“Lamentatevi con noi”. Pratiche ancestrali di lamentazione

Salmi, preghiere e rituali in tempo di pandemia. In un seminario online, la Chiesa unita di Cristo degli Stati Uniti d’America (UCC) ha raccolto alcune testimonianze di leader religiosi, che hanno condiviso pratiche e parole di speranza e guarigione per chi soffre di dipendenze, solitudine, violenza, povertà, razzismo, discriminazioni…

La pastora Nancy Rosas, Chiesa unita di Cristo - New York

Roma (NEV), 2 maggio 2020 – “Lamentatevi con noi”. Questo è stato l’invito della Chiesa unita di Cristo (UCC), denominazione protestante statunitense, che lo scorso 30 aprile ha organizzato in diretta Zoom e YouTube un seminario sulle pratiche ancestrali di lamentazione: salmi, preghiere, rituali in tempo di pandemia. Leader religiosi di diverse provenienze, fra cui il nativo americano apache Ronnie Preston, le pastore Renee Jackson da Cleveland (Ohio) e Nancy Rosas da New York, i pastori Paul Hobson Sadler e Roberto Ochoa dalle Hawaii, coordinati dalla responsabile del Ministero formazione UCC, Chris Davies, hanno condiviso pratiche e parole di speranza e guarigione per chi soffre di dipendenze, solitudine, violenza, povertà, razzismo, discriminazioni.

“Portate il vostro spirito, in qualunque stato vi troviate, e lasciatevi guidare nella lamentazione dai leader della Chiesa unita di Cristo. Con la loro saggezza condivideranno pratiche di lamentazione e preghiera dalle loro tradizioni” si legge nell’invito al webinar, un seminario di circa un’ora disponibile ancora su YouTube (link in fondo all’articolo) nell’ambito della serie di appuntamenti proposti dall’UCC intitolata “I giovedì per l’anima”.

Ronnie Preston, della tribù apache San Carlos e presidente del Consiglio direttivo degli indiani uniti del Milwaukee, ha raccontato la sua storia personale e, in parte, del suo popolo. Partendo dall’infanzia e dal ruolo degli antenati e della memoria, Preston ha poi parlato delle tragedie che fanno parte della vita: razzismo, droga, alcol, dipendenze, violenza domestica, suicidio, morte. “La mia testimonianza come nativo americano è questa. Sono stato giudicato per i miei capelli, per il colore della mia pelle, ho visto il razzismo, ma come essere umano ho imparato a perdonare”.  Ha quindi sottolineato come esistano diverse opzioni per “illuminare le nostre menti, con la danza e la musica”. Preston, che è considerato una guida spirituale ed è anche un artista rituale, ritiene che si debbano rispettare le donne e praticare la compassione, l’amore, la gentilezza. “Conosco il dolore dei lutti” ha detto, invitando a pregare per la prevenzione, la speranza, la guarigione, l’uguaglianza e l’armonia, parlando della medicina e delle tradizioni native americane come di un dono e di una benedizione.

Fra gli altri interventi, il cui intento era quello di “riportare le persone in connessione con Dio”, la pastora Jackson ha letto un salmo di lamentazione per il tempo della pandemia che stiamo vivendo, in cui dare sfogo anche alla rabbia e alla frustrazione.

Nancy Rosas ha raccolto tutta la potenza della rabbia, con parole che ricordano il versetto del salmo 6, dicendo “Basta, Signore, non vedi la violenza contro le donne? Non vedi che stiamo soffrendo? Soffrono i nonni e le nonne, decine di migliaia di bambini sono separati dei genitori alle frontiere, c’è chi ha perso il lavoro, chi la salute, ci sono persone che non hanno cibo, che non hanno medicine. Su di noi pesano ancora il colonialismo, le discriminazioni, il razzismo, la povertà, il pericolo e la morte, ci sono persone che muoiono da sole, senza funerale. Signore dove sei? Senti le nostre storie? I nostri piccoli piangono, ma noi non ci siamo dimenticati di te. Perché non ci guarisci? Perché ci hai abbandonato?”.

Dalla rabbia fioriscono domande e osservazioni: contro l’isolamento e l’ansia, contro le minacce del coronavirus, nella quarantena “ci sono le promesse di Dio e le sue risposte. Noi ti aspettiamo, come tuoi figli e figlie, aspettiamo la tua redenzione. Per quanto ci lascerai perduti? Sei il nostro Dio, la nostra casa. Portaci alla luce di un nuovo e migliore giorno”.

Il popolo unito non sarà mai vinto, ha concluso Rosas: “come il salmista, abbiamo fede in te, nella tua promessa. Dio ci ascolterà. Abbiate fede” e ha omaggiato il lavoro e l’impegno di tante persone che attraverso l’arte, la pittura, la danza, la fede, la vicinanza, le tradizioni e anche la cucina (delle zie, delle nonne) stanno costruendo “il futuro che speriamo. Andremo avanti. Preghiamo e restiamo qui, nel tuo costante amore” ha detto, invocando benedizioni, protezione e fiducia per tutte le persone.