25 anni dal massacro di Srebrenica: “Corpi delle donne, campo di guerra”

Le donne dell’Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne: “pratiche aberranti di violenza di genere perpetrata in nome della religione o dell’ateismo di stato in tutto il mondo sono un abominio”

Foto wikipedia, memoriale del massacro di Srebrenica

Roma (NEV), 12 luglio 2020 – A venticinque anni dall’eccidio di Srebrenica, l’Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne (OIVD) “ricorda con dolore gli 8372 musulmani massacrati alle porte d’Europa e si stringe con solidale vicinanza alle donne e alle associazioni che per decenni hanno lavorato e tutt’oggi lavorano per curare le ferite senza nascondere le cicatrici, elaborare i traumi senza cancellare la memoria, ottenere giustizia senza rinunciare alla conciliazione”.

Nel ricordare “le violenze inaudite subite dalle donne, gli orrori degli stupri etnici e delle gravidanze forzate, le atroci sevizie inflitte a bambine”, l’OIVD pone l’accento su come ancora oggi le donne musulmane “in Cina come in India come in Siria, subiscono sistematicamente quelle violenze di genere che fa dei corpi delle donne un campo di guerra” e denuncia “la colpevole distrazione dell’Europa ieri, i suoi troppi silenzi di oggi”.

Il comunicato stampa diramato ieri dall’Osservatorio, che riunisce donne di diverse tradizioni religiose (cristiane protestanti – luterana, metodista, valdese, battista, avventista, pentecostale -, cattoliche, ortodosse, ebraiche, islamiche, induiste, buddhiste), si conclude così: “Di fronte alle pratiche aberranti di una violenza di genere perpetrata in nome della religione – o dell’ateismo di stato – l’OIVD si impegna ad operare affinché le diverse confessioni nelle quali i suoi membri si riconoscono ritrovino la loro autentica missione e dispieghino l’autorevolezza delle loro voci e la varietà dei mezzi di cui dispongono per contrastare la violenza di genere in ogni parte del mondo, ribadendo la sua totale estraneità al messaggio religioso di cui sono portatrici per il quale essa è null’altro che un abominio”.