Tavola rotonda Confronti: “Preparare un tempo nuovo”

La tavola rotonda organizzata dal Centro Studi Confronti ha dato risposte non univoche e non scontate alle domande di senso che accompagnano l’emergenza che stiamo vivendo a seguito dell’epidemia di coronavirus

Roma (NEV), 15 aprile 2020 – Cosa ci lascerà la nuova condizione in cui siamo piombati con l’epidemia di coronavirus? Dimenticheremo in fretta o apprenderemo qualcosa da questa emergenza? Ne usciremo più o meno europei? E le chiese, sono state capaci di parlare con una voce unica? Che fine ha fatto l’ecumenismo?

Queste le domande che hanno stimolato il dibattito di ieri nel corso della tavola rotonda organizzata sulla piattaforma Zoom dal Centro Studi Confronti. 

Ricostruire dopo la pandemia. Chiese, religioni, educazione e politica è il primo passo per cominciare a ragionare insieme del futuro dopo la pandemia di coronavirus – ha detto Claudio Paravati, direttore di Confronti che ha moderato l’incontro -. Abbiamo infatti intenzione di proseguire su questa strada, proponendo nuove occasioni di confronto sulle prospettive educative e sociali, ma anche politiche ed economiche, del post-pandemia, dal punto di vista delle chiese cristiane”.

Quattro gli interlocutori che hanno dibattuto tra di loro: Fulvio Ferrario, teologo protestante (Facoltà valdese di teologia), Alberto Melloni, rappresentante italiano al gruppo di lavoro UNESCO per la sfida educativa post-COVID (Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII -FSCIRE), Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire, Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese.

Non univoche e non scontate le risposte che sono emerse durante la discussione. 

“Uscirne migliori è una scommessa che vale solo per alcuni” ha detto Melloni, che ha messo in evidenza le conseguenze gravi che questa epidemia porterà per le fasce di popolazione più fragili: “credo che a questo disastro siano state date risposte banali che non sono state capaci di andare in profondità”. 

“E’ una situazione grave e seria ma anche gravida di promesse – ha detto Tarquinio. Come sempre dove ci sono ferite può passare la luce. Sono consapevole che ci siano delle ombre ma noto che finalmente anche nel nostro paese sono state illuminate le aree grigie che non siamo soliti osservare. Ci troviamo quindi in un tempo doloroso ma propizio per preparare un tempo nuovo” ha concluso.

“Come uomo delle chiese evangeliche la mia piccola scommessa è l’affinità elettiva tra l’annuncio della Parola e mezzi come quello che stiamo utilizzando in questo momento – ha detto Ferrario -. La centralità della Parola non ci viene preclusa e ciò ci aiuta a fare qualcosa per qualcuno”.

Per Alessandra Trotta “siamo in un tempo in cui stiamo scoprendo la fragilità dell’essere umano e l’illusione del controllo della propria vita, ma anche riscoprendo la solidarietà che viene evocata e non è più riservata ai cosiddetti buonisti. Dal punto di vista della vita delle chiese stiamo sperimentando un digiuno e una bulimia: digiuno della dimensione comunitaria della fede e bulimia di spiritualità e di ricerca di esperienze religiose. Mi interroga profondamente questa ricerca di una spiritualità di conforto e di emergenza e mi chiedo quanto sia una spiritualità che pone di fronte ad una Parola critica, che converte, che cambia il punto di vista”.

La necessità che l’Europa sappia trovare una voce unica a livello mondiale, che sappia affrontare la sfida della costruzione di sé, che sia capace di rispondere non solo al coronavirus ma anche ai tanti virus che già da anni la stanno attraversando – come la crisi climatica e ambientale e le disuguaglianze -, è stata al centro degli interventi dei relatori che hanno sottolineato come questa crisi rappresenti “il pettine della storia”.

Anche le chiese cristiane sono state evocate per sottolineare l’esigenza di avere una voce comune, una guida che aiuti l’Europa a fare un passo nella direzione della costruzione, una unità cristiana che abbia chiaro e difenda l’orizzonte europeo malgrado le spinte populiste e semplificatrici che strumentalizzano i simboli cristiani per giustificare le chiusure e l’egoismo.

L’ecumenismo, non solo ed esclusivamente istituzionale ma anche legato all’agire concreto per cambiare la vita delle persone, è l’orizzonte al quale, con diversa intensità, guardano i relatori. Questo non è solo una buona pratica che fa crescere la popolarità ma anche il luogo in cui “il dissenso che genera in alcune azioni, come ad esempio i corridoi umanitari, fa emergere la scommessa di un Evangelo vissuto con forza” ha detto Alessandra Trotta.