi. Abbiamo aperto un blog che raccoglie messaggi, meditazioni, studi che possono aiutare le persone a superare questo momento e stiamo cercando di mantenere alcune attività di volontariato sempre e quando le istituzioni ce lo permettono. 

Quali sono le situazioni più problematiche che state affrontando?

Una delle situazioni più dure è quella relativa alla morte e all’impossibilità di accompagnare le famiglie nel lutto e nella perdita. Un altro passaggio molto duro è quello della solitudine e del distacco, nel non poter far visita ai propri anziani che vivono nelle residenze e negli ospedali. Stiamo provando a fare qualche cosa in questo senso ma è un lavoro pastorale nel quale, data la situazione, siamo limitati. Questo provoca una certa frustrazione ma abbiamo optato per la responsabilità e nel cercare di essere solidali mantenendo un profilo basso senza imbarcarci in avventure che possano mettere in pericolo altre persone.