YOU(TH) VOICE, la voce dei giovani. Creatività, curiosità e crescita

Intervista a Marta Sappé Griot, del comitato europeo del Movimento cristiano studenti, nonché tirocinante presso la Commissione delle chiese per i migranti in Europa. Il racconto della Winter School su fede e advocacy per i diritti umani, che si è svolta dal 27 al 30 novembre in un’edizione online per la pandemia

Marta Sappé Griot (in centro) e Patrick Holly (in alto a destra) durante l'assemblea regionale della WSCF-Europa a Copenaghen, nel novembre 2019. Photo courtesy Emanuele De Bettini

Roma (NEV), 31 dicembre 2020 – Marta Sappé Griot ha studiato Giurisprudenza a Torino e ha fatto un master in diritto tedesco a Münster. Attualmente è tirocinante presso la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) a Bruxelles, dove, come ha detto all’Agenzia NEV, “ho la fortuna di unire il mio interesse per i diritti umani e in particolare i diritti dei migranti al mio entusiasmo per l’ambito ecumenico internazionale”.

L’abbiamo intervistata per farci raccontare della scuola invernale “Winter School” organizzata dal Movimento cristiano studenti Europa (World Student Christian Federation – WSCF-Europe), dal titolo “YOU(TH) VOICE: Fede e difesa dei diritti umani nel 21° secolo”.

Qual è il suo ruolo nel Movimento?

È grazie alla Federazione Giovanile Evangelica in Italia (FGEI) che ho cominciato a frequentare la WSCF. Dal 2013 a oggi, ho partecipato a vari incontri in Europa e non solo. La WSCF è composta da sei macro-regioni: America Latina e Caraibi, Nord America, Africa, Europa, Medio Oriente, Asia e Pacifico. A novembre 2019 sono stata eletta nel comitato europeo (European Regional Committee). Insieme a Patrick Holly, un giovane irlandese, rappresento l’Europa all’interno del comitato esecutivo mondiale (Executive Committee). Il nostro compito è quello di fare da tramite tra il livello regionale, cioè il continente Europa, e il livello mondiale. Tra il resto, sono parte del gruppo di lavoro europeo su advocacy & solidarity, con il quale abbiamo deciso di organizzare la Winter School e di provare a offrire per la prima volta un campo interamente online.

Com’è andata la Winter School? Chi erano i partecipanti e come si è svolta?

Abbiamo avuto una quindicina di partecipanti che si sono collegati da vari paesi d’Europa (Armenia, Belgio, Germania, Grecia, Italia, Regno Unito, Ucraina, Ungheria) e anche da India e Indonesia. Grazie alle piattaforme Zoom e Slack abbiamo potuto non solo vederci in videoconferenza, ma anche creare dei canali nei quali caricare materiali, commentare gli interventi dei relatori e anche condividere momenti più ludici, come le pause caffè. Inoltre abbiamo avuto due serate informali, con presentazione di cibi dai diversi paesi e giochi di società online.

Quali sono stati gli argomenti di discussione e gli obiettivi di questo appuntamento?

L’obiettivo era quello di formare e motivare i giovani a contribuire come attori della società civile ai temi che interessano maggiormente le comunità nelle quali vivono. Inoltre, volevamo fornire ai partecipanti un’occasione di riflessione sul rapporto unico tra religione/chiese e diritti civili. I temi affrontati sono stati numerosi, anche in base agli interessi specifici dei partecipanti: giustizia climatica, diritti dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità.

Abbiamo invitato alcune persone che lavorano per organizzazioni internazionali ed ecumeniche che si occupano di advocacy. Per citarne alcuni: Elizabeta Kitanovic della Conferenza delle chiese europee (KEK), Torsten Moritz della CCME, Luciano Kovacs, coordinatore per l’area Europa e Medio Oriente della Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti (PCUSA).

Abbiamo organizzato dei laboratori su come identificare una causa importante sulla quale lavorare, come parlare in pubblico in modo efficace, come fare advocacy in modo rispettoso. Inoltre, i partecipanti hanno avuto la possibilità di condividere esperienze e informazioni sulle attività a livello locale e all’interno dei vari movimenti giovanili dei quali fanno parte.

Come ha cambiato il vostro lavoro il fatto di svolgere la scuola in modalità online?

Abbiamo programmato due sessioni mattutine da 90 minuti e due sessioni pomeridiane della stessa durata. Talvolta avevamo un relatore o una relatrice che approfondiva un tema specifico, altre volte invece abbiamo avuto momenti di culto mattutini, discusso in piccoli gruppi in breakout rooms e abbiamo fatto anche uno studio biblico. Anche Annapaola Carbonatto, Segretaria della FGEI, ha partecipato alla Winter School. Queste le sue impressioni: “Avevo un po’ di perplessità sul fare un campo online e sono stata positivamente sorpresa, l’ultimo giorno ho provato quella sensazione da ‘fine campo’ che pensavo si potesse provare solo dopo un campo in presenza”.

Quali sono gli appuntamenti per il futuro?

La WSCF-E ha in programma un campo studi “Confessing Church today: Combating right-wing populism as Christians” a Budapest presso lo European Youth Centre del Consiglio d’Europa. Purtroppo, l’evento è stato rimandato a data da definire. Un Campo in Svezia, in programma per agosto 2021 e dal titolo “How to be a Christian feminist” è in attesa di conferma. La Winter School è stato il primo tentativo di un campo online. Se la pandemia continuerà a impedirci di incontrarci nel corso del 2021, cercheremo di riproporre delle occasioni di incontro online.

Cosa si aspetta dal 2021 per la società? Per le chiese? Per i giovani?

Mi auguro che si riescano a creare occasioni per i giovani di confrontarsi e crescere anche durante la pandemia. Con un po’ di creatività si possono creare dei nuovi spazi. Non dobbiamo arrenderci al fatto che i giovani curiosi di imparare e di mettere a disposizione i loro doni per la WSCF e per le chiese perdano l’occasione di farlo a causa della pandemia. Per contesti così delicati come le organizzazioni giovanili internazionali, dove le occasioni di incontro sono rare, rinunciare a organizzare degli eventi per un anno o più significa perdere l’occasione di raggiungere decine di giovani, che magari in futuro non avranno più la stessa occasione. Per questo abbiamo deciso di fare un esperimento e di organizzare un campo online, che essendo un’esperienza nuova ha richiesto molto lavoro, ma che ha funzionato bene.