Corridoi umanitari: il progetto pilota rispetta gli accordi presi

A un anno dalla firma del protocollo, sono 500 le persone messe in sicurezza

da sin.: Luca Maria Negro, Mario Giro, Paolo Gentiloni a Fiumicino

Roma (NEV), 7 dicembre 2016 – Con gli arrivi del 1° e del 2 dicembre scorsi sono a 500 le persone giunte in Italia grazie ai corridoi umanitari promossi ecumenicamente dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Con il quinto arrivo dall’inizio dell’anno il progetto pilota dimostra di essere “in perfetto orario”: il protocollo d’intesa che nel dicembre 2015 gli enti promotori hanno firmato con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri prevede infatti l’accoglienza di 1000 profughi in due anni (non soltanto dal Libano, ma anche dal Marocco e dall’Etiopia). “Se guardiamo agli impegni presi siamo a metà strada – ha dichiarato Simone Scotta, operatore di Mediterranean Hope a Beirut – ma noi ci sentiamo addosso le energie del primo giorno, perché c’è ancora tanto, tantissimo lavoro da fare”.
Ad accogliere i nuovi arrivati, venerdì scorso erano a Fiumicino il moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, il presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, il viceministro degli esteri Mario Giro, la vice prefetto del ministero degli Interni Tina Ammendola. Intervenendo anche a nome della FCEI, Bernardini ha auspicato che il “metodo corridoi” possa rassicurare le timorose opinioni pubbliche odierne. “Noi – ha specificato il pastore valdese – non abbiamo avuto alcuna difficoltà nell’integrazione delle persone giunte sin da febbraio. Non c’è stato alcun problema perché abbiamo predisposto una rete di solidarietà vera e preparata. Il messaggio cha da qui ribadiamo è: ‘si può fare’. Speriamo che la nostra esperienza contribuisca a dare fiducia, a superare una diatriba ideologica sulle migrazioni che non fa che generare sofferenza e lacerazione”. Da diversa prospettiva, ha fatto eco a Bernardini il vice ministro degli Esteri Mario Giro: “l’integrazione è possibile, tuttavia non sono le istituzioni che integrano, è l’intera comunità nazionale. Per creare un vero ‘sistema paese’ – ha affermato il viceministro – le istituzioni devono imparare a lavorare bene con la società civile. E’ questo il modello concreto che propongono i corridoi umanitari. Un modello che fa parte della battaglia del governo italiano, a Bruxelles come presso le Nazioni Unite”. Sulla medesima linea, Marco Impagliazzo ha fatto appello alla voce e all’azione della politica: “Siamo qui per dare testimonianza del fatto che salvare vite umane è possibile. Questo progetto parla di vita e di futuro. Di fronte a questi volti, di fronte a questi bambini il cui primo giorno di scuola sarà in Italia, le distinzioni tra chi muore di fame e di guerra, tra rifugiati politici e migranti economici semplicemente non hanno senso”.