Salute e disuguaglianze

Questa mattina il convegno nazionale della Diaconia valdese, seguito da oltre 170 persone

foto di Luis Melendez, unsplash

Roma (NEV), 28 gennaio 2021 – “Non possiamo sempre guarire le persone, ma possiamo certamente prendercene cura”. Così, sul valore anche simbolico della “cura”, questa mattina il pastore valdese Sergio Manna, professore incaricato di pastorale clinica presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma, primo relatore del convegno nazionale della Diaconia valdese, dal titolo “La salute diseguale”.

Il dibattito, moderato dal pastore Francesco Sciotto, si è svolto online ed è stato seguito da oltre 170 persone.

Dopo alcuni saluti istituzionali, tra i quali quelli di Giovanni Comba, presidente della Diaconia Valdese, Erika Tomassone, vicemoderatora della Tavola Valdese, la prima parte dell’incontro.

Se per Manna, “non si può accettare un modello di sanità che avalli una salute disuguale”, l’intervento di Marco Geddes, epidemiologo, già direttore sanitario, assessore, vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha avuto come focus il tema dei vaccini.

I numeri dei vaccini, secondo Geddes, somministrati e venduti fino ad oggi, parlano chiaro, in termini di differenze tra “Nord e Sud” del mondo: “39 milioni di vaccini ai 49 paesi più ricchi”, mentre in Africa, ad oggi, le persone vaccinate sarebbero solo 25.

Cristiano Gori, docente politica sociale al dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’università di Trento, ha affrontato il tema della “salute e diseguaglianze sociali”. “Dal reddito e dal livello di istruzione si può capire la salute di una persona – ha spiegato – e questo era un elemento strutturale della società, già prima del Covid”. La pandemia ha cioè messo in luce criticità pre-esistenti, soprattutto in termini di differenze tra le classi sociali, anche in materia di benessere, salute e sanità pubblica.

“Secondo l’Ocse – ha proseguito – più cresce il Pil più migliora la salute, nei Paesi poveri, ma in quelli a economia avanzata questo nesso non funziona, vale invece il fatto che più il reddito è redistruibuito più il livello di accesso alla sanità e ai servizi migliora”.

La seconda parte del dibattito, moderata da Loretta Malan, è stata dedicata ad una tavola rotonda sul “Contrasto alle diseguaglianze: proposte dai territori”.

Marco Mazzetti, Presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, ha parlato dei fattori influenti sulla salute mentale nei migranti e dei rifugiati, mentre altre testimonianze sono state quelle di Francesca Zuccaro, di Medici Senza Frontiere, su “Grave marginalità e accesso alle cure”, Noemi Bertolotti della Diaconia Valdese a proposito de “Il ruolo degli operatori sociali per la promozione della salute”.

Lia Lombardi della Fondazione ISMU ha incentrato il suo intervento su violenza di genere e impatto sulla salute delle donne, alludendo al concetto di “sindemia”, là dove cioè la pandemia si ripercuote in termini economici, sociali, emotivi diventando un moltiplicatore anche del disagio psichico, dunque di altre patologie.

L’esperienza della ONG Medu – Medici per i diritti umani (che collabora tra l’altro a Rosarno con il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia), attraverso le parole di Anita Carriero, su “Nessuno escluso: un camper per il diritto alla salute” e quella della Diaconia valdese, con Silvia Torresin, a proposito de “Il Passo Social Point: dare spazio alla salute”, sono state protagoniste dell’ultima parte dell’incontro, le cui conclusioni sono state a cura di Daniele Massa.