Roma (NEV), 13 gennaio 2016 – All’interno delle stesse chiese evangeliche europee possono divergere anche di molto le concezioni sul come meglio gestire la “crisi migratoria” di questi mesi. E’ quanto è scaturito da una conferenza internazionale sul tema delle migrazioni promossa dalla Chiesa evangelica della Renania il 9 e il 10 gennaio scorsi a Bad Neuenahr, vicino a Colonia (Germania). All’incontro hanno partecipato esponenti di chiese provenienti dalla Germania, dall’Italia, dal Belgio, e da vari paesi dell’est europeo (Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Ucraina, Polonia, Romania).
Per il progetto “Mediterranean Hope” della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e in rappresentanza della chiese valdesi e metodiste ha partecipato ai lavori Paolo Naso, il quale ha detto di aver avvertito “netta e dolorosa la diversità tra l’approccio delle chiese dell’Europa occidentale e quello delle chiese dell’est europeo”. Se da una parte si moltiplicano le esperienze di accoglienza e si auspicano politiche di apertura e di integrazione dei migranti, in paesi come Ungheria, Slovacchia, Polonia si denuncia il rischio di un “collasso dei valori tradizionali dell’Europa e dei singoli paesi che la compongono, di fronte a una islamizzazione che deve essere temuta e fermata”. Da qui ad esempio la proposta – condivisa da alcuni rappresentanti delle chiese evangeliche dell’est europeo – di una accoglienza “selezionata” su base confessionale, che escluda migranti economici e profughi musulmani. Per Paolo Naso si tratta di “ipotesi giuridicamente inaccettabili, teologicamente insostenibili e cariche di pregiudizio, che però esprimono un sentire diffuso in tutta Europa e che noi stessi avvertiamo in Italia. Certo, ci fa male sentirle espresse da leader di chiese sorelle ma è anche vero che poi, alla base, qualcosa si muove e credenti e comunità locali finiscono per partecipare ad alcuni progetti di accoglienza. Come altre volte è accaduto – ha concluso Naso – non dobbiamo rinunciare alle nostre convinzioni e alla nostra azione che oggi si esprime in ‘Mediterranean Hope’, ma neanche alla speranza di convincere chiese sorelle ad assumere un altro punto di vista e un’altra prospettiva di servizio”.
Grande attenzione è stata riservata all’azione in Italia dove, con i “corridoi umanitari” aperti dalla FCEI in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio nel quadro di un accordo con i ministeri dell’Interno e degli Affari esteri, si sperimenta una via di accesso sicura e legale verso l’Italia.
I partecipanti alla consultazione su un punto erano in totale sintonia: non siamo di fronte ad un fenomeno passeggero, ma le migrazioni avranno effetti strutturali costanti sulle nostre società. A maggior ragione c’è la necessità di superare il Regolamento di Dublino III nella parte relativa al “primo approdo”. La prossima conferenza avrà luogo a Budapest, in Ungheria, a data da destinarsi.