Corridoi umanitari. I profughi siriani e iracheni accolti in varie strutture sparse per l’Italia

Roma (NEV), 4 maggio 2016 – Il viaggio verso una nuova vita dei profughi siriani e iracheni giunti ieri a Roma-Fiumicino con il terzo corridoio umanitario, non si è concluso con l’arrivo in aeroporto. Dopo i saluti istituzionali e la conferenza stampa organizzata dai promotori in collaborazione con gli Aeroporti di Roma (ADR), mamme, papà, nonni e nonne, neonati, figli grandi e piccoli, sono saliti su una decina di pullman alla volta delle loro destinazioni finali: diverse località in tutta la penisola, tra cui Torino, Melegnano (MI), Reggello (FI), Terni, Roma, Frosinone, Potenza, dove sono stati accolti nelle strutture messe a disposizione dai promotori del progetto (Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Comunità di Sant’Egidio e Tavola valdese) e dai loro partner, tra cui figura anche la Diaconia Valdese.

“Già dal 29 febbraio scorso ospitiamo una famiglia arrivata con i corridoi umanitari presso la nostra struttura di ‘Casa Cares’ a Reggello – spiega Massimo Gnone, responsabile del servizio accoglienza richiedenti asilo e rifugiati della Diaconia valdese, presente ieri a Fiumicino con i suoi operatori -. Ora abbiamo messo a disposizione di alcune delle famiglie giunte ieri, quasi tutte con uno o più casi di patologie anche gravi, una decina di appartamenti tra Torino e Melegnano (MI). Qui, dopo le prime cure, e dopo un periodo di assestamento, saranno seguiti nel loro percorso di integrazione. Ad assisterli sarà la nostra equipe di operatori, mediatori e insegnanti di lingua, i quali potranno contare sul sostegno anche delle comunità metodiste e valdesi delle rispettive città”.

Momenti di paura nella tarda serata di ieri, quando finalmente arrivati a Torino, uno dei bambini, Ayham, affetto dalla sindrome di Dandy Walker, è stato subito ricoverato presso il Regina Margherita, avendo sofferto nell’arco della giornata ben sei crisi epilettiche. La prima notte in Italia lui e il suo papà l’hanno trascorsa in ospedale, tra le mani esperte dei medici del reparto di neuropsichiatria infantile. Parole rassicuranti sono arrivate da Luciano Grisomedico dell’equipe di “Mediterranean Hope” di stanza a Torino, che li ha già seguiti fin dal Libano: “La situazione è sotto controllo, è possibile che lo trattengano per ulteriori accertamenti”.

Il viaggio verso una nuova vita del piccolo Ayham era iniziato il 2 maggio a Tripoli, nel nord del Libano, dove la sua famiglia, originaria di Homs, ha lasciato tutto per salire con le valigie piene di speranza su un pulmino che li avrebbe portati all’aeroporto di Beirut. A notte fonda, dopo tutti i controlli di identificazione, l’imbarco sull’aereo dell’Alitalia, che ieri, alle 4.25, ha spiccato il volo.

Tra i profughi arrivati ieri 94 sono siriani, mentre una famiglia di 4 è irachena di Bagdad. Si tratta sia di musulmani che di cristiani, tra cui quasi la metà minori. Diversi sono i casi di gravi malattie o disabilità mentre 9 nuclei familiari sono costituiti da donne sole con minori. I siriani provengono da Homs, Damasco, Hama, Aleppo, e Hassaka. In Libano, dove si erano rifugiati fuggendo la guerra, vivevano prevalentemente in abitazioni precarie (stanze in subaffitto, edifici in costruzione, ex lavatoi) a Beirut, Tripoli e Sayda. Altri erano nei campi profughi della regione di Akkar e nella valle della Bekaa. “Tra i punti di forza di questo progetto c’è senz’altro il fatto che copre un’ampia filiera migratoria – sottolinea il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), il pastore Luca Negro -. In una battuta: dal campo profughi ai corsi di lingua in Italia. L’idea è proprio quella di seguire i profughi durante tutta la loro lunga trafila che passa da quella del profugo, a quella del richiedente asilo, fino a quella del rifugiato riconosciuto, favorendo e velocizzando i percorsi di integrazione”.